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venerdì 30 dicembre 2011

L'Italia si scrolla dalle spalle chi si isola e si organizza per la miglior mobilità elettrica


Anfia: convegno a Milano sull'auto elettrica
Infrastrutture, incentivi, normative e standard. Questi gli argomenti dell'incontro organizzato dall'Associazione della filiera italiana dell'auto


Si è tenuto a fine novembre nel capoluogo lombardo il convegno Veicoli elettrici: normativa e progetti industriali", organizzato dall'Anfia (Associazione nazionale filiera dell'industria automobilistica) in collaborazione con Confindustria Anie (Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche), CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) e CEI-CIVES (Commissione Italiana Veicoli Elettrici Stradali a Batteria, Ibridi e a Celle a combustibile) e con la partecipazione di Antonio Tajani, vice-presidente della Commissione Europea.

AVANTI ANCHE SENZA CHI SI ISOLA - Si è trattato del secondo appuntamento sull'argomento dopo quello organizzato due anni fa, durante il quale venne indentificata l'esigenza di indirizzare le aziende della filiera verso l'adozione di standard tecnico-normativi precisi e di sistemi infrastrutturali condivisi. Benché il costruttore nazionale (che tra l'altro è recentemente uscito sia dal sistema confindustriale sia dall'Anfia) non dimostri al momento grande interesse per la mobilità elettrica "pura" (cioè, esclusivamente a batteria) e ciò costituisca certamente un freno per lo sviluppo della diffusione di questo tipo di veicoli in Italia, è indubbio che il nostro Paese non può evitare di adeguarsi ai dettami dell'Unione Europea, che entro il 2050 intende abbattere del 60% le emissioni di CO2 provenienti dai combustibili fossili e vietare la circolazione nei centri urbani ai veicoli non ecologici. In altre parole, il nostro Paese non potrà fare a meno di seguire la strada già intrapresa da altri, che oltre alla riduzione vera e proprio delle emissioni da ottenersi con il miglioramento dei motori a combustione interna, ritengono che al raggiungimento del risultato comunitario ripartito per i vari Paesi membri potrebbe contribuire in modo significativo proprio la diffusione dell'auto elettrica. In un certo senso, è sembrato che proprio l'annunciata defezione di un membro importante abbia consentito ad Anfia di affrontare il convegno con energie più fresche e meno vincolate,e quindi con più libertà di manovra nell'affrontare argomenti legati a un settore, quello della mobilità elettrica, sul quale finora ci si è dimostrati tiepidi.

VANTAGGI ANCHE PER L'ITALIA "PETROL-DIPENDENTE" - Secondo uno studio della Direzione Clima della Commissione Europea, la diffusione dei veicoli a batteria permetterebbe, al 2030, abbattimenti della CO2 dal 20 al 30% rispetto a quelle attuali e un suo aumento limitato al 5% se la domanda di mobilità, prevista in aumento, venisse soddisfatta con auto elettriche secondo i tassi di sviluppo previsti, senza poi considerare i vantaggi dal punto di vista dell'inquinamento acustico e della riduzione della dipendenza dalle forniture petrolifere. A questo proposito, è significativo considerare che i numeri citati sono ritenuti validi anche per un Paese come l'Italia che dal punto di vista della produzione di energia elettrica è fortemente dipendente dai combustibili fossili ed è al terzo posto in Europa, dopo Germania e Francia, per il loro consumo legato ai trasporti.

LA STANDARDIZZAZIONE È UN FATTORE CRUCIALE - In questo scenario, è logico che il convegno milanese si sia focalizzato sugli aspetti normativi presenti e futuri inerenti l'auto elettrica, compresi quelli relativi alla standardizzazione in chiave europea di prese, spine e componentistica. Tutti aspetti che, al di là del quadro normativo, costituiscono presupposti utili a dare un vero impulso al mercato di questi veicoli. Da qui, ne è derivata la focalizzazione sugli aspetti tecnologici, che non sono ovviamente legati al solo veicolo, ma alle infrastrutture che ne consentono l'utilizzo e quindi la diffusione. Durante il convegno, i rappresentanti di CEI e CEI-Cives hanno sottolineato che standard, tecnologie e normative devono anche coinvolgere l'aspetto della regolamentazione edilizi che consenta di portare a compimento un pregetto di "diritto alla presa" elettrica che costituisce una condizione imprescindibile all'affermazione dei veicoli a batteria.

L'IMPORTANZA DEGLI INCENTIVI... Tuttavia, è stato sottolineato che la disponibilità di infrastrutture adeguate non potrà essere considerato dagli utenti un fattore sufficiente a convicerli a passare dall'auto tradizionale a quella elettrica. Almeno nella fase inziale, ci vorranno altri strumenti governativi (incentivi economici) e locali (incoraggiamento all'uso) che l'automobilista dovrà percepire come motivi validi per passare all'elettrico.

...CHE PERÒ NON BASTERANNO - Le linee guida che l'Anfia ritiene necessarie per portare anche l'Italia sulla "strada elettrica" sono state individuate in un miglioramento/aumento della produzione di energia che privilegi le fonti rinnovabili, nello sviluppo delle infrastrutture di distribuzione, nella riduzione dei costi delle batterie e nell'aumento della loro capacità. Infine, è stata sottolineata la necessità di mantenere le accise gravanti sull'energia elettrica destinata all'autotrazione a un livello pari a quello esistente al momento sull'elettricità domestica per un periodo di almeno 10 anni, un tempo ritenuto sufficiente a permettere al mercato dell'auto a batteria di stabilizzarsi. Infine, non è mancato un accenno alla necessità di sviluppare le reti di assistenza specializzate in veicoli elettrici, che tuttora in Italia sono carenti, e di favorire tutto quanto occorre al riutilizzo e al riciclo delle batterie, incoraggiando la nascita di business specifici.

