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lunedì 16 aprile 2012

L'anno prossimo esce il prototipo di batteria per fare 800 km con una ricarica.

FUEL RANGE PARITY FRA BATTERIE E SERBATOI DI IDROCARBURI LIQUIDI E GASSOSI ENTRO IL 2020 ED ENTRO 15 ANNI RIVOLUZIONE ENERGETICA SOLARE CON NANOTECNOLOGIE

Arriverà presto, entro il 2013, la prima batteria capace di alimentare un'auto per 800 chilometri: "Abbiamo cominciato questi studi due anni e mezzo fa - ha raccontato Alessandro Curioni, ricercatore italiano che lavora al progetto per l'Ibm - quando i problemi sembravano irrisolvibili. Oggi possiamo dire di aver risolto i problemi fondamentali, tanto da aver quasi pronto un primo prototipo, che rilasceremo il prossimo anno". Si tratta del progetto Battery500 che sembra aver trovato la soluzione per rendere competitive le batterie litio-aria risolvendo finalmente il problema dell’instabilità chimica che fino ad ora le aveva rese inutilizzabili. Sembrano proprio avere le caratteristiche ideali per essere utilizzate nel settore delle auto elettriche, caratteristiche tanto interessanti da essere messe allo stesso livello di densità di energia dei carburanti liquidi utilizzati per il motore termico. IBM si è alleata (ne dà conferma in un comunicato stampa del 20 Aprile 2012) con i giganti della chimica internazionale, come Asahi Kasei e Central Glass, per sviluppare insieme una batteria a Litio-Aria.

Come funzionano?





Le auto elettriche del 2020 potrebbero quindi essere giunte ad un punto di svolta grazie ad IBM e le batterie litio-aria con autonomia di 800 chilometri con tecnologia batteria litio-aria.
Le attuali batterie agli ioni di litio offrono infatti un’autonomia limitata al massimo a 480 chilometri a 110 km/h,  non sufficiente per coprire le distanze che sono invece garantite sulle tradizionali soluzioni a benzina/gasolio.
L’autonomia utile che si potrebbe raggiungere con una batteria di questo tipo montata su un’automobile sarebbe di 800 chilometri,  grazie ad una densità energetica che teoricamente è almeno 1000 volte superiore (invece di 250 kg per 25 kWh per fare 150 km, ne basterebbero meno di 200 kg per fare 800 km con 250 kWh di batteria).
Per bloccare la reazione che l’ossigeno innescava con l’elettrodo di carbonio e con il solvente elettrolitico, che serve a trasportare gli ioni di litio tra i due elettrodi, Alessandro Curioni del laboratorio di ricerca IBM di Zurigo con il collega Winfried Wilcke, ha utilizzato un supercomputer Blue Gene per realizzare modelli estremamente dettagliati delle reazioni e sono giunti ad isolare un nuovo solvente elettrolitico che farebbe al caso loro.
Un prototipo di batteria potrebbe essere pronto nel 2013, mentre il debutto commerciale potrebbe avvenire entro il 2020.

Un commento? Tutto come previsto!
Con tappe di sviluppi quinquennali la tecnologia della trazione e dell'accumulo elettrici arriverà a parità di prestazioni e costi con la trazione basata sui motori a combustione interna, relegati ai rendimenti scarsi delle leggi della termodinamica.

Qual è il contesto?
Un secolo fa (1912), c'erano più automobili alimentate da energia elettrica che a benzina: le prime facevano meno rumore, era più facili da utilizzare e non puzzavano. Le altre andavano più o meno alla stessa distanza,puzzavano erano difficili da guidare bene.
Ma la necessità di avere intervalli più lunghi di viaggio fra un rifornimento e l'altro, la disponibilità di una fonte di combustibile più conveniente e un'affidabile infrastruttura di alimentazione trasforma presto i motori a combustione interna come il principale mezzo di trasporto a motore.
Ora gli automobilisti stanno prendendo in considerazione un allontanamento dalla benzina e un ritorno all'energia elettrica come fonte ideale per muoversi autonomamente, ma grandi sfide restano. IBM e i suoi partner stanno lavorando per risolvere uno dei principali ostacoli alla diffusa adozione di veicoli elettrici: autonomia limitata della batteria.