GLI STANDARD? PRIMA BISOGNA AVERLI - Il convegno di Milano si è chiuso con l'intervento del commissario Antonio Tajani il quale, dopo aver assicurato che la Commissione Europea sta lavorando in tutte le direzioni atte a favorire la diffusione della mobilità elettrica, interpellato sull'argomento specifico della comunicazione riguardante gli standard costruttivi e normativi (prese e spine), ha dichiarato che «prima di comunicarli è necessario averlii», facendo capire che sul loro raggiungimento a livello comunitario ci sono ancora alcune difficoltà da superare, a quanto pare dovute, più che alla parte "colonnina", a quella veicolare.

Cosa esiste oggi?
Lo stato dell’arte di quella che promette di essere una vera rivoluzione per la mobilità nei centri urbani, le prospettive concrete e gli ostacoli ancora sul cammino

La tecnologia, i tempi e la cultura degli automobilisti italiani mostrano la propria maturità per consentire alla mobilità a zero emissioni di affermarsi su larga scala.
L’auto elettrica è pronta per accendere il suo silenzioso motore e portare un’aria nuova e pulita nelle città. I primi modelli completamente elettrici cominciano a percorrere le nostre strade, le amministrazioni locali, seppur a “macchia di leopardo”, ne incoraggiano la circolazione (esentandole dal pagamento del bollo, aprendo le ztl e rendendo gratuiti i parcheggi blu) e in Parlamento si discutono le misure per incentivarne l’acquisto e l’utilizzo.
Ma qual è lo stato dell’arte di quella che promette di essere una vera rivoluzione per la mobilità nei centri urbani? Quali le prospettive concrete e gli ostacoli ancora sul cammino?
A queste domande ha voluto dare una risposta l’incontro “La mobilità elettrica è pronta al via” organizzato ieri a Milano, presso il Palazzo delle Stelline, da Panorama Economy in collaborazione con Renault.
Ne hanno discusso Pierfrancesco Maran, assessore alla Mobilità, Ambiente, Arredo urbano e Verde del Comune di Milano, Jacques Bousquet, presidente di Renault Italia, Giuseppe Minoia, membro del Board e presidente onorario di GFK Eurisko e Marco Martina, Partner Deloitte.


Lo scenario della mobilità in Italia: qualità dell’aria e salute a rischio nelle grandi città
In Italia sono oltre 48 milioni i veicoli che circolano sulle strade, 15 milioni in più rispetto a 20 anni fa. Di questi, il 75%, circa 36 milioni, è rappresentato da autovetture private: un dato che fa dell’Italia uno dei Paesi con il più alto tasso di motorizzazione al mondo e che si traduce in un forte impatto sull’ambiente e sulla qualità dell’aria. Il settore dei trasporti è responsabile in Italia di circa 1/4 del totale delle emissioni in atmosfera di sostanze climalteranti.
Nello specifico, i trasporti sono responsabili a livello nazionale del 43% del monossido di carbonio, del 51,7% degli ossidi di azoto, del 23,5% del PM10 e del 54,7% del benzene emessi in atmosfera. La percentuale sale ancora se consideriamo soltanto le aree urbane dove si concentra il maggior numero di veicoli circolanti.
Basti pensare che auto, moto e veicoli commerciali sono responsabili del 50% delle polveri sottili di Roma o dell’84% degli ossidi di azoto di Napoli. (Fonte: Elaborazione Legambiente 2010 su dati Ispra).
Una situazione che si traduce in costi elevati e sanzioni UE per il nostro Paese. La multa per i continui sforamenti nelle emissioni di PM10 dovrebbe aggirarsi intorno ai 700 milioni all’anno, superiore, secondo Legambiente, agli investimenti necessari per rendere operativo un piano nazionale di riduzione dell’inquinamento urbano, il cui costo sarebbe di 600 milioni l’anno.


A farne le spese è anche e soprattutto la salute.
Secondo dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono circa 7 mila le morti premature provocate ogni anno dallo smog nelle sole Regioni del Nord Italia.
L’auto elettrica può essere la soluzione? In questo scenario l’auto elettrica può dare un grande contributo in termini di sostenibilità della mobilità urbana. Attualmente il 13,3% delle autovetture circolanti in Italia sono Euro 0, quindi prive di qualsiasi dispositivo anti-inquinante, mentre soltanto l’1% dispone di motorizzazioni Euro 5. In questo contesto anche la sola sostituzione con veicoli elettrici del 10% del parco circolante complessivo porterebbe un significativo miglioramento della qualità dell’aria con una riduzione annua di circa 3.600 tonnellate di PM10, 55.000 tonnellate di ossidi di azoto (NOx) e 470 tonnellate di benzene.
Un obiettivo che, grazie alle prestazioni del tutto simili a quelle dei veicoli tradizionali e a un’autonomia che ormai raggiunge i 160 km con una ricarica, sembra del tutto alla portata delle nuove auto elettriche in commercio o in via di commercializzazione: secondo dati CIVES, infatti, il 60% dei guidatori europei precorre meno di 30 km al giorno e più del 90% non supera i 100 km.