Un antidoto all'ansia da autonomia
La maggior parte delle persone considerano il passaggio a veicoli elettrici per risparmiare su benzina e gasolio e contribuire a creare un ambiente più sano. Ma l'ansia da autonomia, ovvero la paura di essere lasciati a piedi, è stata citata dal 64 per cento dei consumatori come elemento detrattore principale per l'acquisto di un veicolo elettrico.
Le auto elettriche oggi in genere possono viaggiare con autonomie inferiori rispetto ai veicoli endotermici, applicando l'attuale tecnologia della batteria agli ioni di litio (LIB). La tecnologia LIB ha poche possibilità di essere abbastanza leggero per viaggiare per 800 km con una singola carica e per essere abbastanza economica per essere pratica per una vettura tipica da famiglia, ammesso che questo modello di mobilità rimarrà quello preferito per in futuro. Questo problema sta creando un notevole ostacolo per l'adozione dei veicoli elettrici.
Riconoscendo questo, IBM ha avviato il progetto Battery 500 nel 2009 per sviluppare un nuovo tipo di tecnologia delle batterie litio-aria volta a migliorare la densità di energia di dieci volte, aumentando notevolmente la quantità di energia che queste batterie possono immagazzinare ed erogare. Oggi, i ricercatori IBM hanno dimostrato con successo il funzionamento della chimica di base dei processi di carica e scarica per le batterie al litio-aria.

L'idea è quella di sviluppare una batteria per le auto elettriche in grado di fornire energia sufficiente per percorrere a 800 km prima di avere bisogno di una ricarica. La tecnologia consiste nell'avere l'anodo di litio che si combina con l'ossigeno dell'atmosfera grazie al catodo 'aria': quando questo accade, viene rilasciata energia elettrica. La batteria quando viene ricaricata rilascerà l'ossigeno di nuovo in atmosfera, liberando l'anodo per ricominciare il ciclo. Il vantaggio principale della nuova batteria è quello di contenere fino a dieci volte l'energia delle batterie al litio esistenti oggi. La giapponese Asahi Kasei avrà il compito di produrre le membrane di separazione avendo già esperienza nel settore in quanto già le produce per le batterie litio-ioni di oggi. La Central Glass, pure essa giapponese, si interesserà a realizzare gli elettroliti per batterie litio-ioni e sta costituendo "una nuova classe di elettroliti e di additivi ad alte prestazioni" per le batterie al litio-aria. L'operazione dovrà portare alla commercializzazione di prodotti sempre più raffinati nel periodo dal 2020 al 2030.

Alcuni video esplicativi di cosa è e come funziona la batteria.





Un'altra rivoluzione per l'energia solare rinnovabile arriverà tra 15 anni, con i pannelli di terza generazione, ma gia' nel futuro prossimo vedremo i primi cambiamenti sostanziali. Lo ha affermato Larry Kazmerski, direttore del National Renewable Energy Laboratory di Golden, in Colorado, aprendo a Trieste il 2012 Industrial Physics Forum. "La vera rivoluzione - ha spiegato - è attesa in 10-15 anni quando le nanotecnologie e materiali 'bio inspired' modificheranno radicalmente la produzione di energia dal sole abbassando i costi, massimizzando la produzione e rendendo le celle adattabili a un maggior numero di supporti".
Entro 3-5 anni, ha aggiunto Kazmerski durante il convegno organizzato dal Centro internazionale di fisica teorica (Ictp) di Trieste, le celle fotovoltaiche attuali saranno sostituite da moduli fatti con polimeri, piu' sottili e flessibili. La previsione è che nel 2020 l'Europa trarrà oltre 85 gigawatt di energia dal sole, mentre gli Usa si assesteranno a 138 GW.

Quindi sempre più il connubio mobilità elettrica e fonte rinnovabile è volto a sbloccare il sistema energetico basato oggi sul consumo di risorse limitate e sulla generazione di sostanze nocive, verso l'assenza di emissioni basato un riutilizzo di materie prime con processi alimentati da fonti di energia rinnovabile.

martedì 20 marzo 2012

Supercapacitori: il grafene disegnato con un comune laser da dvd

da Business magazine

Grafene, ideale anche per i supercondensatori

I ricercatori dell'UCLA hanno realizzato un supercondensatore con elettrodi in grafene, che mostra interessanti proprietà elettriche tali da renderlo idoneo per impieghi di stoccaggio energetico


I ricercatori dell'UCLA - University of California, Los Angeles hanno ideato un metodo per la realizzazione di particolari supercondensatori ed ultracondensatori elettrochimici impiegando ilgrafene per la produzione degli elettrodi, riuscendo così ad incrementare significativamente le prestazioni di questi dispositivi e rendendoli idonei ad impieghi di stoccaggio energetico.

I supercondensatori differiscono dai condensatori tradizionali che si possono trovare in qualunque dispositivo elettronico, principalmente per il fatto che possono conservare una quantità di carica considerevolmente superiore. Da qualche tempo vengono indagate le possibilità di impiegare i supercondensatori come dispositivi di stoccaggio energetico dal momento che possono caricarsi e scaricarsi in maniera molto più rapida rispetto alle batterie, ma sono ancora limitati da basse densità di energia, pari solamente ad una frazione di quanto possibile con le normali batterie.

Un supercondensatore in grado di abbinare le prestazioni di carica e potenza dei condensatori con la densità di energia delle batterie rappresenterebbe un passo avanti significativo nelle tecnologie di stoccaggio dell'energia. Per poter arrivare a questo traguardo sono pero necessari nuovi elettrodi che non solo mantengano un'elevata conducibilità elettrica, ma che mettano a disposizione una maggiore superficie rispetto agli elettrodi a carboni attivi dei supercondensatori tradizionali.

Le prestazioni di un dispositivo per lo stoccaggio di energia vengono valutate in base a due elementi, la densità di energia e la densità di potenza. Per semplificare, immaginiamo di utilizzare un dispositivo di questo tipo per alimentare un'automobile elettrica: la densità di energia indica l'autonomia dell'auto con una singola carica, mentre la densità di potenza ci dice quale sia la velocità massima raggiungibile.



I ricercatori dell'UCLA hanno utilizzato un comunissimo masterizzatore DVD con tecnologia LightScribe per la produzione di questi elettrodi, che sono composti da una rete di grafene che mostra eccellenti proprietà meccaniche ed elettriche, così come un'elevatissima superficie di scambio, ricoprendo un disco DVD con uno strato di ossido di grafite. I supercondensatori realizzati con questi nuovi elettrodi, denominati Laser Scribed Graphene (LSG), mostrano valori di densità energia molto elevati anche con differenti elettroliti, mantenendo l'elevata densità di potenza e l'eccellente stabilità di ciclo propria del supercondensatore. I supercondensatori così realizzati mantengono inoltre eccellenti proprietà elettrochimiche anche sotto elevato stress meccanico.

Richard B. Kaner, professore di chimica e di scienze ed ingegneria dei materiali, commenta: "Il nostro studio dimostra che i supercondensatori basati sul grafene conservano più carica rispetto alle batterie convenzionali, ma possono essere caricati e scaricati da centinaia a migliaia di volte più velocemente". "Qui presentiamo un metodo per la realizzazione di supercondensatori ad elevate prestazioni basati sul grafene mediante un approccio molto semplice che evita di dover re-impilare i fogli di grafene" gli fa eco Maher F. El-Kady, principale autore della pubblicazione su Science.

Gli elettrodi realizzati con questo metodo non mostrano i problemi che affliggono i convenzionali elettrodi a carbone attivo e che hanno rappresentato fino ad ora un limite alle prestazioni dei supercondensatori commerciali. Il laser LightScribe permette anzitutto la simultanea riduzione ed esfoliazione dell'ossido di grafite, producendo una rete aperta di LSG con una maggior superficie accessibile.

Gli elettrodi LSG sono inoltre caratterizzati da una buona robustezza meccanica e hanno maggior conducibilità rispetto ai carboni attivi (oltre 1700S/m rispetto ai 10-100S/m) il che si traduce nella possibilità di impiegare tali elettrodi senza la necessità di usare collettori di corrente come accade per i supercondensatori convenzionali a carboni attivi. Queste proprietà consentono agli elettrodi LSG di agire sia da materiale attivo, sia da collettore e la combinazione di entrambe le funzioni in un singolo strato porta ad avere un'architettura più semplice rendendo i supercondensatori LSG maggiormente efficienti dal punto di vista dei costi.