L’impegno di Renault nella diffusione di massa della mobilità elettrica: una gamma completa per tutte le esigenze e un business model innovativo
Prima fra le tutte le grandi aziende produttrici, Renault ha creduto con forza nella diffusione dell’auto elettrica su larga scala, investendo oltre 4 miliardi di euro dal 2008 e coinvolgendo nel progetto Zero Emission 2.000 persone in tutto il mondo. L’obiettivo è stato fin da subito rendere l’auto elettrica un’opzione disponibile e allettante per il più vasto target possibile: un concetto di auto elettrica “democratica”, destinata a una larga diffusione sul mercato e non un prodotto di nicchia o di apparenza.
Per questo Renault ha realizzato non una singola auto, ma un’intera gamma di veicoli elettrici, in grado di coprire tutte le esigenze di utilizzo privato e professionale in ambito urbano: dall’urban crosser Twizy alla berlina compatta Zoe, dalla berlina grande Fluence Z.E. alla furgonetta Kangoo Z.E. Vero fulcro dell’offerta commerciale Z.E. Renault è il business model basato sulla separazione della proprietà del veicolo dalla batteria (che invece verrà noleggiata) che consente di abbattere i costi dei veicoli rendendoli del tutto equiparabili ai loro omologhi con motore termico. Si tratta di un concetto innovativo che si pone l’obiettivo di superare uno degli ostacoli maggiori alla diffusione, finora, su larga scala dei veicoli elettrici, ossia l’elevato prezzo di acquisto (dovuto in buona parte al costo della batteria).
La mobilità elettrica Renault è pronta a diventare realtà anche grazie alla predisposizione di un’organizzazione di vendita ed assistenza presso l’intera rete di concessionarie Renault, e l’innovativa logica del “One Stop Shopping” , cioè la possibilità di risolvere presso la Rete Renault tutte le esigenze per accedere agevolmente alle infrastrutture di ricarica domestica e ad ogni servizio utile al cliente.
Sinergie per la creazione di un sistema a sostegno della mobilità elettrica - Renault basa il proprio obiettivo di sviluppo di massa della mobilità elettrica a zero emissioni sulla collaborazione con Governi, amministrazioni locali e società energetiche, che hanno tutti un ruolo determinante nel creare le condizioni strutturali, economiche ed operative di sviluppo della mobilità elettrica.
A tutt’oggi, l’Alleanza Renault-Nissan ha sottoscritto oltre 120 accordi, destinati a preparare i mercati e le infrastrutture per una commercializzazione di massa dei veicoli elettrici. Anche in Italia, Renault è impegnata nella collaborazione con le principali amministrazioni comunali e compagnie elettriche, nella prospettiva di realizzare progetti congiunti per la mobilità a zero emissioni, promuovere i veicoli elettrici e sviluppare le idonee infrastrutture.
In tale ambito, rientrano gli accordi sottoscritti da Renault con quattro fra i principali operatori energetici in Italia, Enel, Eni, Hera e A2A, ed il progetto pilota E-Moving in corso nelle città di Milano e Brescia.
Un impegno la cui bontà trova conferma anche dagli ultimi sondaggi di Deloitte e Gfk Eurisko sull’auto elettrica che evidenziano come il mercato sia pronto per l’affermazione della mobilità a zero emissioni (7 italiani su 10, secondo le due stime indipendenti, si dicono pronti a considerare l’acquisto di un’auto elettrica) a condizione che vengano predisposte in maniera capillare le infrastrutture di ricarica necessarie.

Una proposta di legge per lo sviluppo della mobilità a zero emissioni
La consapevolezza della necessità di creare basi solide per lo sviluppo della mobilità sostenibile è sempre più avvertita dalle istituzioni centrali e locali.
Sulla scia di provvedimenti già elaborati in Paesi come Francia, Germania, Spagna, Usa, Giappone e Paesi Bassi che hanno già cominciato ad investire sullo sviluppo dell’auto elettrica, anche in Italia, una proposta di legge bi-partisan è in attesa di essere discussa in Parlamento. Fra gli interventi che verranno esaminati, misure per favorire la mobilità a zero emissioni attraverso la creazione di un’infrastruttura di ricarica sul territorio nazionale, incentivazioni all’acquisto di veicoli elettrici, agevolazioni fiscali.

sabato 22 ottobre 2011

New Ecopass 2012. Milano come Londra e Stoccolma

Milano: Il nuovo Ecopass 2012 vicino all'avvio
Ticket d'ingresso a 5 euro per tutti, indipendente dall'omologazione Euro X
Il pedaggio si pagherà dal lunedì al venerdì, dalle 7.30 alle 19.30, all'interno della Cerchia dei Bastioni 
Dal pagamento saranno esentati soltanto i veicoli ibridi e quelli elettrici. Con la Congestion Charge elevato controvalore per chi si muove con veicoli più efficienti come 100% elettrici e ibridi: vale circa 1100 euro all'anno per il break-even point in 5 anni.

Fonte.

Parte il nuovo Ecopass e senza stravolgimenti dell’ultima ora sarà un ticket di ingresso per tutti a 5 euro da cui saranno esentati solamente i veicoli ibridi e quelli elettrici. A un mese dalla presentazione dei cinque scenari possibili e dopo il giro delle consultazioni, la giunta Pisapia venerdì darà il via libera alle linee di indirizzo del nuovo provvedimento antismog che, il primo gennaio 2012, sostituirà il vecchio Ecopass. L’ultimo passaggio, prima del voto di giunta, sarà la riunione con la maggioranza: un incontro slittato alla prossima settimana.
Ai partiti l’assessore alla Mobilità, Pierfrancesco Maran, presenterà la congestion charge (pedaggio per tutti) versione “secca”. Niente fasce orarie o differenze stagionali, ma un ticket uguale per tutti negli stessi orari e nella zona in cui è in vigore Ecopass. Esclusa l’ipotesi di estendere il pagamento al sabato che aveva scatenato l’ira dei commercianti, il nuovo pedaggio sarà applicato dal lunedì al venerdì, dalle 7.30 alle 19.30, nella Cerchia dei Bastioni dove sono già posizionate i varchi con le telecamere. Quello che cambierà, invece, sono i destinatari: se finora, grazie al cambio per parco auto, solo il 14 per cento delle auto che entrano in centro pagano Ecopass, dall’anno venturo il pedaggio colpirà tutti generando — stima il Comune — una riduzione del traffico nella ztl del 23-28 per cento, pari a 31-38mila veicoli in meno, una diminuzione del Pm10 del 22 per cento e un incasso di 31-34,8 milioni l’anno, il 290 per cento in più rispetto al 2010. Da non trascurare circa 100 decessi in meno all'anno.
Questo l’impianto generale. Restano ancora da definire alcuni dettagli. Sulle modalità di pagamento, per esempio, dovrebbe essere introdotta la novità del parcometro: Palazzo Marino sta studiano la possibilità di saldare il conto del nuovo Ecopass alle macchinette con cui ora si paga la sosta che, a fine dicembre, diventeranno 500 (finalmente è vicina la fine dei barbari "grattini"). Ma tra le questioni ancora aperte c’è anche il delicato capitolo delle agevolazioni. L’intenzione è quella di concedere il minor numero possibile di deroghe, estendendo il pagamento anche ai residenti. Esclusi gli abbonamenti annuali ridotti — il pedaggio deve disincentivare l’uso dell’auto anche per chi abita in centro — fra le proposte avanzate dal consiglio di zona 1, il Comune propende per accogliere quella di un pacchetto di ingressi gratuiti per ogni residente. Non 48 come chiesto dal consiglio di zona, ma qualcosa meno, a cui si aggiunge un secondo carnet di accessi a prezzo ridotto.
Più difficile da risolvere invece il tema agevolazioni per commercianti e artigiani, disposti ad accettare il pedaggio solo se potranno usufruire di abbonamenti scontati del 50 per cento. Sul tema i due assessori competenti, Maran (Mobilità) e Franco D’Alfonso (Attività produttive) non hanno ancora trovato un accordo. Se il primo è per un provvedimento più rigido, il secondo sarebbe propenso a concedere ai furgoni un trattamenti di riguardo. Questi ultimi, che percorrono tanti chilometri in aree ristrette, potrebbero diventare in maggior parte elettrici contribuendo ad abbattere drasticamente le polveri.
Senza sconti inappropriati, tenendo conto che comunque una parte della domanda di mobilità privata su gomma è incomprimibile, chi sceglie un veicolo più efficiente come quelli 100% elettrici e in parte anche gli  ibridi, con la Congestion Charge ottiene un elevato controvalore che vale circa 1100 euro all'anno. Siamo sulla buona strada verso il riconoscimento di facilitazioni, anche a costo zero per le amministrazioni locali, che concorrono a ridurre il differenziale di costo fra veicoli più efficienti e salubri e quelli tradizionali che non hanno dimostrato di poter ridurre le nanopolveri da combustione che ci entrano dentro ogni giorno.
Il nuovo Ecopass non è una Zona a Traffico Elettrico come sarà Firenze dal 2016 e anche il Tridente di Roma, ma è già qualcosa.

sabato 13 agosto 2011

I dieci falsi miti sui veicoli elettrici che dovrebbero diventare cultura diffusa di efficienza e sostenibilità.


Falsi miti pistonistici o dei "petrolhead" sui veicoli elettrici allontanano colpevolmente salubrità ed efficienza dal nostro quotidiano.