I supercondensatori commercialmente disponibili consistono di un separatore interposto tra due elettrodi con un elettrolita liquido che è avvolto a spirale e inserito all'interno di un contenitore cilindrico o impilato in una cella a bottone. Questi dispositivi però possono essere soggetti a pericolose perdite del liquido elettrolita e la loro conformazione non dona una sufficiente flessibilità per l'impiego all'interno di dispositivi elettronici.

Il team di ricercatori ha sostituito l'elettrolita liquido con un polimero gel che agisce anche da separatore, riducendo così lo spessore del dispositivo ed il suo peso, semplificando il processo di fabbricazione dal momento che non sono necessari speciali materiali per il packaging. Per valutare in condizioni reali il potenziale di questi dispositivi, il team di ricerca ha collocato uno di questi supercondensatori sotto costante stress meccanico per analizzarne le prestazioni, prendendo atto di come in realtà non vi siano effetti sulle prestazioni del dispositivo. "Attribuiamo le elevate prestazioni e la resistenza alla flessibilità meccanica degli elettrodi, assieme alle strutture di rete tra gli elettrodi stessi e l'elettrolita in gel. L'elettrolita si solidifica durante l'assemblaggio e agisce come una colla che mantiene assemblati i componenti del dispositivo" ha spiegato Kaner.

Questo livello prestazionale non è mai stato raggiunto in dispositivi commerciali e i risultati mostrano come i supercondensatori basati sul grafene possono portare a sistemi di stoccaggio di energia ad elevate prestazioni, per la prossima generazione di dispositivi elettronici portatili.


da Tom's hardware

Batterie elastiche che si ricaricano in fretta: grazie grafene

Grafene e un masterizzatore DVD con tecnologia LightScribe per creare elettrodi per supercondensatori con proprietà meccaniche ed elettriche eccellenti.

Basta un masterizzatore DVD con tecnologia LightScribe per creare supercondensatori per batterie a elevata autonomia dedicate all'elettronica del futuro - cioè quella flessibile. Secondo i ricercatori della UCLA (Università della California) i supercondensatori rappresenteranno il futuro dell'archiviazione energetica, poiché si caricano e scaricano più rapidamente delle batterie.

Il problema è che sono ancora limitati da una densità energetica troppo bassa, una frazione di quella offerta dalle batterie. Per eliminare questo limite servono perciò nuovi elettrodi capaci di mantenere un'elevata conduttività, ma anche di offrire una superficie maggiore rispetto ai tradizionali condensatori elettrochimici dotati di elettrodi a carboni attivi. Ed è proprio qui che entrano in gioco i masterizzatori DVD con tecnologia LightScribe.

Gli elettrodi realizzati attraverso con dispositivi sono composti di una rete espansa di grafene che mostra eccellenti proprietà meccaniche ed elettriche, oltre che una superficie molto elevata. Questo consente di creare condensatori EC (elettrochimici) al grafene ad alte prestazioni in grado di mantenere eccellenti attribuiti elettrochimici anche sotto elevato stress meccanico. Il processo è basato sul rivestimento di un DVD con una pellicola di ossido di grafite successivamente trattata con il laser presente all'interno di un lettore DVD LightScribe per produrre elettrodi di grafene.



Queste soluzioni, chiamate Laser Scribed Graphene (LSG), mostrano valori di densità energetica molto elevati in differenti elettroliti e mantengono un'elevata densità di potenza, con un eccellente ciclo di stabilità per i condensatori elettrochimici. "Il nostro studio dimostra che i nuovi supercondensatori al grafene archiviano più carica delle batterie tradizionali, ma possono essere scaricati e caricati da centinaia a migliaia di volte più rapidamente", ha dichiarato Richard B. Kaner, professore della UCLA. Gli elettrodi LSG non hanno gli stessi problemi di quelli a carboni attivi che finora hanno limitato le prestazioni delle soluzioni elettrochimiche commerciali.