L'Accademia della Mobilità è un'organizzazione fondata nel 2008 dal Touring Club svizzero che offre a tutti i protagonisti del mondo dei trasporti un forum di discussione sulla mobilità. Il suo scopo è quello di incoraggiare lo sviluppo di iniziative che possano migliorarla. L'Accademia ha pubblicato recentemente un interessante opuscolo (per ora solo in francese) intitolato "La voiture électrique - Analyse critique de dix demi-vérités circulant sur la voiture életrique". Com'è intuibile già dal titolo, la pubblicazione si propone di fare chiarezza sulle più diffuse convinzioni che circolano tra i cittadini e gli automobilisti della Confederazione riguardo alle vetture a batterie (che poi sono più o meno uguali a quelle che si riscontano ovunque) smentendo falsi miti e luoghi comuni. Insomma, dati scientifici alla mano, vuole demolire 10 diffuse "dicerie" sulla mobilità elettrica. I numeri, i concetti e gli scenari di cui si parla sono relativi alle realtà della Confederazione Elvetica il che, ovviamente, non rende i contenuti dell'opuscolo automaticamente applicabili a quelle di altri Paesi, ma gli ordini di grandezza non sono tanto diversi per gli altri paesi europei o industrializzati. Ed ecco dunque i "10 falsi miti" da sfatare sulle auto elettriche già apparsi sul portale Sicuriauto con qualche commento integrativo.
SONO TROPPO COSTOSE - Il costo d'acquisto di una vettura elettrica è tuttora assai più elevato di quello di un corrispondente modello con propulsione tradizionale. La colpa è principalmente delle batterie Li-ion: quelle di una Smart elettrica costano oggi circa poco meno di 10.000 euro. Tuttavia i costi dovrebbero scendere con il progressivo diffondersi di questi veicoli. Le stime degli esperti indicano un dimezzamento dei prezzi per il 2020. Attualmente il TCO (Total Cost of Ownership, cioè il costo totale della proprietà) calcolato su un periodo di possesso di un'auto elettrica per un periodo d'ammortamento di 8 anni, è ancora sfavorevole nei confronti di una vettura tradizionale, ma gli scenari futuri indicano riallineamenti significativi a favore della prima. Se però fossero considerate tutte le partite economiche che riguardano l'utilizzo di massa dei veicoli termici, i veicoli elettrici assicurano maggior benessere e salubrità.
NON HANNO UN'AUTONOMIA SUFFICIENTE - Oggi l'acquirente di un'auto a batteria si può attendere, in linea di massima, un'autonomia compresa tra i 100 e i 150 km, cioè sufficiente per numerosi impieghi: per esempio, l'uso urbano e dintorni, ma anche quello tra città vicine. La percorrenza media giornaliera di un cittadino svizzero è di 38,5 km. Nell'80% dei giorni è inferiore a 40 km e il 50% dei chilometri accumulati durante l'anno è rappresentato da percorsi di questo tipo. L'80% degli automobilisti elvetici percorre non più di 55 km al giorno. Questi dati indicano che per le esigenze del cittadino medio della Confederazione l'auto elettrica appare un'alternativa ragionevole che, tra l'altro, migliorerà ancora grazie al progresso tecnologico (riduzione peso e aumento della capacità della batteria e della velocità di ricarica, miglioramento dell'incidenza della frenata rigenerativa e dell'efficienza degli apparati di bordo di gestione dell'energia). Per le esigenze che l'elettrica non può soddisfare, appare praticabile il ricorso a un'auto tradizionale a noleggio, eventualmente integrando nei contratti di noleggio i due veicoli. Ne deriva che le auto con propulsori termici dispongono di motorizzazioni nettamente esuberanti rispetto alla maggior parte delle necessità quotidiane. Tuttavia, l'autonomia reale di un veicolo a batteria è fortemente dipendente dallo stile di guida e dal tipo di percorso (per esempio, montagna o pianura) e dal contemporaneo uso o meno del climatizzatore. Conclusione: al momento, per altri pochi anni, chi percorre più di 100 km/giorno e chi ne percorre parecchi in montagna farà meglio a restare legato alla propulsione tradizionale oppure ibrida.
DISPONGONO DI BATTERIE INAFFIDABILI E PERICOLOSE - Generalmente gli automobilisti sono perplessi riguardo all'affidabilità delle batterie al litio oggi utilizzate per la trazione elettrica, alla loro resistenza ai cicli di carica-scarica ripetuti, alla loro sensibilità alle alte e basse temperature e alle caratteristiche di sicurezza che offrono in caso d'incidente stradale. Per quanto riguarda i primi due aspetti, le batterie di oggi sono già sufficientemente affidabili e sopportano cicli di carica - scarica bastevoli a coprire quasi tutta la vita utile dell'auto stessa. Le leggi californiane impongono una durata di almeno 160 mila km per le batterie e molti produttori sembrano puntare a questo valore come prestazione standard assicurata (8 anni o 160.000 km, ma in Europa gli stessi costruttori offrono su batteria e organi di trazione elettrica solo 5 anni o 100.000 km e tre anni sulla vettura). Per quanto riguarda l'affidabilità e la sicurezza non ci sono problemi, anche se è noto che una batteria Li-ion che abbia preso fuoco (remotissima eventualità) non può essere spenta con della semplice acqua e che, in linea di massima, non si può estinguere un incendio da essa generato, ma tutt'al più ci si può limitare a controllarlo. Nemmeno sotto l'aspetto della resistenza alle basse temperature ci sono problemi: in queste condizioni di funzionamento, l'affidabilità delle batterie non viene compromessa; semmai, ne risente solo l'autonomia, che scende un po'. La conclusione è che tutti gli immancabili progressi futuri sull'auto elettrica non saranno rivolti a migliorare sicurezza e affidabilità già sufficienti, ma ad aumentare il comfort, l'autonomia e la durata delle batterie e la velocità di ricarica (fino a pochi minuti con specifici apparati stradali).
HANNO TEMPI DI RICARICA TROPPO LUNGHI - Una comune presa elettrica domestica (quelle dotate di cavi grossi utilizzate per elettrodomestici energivori) permette di ricaricare un veicolo a batteria in circa otto ore, contro i pochi minuti necessari a fare il pieno di un'auto tradizionale. Al momento, l'unico metodo che può avvicinare la durata di una ricarica a quella richiesta da un pieno di benzina è di sostituire completamente le batterie scariche con altre pre-caricate (ma va bene per flotte monomodello e stanziali). Attualmente si sta cercando di ridurre questi tempi mediante l'utilizzo di colonnine pubbliche che erogano amperaggi maggiori a patto di usare cavi che consentano il collegamento diretto con la colonnina e, contemporaneamente, di arrivare a uno standard mondiale dei connettori per la ricarica. Lo standard di comunicazione denominato CHAdeMO, delineato per esempio in Giappone e adottato da alcuni produttori di apparati di ricarica statunitensi ed europei e funzionante in corrente continua, permette di rifornire in cinque-dieci minuti una vettura con una quantità di energia sufficiente a percorrere da 30 a 50 km e di raggiungere una percentuale di carica delle batterie dell'80% in meno di mezz'ora (dipende dalla temperatura della batteria e del suo stato di carica). Un'autovettura resta mediamente inutilizzata (e quindi posteggiata in un parcheggio privato o pubblico o del datore di lavoro del proprietario) per il 90% del tempo, cioé per oltre 21 ore su 24, ossia un tempo più che sufficiente a consentire una ricarica standard da otto ore allacciandola a una normale colonnina domestica o aziendale. Considerando le già citate percorrenze medie dei cittadini svizzeri (40 km al giorno, con l'80% di loro che non ne percorre più di 55), con 150 km di autonomia un "pieno" di elettricità basta per circa due-tre giorni. In altre parole, per le esigenze quotidiane la ricarica "lenta" da otto ore è più che sufficiente e la disponibilità di una colonnina per la ricarica "rapida" sarebbe necessaria solo se ci si dimenticasse di dare un'occhiata alla lancetta del "serbatoio" (ma i migliori veicoli tengono informati i loro utilizzatori direttamente sullo smartphone) e, successivamente, anche di fare il pieno da una colonnina "lenta". Quanto ai confronti con le vetture con motore a combustione, prendiamo come esempio un'auto con serbatoio da 60 litri e un consumo di 6 litri/100 km. Con una percorrenza giornaliera di 40 o 55 km, un'auto così circolerebbe rispettivamente per 25 e per 18 giorni grazie a un pieno dal costo di circa 100 franchi svizzeri (9,25 euro circa). Con questi valori, varrebbe la pena di passare all'elettrico e di "fare il pieno in garage", considerato anche che l'80% degli automobilisti elvetici ne ha uno (in Italia il 40%). Senza contare che man mano che le vetture a batteria si diffonderanno, aumenterà anche il numero di stazioni di ricarica dove effettuare i rifornimenti intermedi o "emergenziali" di energia per completare il pieno. I proprietari dei migliori veicoli affermano che dopo una settimana già si supera l'iniziale "ansia da autonomia".  
LE STAZIONI PUBBLICHE DI RICARICA SONO INSUFFICIENTI - Attualmente in Svizzera esistono 670 colonnine pubbliche di ricarica e circa 800 auto elettriche in circolazione (in Italia presto almeno 1000 con dei progetti pilota in 9 regioni più altre di libera iniziativa). Il rapporto auto/colonnine, quindi, è circa di 1:1. Inoltre, le abitudini di mobilità e la buona disponibilità di garage privati farà sì che la modalità di ricarica di gran lunga preferita dagli svizzeri sarà ancora quella privata, dalla colonnina domestica. Ne deriva che creare una rete capillare di stazioni di ricarica pubbliche non appare per il momento remunerativo. Il comune di Mendrisio è stato il pioniere della mobilità elettrica in Svizzera: sulle sue strade circolano attualmente 400 veicoli a batteria e dal 1994 al 2001 sono state installate 80 colonnine di ricarica. Ciò ha permesso di accumulare importanti dati statistici dai quali si ricava che ognuna delle colonnine eroga mediamente appena quattro kWh di elettricità al giorno. Quindi, le colonnine pubbliche non vengono quasi mai utilizzate data la scarsa quantità di energia ricaricabile in corrente alternata e quando lo sono, ciò avviene per motivi "di prova" o qualora il conducente dell'auto abbia qualche dubbio sull'autonomia che gli servirà nelle ore seguenti. Che cosa vuol dire? In conclusione, che nella Confederazione non esiste al momento penuria di colonnine (magari perché quelle pubbliche a bassa potenza e in corrente alternata sono inadeguate rispetto alle necessità di un utilizzo pratico dei veicoli elettrici?), e poiché il loro numero è in crescita (ma meglio se fossero pochi impianti, ben posizionati, ad alto fattore di utilizzo per servizi di ricarica in pochi minuti), non esisterà neppure in futuro, anche se il parco circolante di auto a batteria dovesse aumentare in modo significativo.
NON SONO SICURE IN CASO D'INCIDENTE - Non esistono elementi che permettano di giustificare questa affermazione. Indipendentemente dal tipo di propulsione, i costruttori non sembrano disposti a scendere al di sotto certi livelli di sicurezza per le loro vetture e il Touring Club svizzero, che ha sottoposto a crash test il primo modello elettrico prodotto in grande serie, la Mitsubishi i-MiEV (4 stelle EURO-NCAP), ha concluso che da questo punto di vista l'auto è perfettamente all'altezza di un un veicolo similare con propulsione tradizionale e lo stesso è avvenuto per altri modelli come la Peugeot iOn/Citroen C-Zero (sorelle della i-MiEV) e la Nissan LEAF (5 stelle EURO-NCAP). Viene quindi smentita una convinzione diffusa, e cioè che l'esigenza di risparmiare peso per compensare quello (rilevante) delle batterie abbia costretto le case a realizzare abitacoli meno sicuri per i modelli elettrici. Tuttavia, questi ultimi non solo sono sicuri esattamente come gli altri dal punto di vista strutturale, ma anche per ciò che attiene le specificità di veicoli il cui funzionamento richiede correnti di tensione e intensità elevate. Nessun pericolo, quindi, di restare "fulminati" in caso d'incidente, ma nemmeno durante l'uso quotidiano ci sono problemi: anche con condizioni atmosferiche avverse ci si muove o le si ricarica in sicurezza.