Il laser LightScribe serve realizzare, nello stesso passaggio, una riduzione ed esfoliazione dell'ossido di grafite e produce una rete aperta di LSG con un'area maggiore e molto più accessibile. Questo si traduce in una capacità di archiviazione della carica più elevata da parte dei supercondensatori LSG. La struttura a rete aperta degli elettrodi aiuta a minimizzare il percorso di diffusione degli ioni nell'elettrolita, cosa cruciale nella ricarica di un dispositivo. Questo significa che i supercondensatori LSG possono di fornire potenza ultraelevata in un breve periodo di tempo, a differenza di quelli a carboni attivi.

Gli elettrodi LSG sono meccanicamente robusti e mostrano un'elevata conduttività (>1700 S/m) rispetto a quelli a quelli a carboni attivi (10-100 S/m). Ciò significa che gli elettrodi LSG possono essere usati direttamente senza la necessità di leganti o collettori di corrente, come un condensatore elettrochimico a carbone attivo tradizionale. Queste proprietà permettono all'LSG di agire sia come materiale attivo che come collettore di corrente in un condensatore elettrochimico. La combinazione di due funzioni in un unico strato porta ad avere un'architettura semplificata e rende i dispositivi con supercondensatori LSG convenienti.




A dispetto dei condensatori elettrochimici tradizionali con liquido elettrolita avvolto a spirale e confezionato in un contenitore cilindrico o impilato in una cella a bottone, il team ha usato un gel polimerico che funge anche da separatore, riducendo ulteriormente lo spessore e il peso del dispositivo, nonché semplificando il processo di fabbricazione perché non richiede particolari materiali d'imballaggio. Per valutare il potenziale di questa soluzione sotto condizioni reali i ricercatori hanno posto il dispositivo sotto uno stress meccanico costante per analizzarne le prestazioni, che non sono state influenzate.

"Attribuiamo le alte prestazioni e la resistenza alla flessibilità meccanica degli elettrodi, assieme alle strutture di rete tra gli elettrodi e il gel. L'elettrolita solidifica durante l'assemblaggio del dispositivo e agisce come collante che tiene insieme i componenti del dispositivo", ha dichiarato il professor Kaner. Questo metodo migliora l'integrità meccanica e aumenta il ciclo di vita del dispositivo anche in condizioni estreme.

Per tutte queste ragioni, i supercondensatori LSG potrebbe aprire la strada a sistemi di archiviazione ottimali per la prossima generazione di dispositivi elettronici portatili flessibili. Ovviamente siamo ancora in fase di ricerca, ma come abbiamo spesso visto nel corso della storia dell'umanità, ciò che si semina oggi può dare buoni frutti domani, per cui queste ricerche sono molto importanti.

sabato 31 dicembre 2011

Nanomateriali e supercapacitori: buffer dei miracoli in arrivo.

Secchi elettrici a nano materiali: questa è la killer application per la mobilità elettrica entro 5 anni.


Imballare l'energia in un pugno: 1) matrice di nanotubi 2) Isolante 3) Cariche positive 4) Cariche negative. I condensatori sono dei secchi elettrici che immagazzinano le cariche elettriche sulla superficie dei conduttori che sono separati da isolanti. Utilizzando nanotubi per i conduttori aumenta la superficie, così può essere immagazzinata più energia.


Gli ibridi rappresentano meno del 3 per cento delle vendite di veicoli-passeggeri negli Stati Uniti, in gran parte perché costano tanto. Costoso conto batterie per gran parte del premium price, ma Riccardo Signorelli si sta sviluppando ultracondensatori a buon mercato che potrebbero sostituirli. Ibridi basati sulla sua tecnologia potrebbe essere poco costoso abbastanza per iniziare a pagare per se stessi in un risparmio di carburante, dopo 1-2 anni. Gli ultracapacitori (o supercondensatori), sono secchi elettrici che immagazzinano cariche elettriche piuttosto che immagazzinare energia chimica, sono molto più durevoli rispetto alle batterie e funzionano bene quando fa freddo. Ma gli ultracapacitori convenzionali immagazzinano solo una quantità relativamente piccola di energia, quindi sarebbe costoso utilizzarli nelle quantità richieste per alimentare un veicolo. Riccardo Signorelli ha sviluppato nuovi materiali per ultracapacitori con l'uso di strati di nanotubi di carbonio per formare gli elettrodi con una grande superficie, triplicando la quantità di energia che ogni cellula in grado di immagazzinare. Nel 2008 ha fondato una società denominata FastCap per commercializzare la tecnologia (di cui attualmente è Amministratore Delegato), e ormai ha raccolto 7,6 milioni di dollari. L'azienda si è concentrata sulla riduzione del costo elevato dei nanotubi attraverso tecniche di produzione a buon mercato sulla base di quelle utilizzati nel settore delle celle solari. Tutto sommato, un ultracondensatore dovrebbe essere in grado di immagazzinare energia con meno della metà del costo per wattora della tecnologia attuale. Signorelli si aspetta che le vetture ibride con il suo ultracondensatore inizieranno ad apparire entro cinque anni (2016).