SONO TROPPO SILENZIOSE - Il funzionamento molto discreto delle vetture elettriche può effettivamente rappresentare un pericolo per i pedoni, soprattutto per i bambini e per le persone a capacità visiva ridotta o assente, che confidano nell'udito per cercare di capire che cosa accade intorno a loro. Alcuni studi condotti negli Stati Uniti dimostrano che i rischi per i pedoni crescono leggermente in caso di veicoli elettrici che procedano a marcia indietro. Sempre oltreoceano sono stati intrapresi studi per determinare quali segnali acustici possano essere adottati per ridurre tali rischi. Già oggi alcuni veicoli a batteria dispongono di "suoni" idonei a rendere i pedoni consapevoli del loro arrivo o delle manovre. Vengono attivati fino a una velocità di 30 km/h, superata la quale i rumori aerodinamici e quelli generati dal rotolamento degli pneumatici rendono i veicoli udibili. In retromarcia, il rumore artificiale viene interrotto a intervalli regolari per produrne uno (non udibile all'interno) simile a quello generato da un veicolo pesante in manovra (frequenze alte e basse, suono intermittente). Le ricerche dimostrano inoltre che quando un conducente incontra situazioni che lo costringono a procedere a velocità bassissime (fino a 20 km/h) la sua soglia d'attenzione è già elevata di per sé e ciò contribuisce ad abbassare ulteriormente il rischio di travolgere i pedoni.
NON SONO ABBASTANZA ECOLOGICHE - Per determinare le caratteristiche inquinanti di un veicolo in termine di emissioni di CO2 (ma vanno considerate anche le nanopolveri e gli ossidi di azoto, idrocarburi incombusti, benzene, formaldeide, perdite di gas serra come il metano che per cento anni ha effetti 80 volte superiori alla CO2, poi scendono a 40 volte per altre decine di anni, che sono crescenti con l'invecchiamento del veicolo, perdite di energetiche durante la filiera, ecc.) vanno tenute presenti quelle relative alla sua costruzione, quelle da imputare alla produzione di energia per muoverlo e quelle derivanti dal suo smaltimento a fine vita. Le discussioni più accese su questo punto riguardano i metodi di calcolo delle emissioni stesse. Il bilancio comparativo "ruota contro ruota" tra un veicolo elettrico e uno tradizionale effettuato tramite il metodo "Optiresource" (che prende in considerazione il problema a partire dal "costo ambientale" delle materie prime utilizzate per la loro costruzione fino a quello del carburante alla pompa o "alla spina") indica i seguenti valori di emissione: il funzionamento di un motore diesel genera 131 g di CO2 per km ai quali ne vanno aggiunti altri 25 (totale: 156 g/km) provenienti dalle attività a monte della pompa del carburante, mentre per un'auto a batteria, anche tenendo conto del "mix elettrico" dell'Unione Europea ancora sbilanciato sulla produzione di elettricità fossil-dipendente, si arriva a 87 g/km (però con nanoparticolati da combustione completamente assenti in strada e comunque controllabili in centrale o assenti con fonte rinnovabile senza combustione). Il valore scende a 23,3 g/km se invece si tiene conto del mix svizzero, mentre si riduce ad appena 5 g/km se l'energia ha origine completamente eolica. Conclusioni: l'impatto ambientale complessivo di un'auto a batteria è/sarà strettamente legato al mix elettrico esistente nel Paese dove il veicolo viene/verrà utilizzato, ma è una frazione di quello derivante dalla mobilità endotermica. Le batterie al litio sono facilmente riutilizzabili dopo la vita a bordo e giunte a fine vita (dopo 20-25 anni) i loro componenti sono facilmente disaggregabili per essere riutilizzati in un nuovo ciclo produttivo.
ACCRESCONO IL FABBISOGNO COMPLESSIVO DI ENERGIA ELETTRICA - C'è poco da fare: i veicoli a batteria hanno bisogno di elettricità per funzionare e quindi costituiscono un'utenza elettrica importante e, oltretutto, aggiuntiva rispetto alle attuali utenze. Tuttavia, per l'esatta comprensione del problema, va tenuto conto non solo della quantità di elettricità necessaria alla mobilità (che è comunque inferiore del 62% all'energia primaria impiegata dalla mobilità termica), ma dell'intero bilancio energetico. Sotto questo profilo, un motore a combustione interna ha un rendimento globale di appena il 20% e una produzione di "rifiuti energetici" dell'80% che si pagano quando si fa il pieno, mentre per un motore elettrico le proporzioni sono esattamente opposte. È stato calcolato che se il parco circolante svizzero (circa 4 milioni di veicoli) fosse completamente elettrico, consumerebbe annualmente una quantità di energia più o meno equivalente a quella consumata dalla città di Zurigo nel 2008. L'elettrificazione completa del parco provocherebbe un aumento nella domanda di energia elettrica complessiva dell'1-2% l'anno per i prossimi 20 anni, largamente inferiore all'aumento annuale calcolabile se il parco circolante restasse nelle condizioni attuali. Ciò che conta davvero per l'elettrificazione della mobilità individuale non è il bisogno complessivo di elettricità, ma la potenza elettrica che deve essere messa a disposizione delle vetture nell'unità di tempo. Se ogni auto fosse ricaricata con una potenza di 3 kW e tutte le ricariche avvenissero contemporaneamente, la potenza necessaria sarebbe di circa 12 GW, che corrisponde più o meno a quella complessiva odierna di tutte le centrali svizzere. Quindi, il problema è organizzare le operazioni di ricarica in modo che la potenza elettrica disponibile sia sufficiente. Le vetture elettriche vengono ricaricate prevalentemente di notte, cioè quando la domanda di energia è più bassa. Tuttavia, bisognerà comunque mettere a punto tecniche di scaglionamento delle ricariche per evitare che tutti i cittadini elvetici allaccino la loro auto alla rete in un ristretto periodo di tempo. Al contrario, bisognerà "spalmare" le ricariche lungo tutto l'arco notturno, adattandole al variare delle capacità produttive delle centrali secondo il concetto "smart grid". Le tecnologie necessarie per fare ciò esistono già e sono le stesse oggi utilizzate per scaglionare il riscaldamento dell'acqua sanitaria. Qualche numero sulle energie rinnovabili? Un impianto fotovoltaico da 1.000 kWh l'anno occupa una superficie di circa 10 m2, cioè quella tipica del tetto di un piccolo garage di metri 2 x 5, e basta per ricaricare un veicolo elettrico utilizzato per 6.000 km annui. Per quanto riguarda l'eolico, un impianto da 2 MW può ricaricare da 1.400 a 1.600 veicoli. La fonte rinnovabile soprattutto se immagazzinata in piccoli storage è in grado di provvedere ai fabbisogni dei veicoli elettrici. Si parte dal presupposto che l'elettrificazione progressiva del parco circolante non farà crescere la domanda di energia da qui al 2020 e che quindi, fino a quella data, la Svizzera non avrà necessità di nuove centrali. La stessa cosa vale per l'Italia (cfr. rapporto RSE, pag. 47). E' vero che i veicoli elettrici in più sarebbero una risorsa per il bilanciamento della rete. 
RICHIEDONO TROPPE MATERIE PRIME - La tecnologia largamente più utilizzata oggi per le batterie da trazione è quella agli ioni di litio. Le principali riserve di questo metallo alcalino sono oggi ubicate in Bolivia, Cile, Argentina e Cina. Attualmente, quelle accessibili e sfruttabili ammontano a sette milioni di tonnellate, una quantità che permetterebbe la realizzazione di 600 milioni di vetture a batteria (in media quasi 12 kg di ossido di litio a veicolo)Le riserve teoriche totali sono invece stimate in 135 - 160 milioni di tonnellate, il che equivale a una produzione di 50 milioni di vetture elettriche l'anno per 200 anni. Secondo uno studio dell'Istituto Fraunhofer sui Sistemi e l'Innovazione, le riserve mondiali di litio basteranno fino al 2050 anche se la domanda di vettura a batteria dovesse decollare. Nessun problema anche per il rame (un altro metallo utilizzato nelle batterie Li-ion): se l'85% della flotta mondiale venisse elettrificata, si avrebbe un aumento del 21% della domanda di rame. La produzione di rame è attualmente concentrata per il 97% in Cina il che, dal punto di vista ambientale, implica conseguenze assai rilevanti per il Paese asiatico. Tuttavia, sono in corso nel mondo circa 270 progetti estrattivi che riguardano questo metallo ed entro il 2011 nuove miniere saranno aperte negli Stati Uniti e in Australia, nazioni dove il rispetto per l'ambiente è certamente un tema più sentito che non in Cina e spinge all'adozione di tecniche estrattive e di lavorazione più avanzate e meno inquinanti. Il litio, indispensabile anche per l'industria dei cellulari e dei computer, è riciclabile al 100% e si stanno intensificando gli sforzi per migliorare le tecniche di riciclo in modo da ridurre le necessità estrattive e allontanare ancora nel tempo l'esaurimento delle riserve. Nel frattempo, si affacciano sul mercato altre materie prime, abbondanti in natura, utilizzabili come elettroliti per le batterie. E' comunque vero che i migliori veicoli elettrici oggi prodotti in serie hanno raffinatissimi sistemi elettronici, sia di potenza che logici, per gestire le funzioni del veicolo e del powertrain che oggi hanno un costo rilevante, pari però al contenuto tecnologico da primato.

lunedì 31 gennaio 2011

Asma da smog

da La Nazione

Asma da smog Bimbi colpiti
Malattie respiratorie è boom

Bambini e anziani i più colpiti. Dati allarmanti

Smog in città (Radaelli)
Smog in città (Radaelli)

Firenze, 30 gennaio 2011 - IL PARTICOLATO atmosferico, ovvero le micidiali polveri sprigionate dagli agenti inquinanti, è altamente nocivo per salute. Non è una novità, ma nemmeno demagogia.
Mai come in questi giorni, dopo l’allarme lanciato da Legambiente, dal mondo scientifico si moltiplicano i messaggi di attenzione e di invito alla politica locale e nazionale a intervenire con un piano serio e integrato e non con azioni palliative. La campagna di rilevamento delle polveri sottili messa in campo da Legambiente in dieci città italiane, attribuisce a Firenze il nero primato di città più inquinata del Paese. Firenze è al diciottesimo giorno di superamento dei limiti di legge consentiti dall’inzio dell’anno (i dati sono rilevati dalle centraline Arpat): stando alla nuova delibera regionale approvata il 18 gennaio, il Comune sarebbe già dovuto intervenire per contribuire all’abbassamento delle concentrazioni di polveri sottili nell’aria. 
Quanti morti, quanti ricoveri, quante malattie, quanta parte di spesa sanitaria provocano i picchi di inquinamento di questi giorni? Su questo, gli attivisti dell’ambiente sono i più sensibili, ma una coscienza critica si sta sviluppando anche nei cittadini che si riuniscono in comitati per sollecitare l’amministrazione comunale a intervenire con politiche lungimiranti ad arginare la situazione.
La Rete No Smog Firenze (alla quale aderiscono Città Ciclabile, Fare Verde, Firenze in Bici, Italia Nostra, Medici per l’Ambiente, Straffichiamo Firenze e Terra!) è stata ricevuta in audizione dalla commissione Politiche della salute del Comune.
Una pediatra di famiglia, membro dell’Isde, l’associazione dei medici per l’ambiente, ha esposto dati sui danni alla salute causate da pm10 (e delle polveri ancora più sottili e pericolose, il pm2,5 e 1) un micidiale e velenoso aereosol che più è fine più arriva in profondità nell’albero respiratorio, fino a raggiungere gli alveoli polmonari e il sangue. Le inevitabili conseguenze sono le sempre più numerose malattie respiratorie, cardiocircolatorie e l’aumento della mortalità, soprattutto per le fasce più deboli: bambini, malati cronici e anziani. Si è inoltre evidenziato quanto sia difficile evitare che le polveri sottili e ultrasottili si depositino ovunque ed entrino anche nella catena alimentare.
I danni alla salute comportano costi personali e sociali altissimi fra i quali l’aumento dell’ospedalizzazione e il consumo dei farmaci. Le conseguenze sono ancora più drammatiche nei bambini che nascono già ‘intossicati’ e che inalano più ìnquinanti sia d’estate (l’ozono) che d’inverno (sopratutto le polveri sottili). I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono chiari: per ogni aumento di 10 microgrammi di pm10 oltre la soglia l’indice di mortalità cresce dello 0,6% ; un indice che nei bambini di età compresa tra 1 e 5 anni aumenta dell’1,6%.
Un bambino piccolo, infatti, ha una frequenza respiratoria più rapida e scambia il doppio di aria rispetto all’adulto. C’è da domandarsi a quanti ricoveri e quanti morti in più possano aver contribuito i numerosi picchi record, arrivati anche fino a tre volte la soglia consentita, registrati in questi giorni a Firenze. La rete di comitati a richiesto di spostare le centraline di fondo dal Giardino di Boboli e da quello di viale Bassi in luoghi che meglio rappresentino la reale esposizione della popolazione agli inquinanti (in particolare si richiede che una delle centraline sia posizionata vicino a una scuola), e a quella di sollecitare provvedimenti contro gli sprechi di energia (il riscaldamento eccessivo degli edifici, oltre il traffico). La Commissione presenterà una mozione in consiglio comunale.
di ILARIA ULIVELLI