Per lo sviluppo delle fonti alternative, essenziali alla crescita sostenibile dell'umanità, il problema sta tutto lì, nell'immagazzinamento dell'energia. Abbiamo bisogno di materiali capaci di una densità energetica sempre maggiore e rapidi nel rilasciarla per il consumo. Solo così saremo in grado di rimpiazzare i combustibili fossili, capaci di contenere, a parità di volume, 35 volte l'energia immagazzinata in una batteria convenzionale e di rilasciarla istantaneamente con la combustione. Senza questo tassello fondamentale, tutte le tecnologie già mature, come l'eolico, il fotovoltaico o l'auto elettrica, rimarranno un fenomeno di nicchia e non riusciranno a far girare il motore del mondo.
Riccardo Signorelli, ricercatore italiano emigrato negli Stati Uniti, lavora da otto anni a questo snodo cruciale, da quando è arrivato al Mit di Boston. «Finalmente ora abbiamo un prodotto pronto per l'utilizzo industriale», annuncia a Nòva durante una visita a Milano, per partecipare al meeting della Camera di commercio su «Imprese oltre la crisi». Il suo prodotto è un oggetto piccolissimo, non più grande di una stilo: un ultracapacitore dotato di una densità di potenza eccezionale, grazie ai nanotubi di carbonio di cui è composto. «Il nostro ultracapacitore è 15-20 volte più potente degli altri comunemente in commercio e 20-40 volte più potente di una batteria tradizionale», spiega Signorelli. «Non riesce a contenere moltissima energia, ma può caricarsi e scaricarsi istantaneamente senza stress, quasi all'infinito, perché funziona in base a un principio fisico, non elettrochimico», precisa. In pratica, affiancato alle batterie già in uso nelle auto elettriche, questo cilindretto potrebbe farsi carico di tutte le variazioni improvvise di potenza, accelerazioni e frenate tipiche del traffico urbano stop-and-go, che stressano enormemente i dispositivi attuali e ne accorciano la vita ben al di sotto della durata media di un veicolo, calcolata in 14 anni. Questo è uno dei problemi fondamentali dell'auto elettrica: dato il costo della batteria, chi si azzarda a comperare un veicolo carissimo senza avere la garanzia che il cuore del sistema non muoia a metà strada?
Il dispositivo di Signorelli risolve questo problema a costi molto competitivi, quindi allunga la vita della batteria e ne riduce il prezzo. Infatti alcuni suoi concorrenti stanno già entrando nell'industria automobilistica: Daimler, Peugeot, ma soprattutto le compagnie cinesi più impegnate su grandi veicoli come gli autobus elettrici, già usano sistemi ibridi di questo tipo. «Per noi è uno sviluppo molto positivo, perché finora la maggiore resistenza del mercato derivava dal timore di complicare troppo i circuiti aggiungendo una componente nuova: è molto difficile far capire che questa componente non è un elemento di complicazione, ma di semplificazione del sistema» commenta Signorelli, con la sicurezza di avere in tasca un prodotto enormemente più avanzato degli altri, che costa la metà. «Per adesso lo stiamo testando per usi industriali, all'automotive non ci siamo ancora arrivati, perché lì le regole sulla sicurezza sono molto più rigorose e i collaudi lunghissimi», rileva Signorelli. «Ma presto ci arriveremo», prevede.

Fonte

Integrazione con una intervista a Signorelli sugli energy storage system a basso costo ed alta capacità con materiali nanostrutturati per veicoli a a trazione elettrica e fonti rinnovabili intermittenti.

sabato 2 aprile 2011

Nanomateriali, superbatterie e supercapacitori.

Verso il superamento del muro della soglia psicologica dei 500 km di autonomia elettrica. Due articoli e un richiamo per capire lo scenario a breve della tecnologia dei veicoli elettrici. L'autonomia già oggi non è un problema reale, ma è vicino l'obiettivo della parità fra serbatoio e batteria.

Auto elettriche, dalla Sapienza 
arriva la superbatteria
da Repubblica.it 
Realizzata dal team di ricercatori, coordinati da Bruno Scrosati dell'università La Sapienza, avrà un'autonomia di 210 chilometri contro i 150 delle attuali e garantirà stabilità termica

È un'evoluzione delle comuni batterie agli ioni di litio, ma rispetto a queste è molto più efficiente e sicura. La 'superbatteria' realizzata dal team di ricercatori, coordinati da Bruno Scrosati dell'università La Sapienza, servirà ad alimentare soprattutto le auto elettriche, grazie alle caratteristiche di elevata autonomia e stabilità termica. 


Lo studio condotto da Jusef Hassoun e Scrosati, in collaborazione con Yang-Kook Sun della Hanyang University di Seoul, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista 'Journal of American Chemical Society'. "In pratica - ha sottolineato Scrosati - queste batterie agli ioni di litio di ultima generazione raggiungono, con un pieno di elettricità, un'autonomia di 210 km contro i 150 delle batterie attualmente disponibili". Superiori anche le prestazioni in termini di potenza e capacità.



"La nuova batteria - ha aggiunto Bruno Scrosati - si avvale della combinazione tra elettrodi nanostrutturati, uno di stagno-carbonio e l'altro di ossido di litio 'drogato' con manganese nichel e cobalto". Questa particolare combinazione elettrodica consente operazioni con centinaia di cicli di ricarica senza una riduzione della capacità e con un'efficienza di carica-scarica che si avvicina al 100 per cento. Inoltre i nuovi materiali sono abbondanti in natura e godono di una maggiore stabilità termica rispetto a quelli utilizzati nelle comuni batterie agli ioni di litio. "Ciò potrebbe assicurare un abbattimento dei costi che incidono sul prezzo delle batterie per auto elettriche (ancora piuttosto elevato) e ridurre i rischi derivanti da un eccessivo surriscaldamento, punto debole degli attuali alimentatori".



da http://www.qualenergia.it/articoli/20110329-nanotubi-al-carbonio-immagazzinare-energia


Si tratta di un prototipo di supercapacitore realizzato da un giovane italiano, Riccardo Signorelli, presso il MIT di Boston. Ha potenzialmente diversi ambiti applicativi, ma soprattutto sarà utile per le auto ibride dove può dare diversi vantaggi, meglio delle normali batterie. La commercializzazione dal 2012.
Un supercapacitore sulle turbine eoliche, nelle metropolitane e, soprattutto, nelle auto ibride per immagazzinare e rilasciare molta energia e in poco tempo. Da alcuni giornali italiani erroneamente descritto come una “superbatteria” è uno strumento che promette di rivoluzionare questi ambiti di applicazione. A svilupparlo il trentaduenne ricercatore italiano Riccardo Signorelli (nella foto), che ha portato a termine il progetto con la sua equipe al MIT di Boston, grazie a finanziamenti per 5,3 milioni di dollari erogati dal governo americano e per 2 milioni da investitori privati. E' già operativa lo spinoff: è la società FastCap.
Il prototipo di supercapacitore di Signorelli usa minuscole strutture di nanotubi al carbonio per immagazzinare energia. Funziona in base a un principio fisico, non elettrochimico, come le batterie, e per questo può caricarsi e scaricarsi istantaneamente, fino a un milione di volte. Le pareti dei tubi hanno uno spessore di soli 12 atomi e sono capaci di immagazzinare nei numerosissime interstizi particelle cariche di energia. Visto il tipo di connessione fisica, l'immagazzinamento avviene in maniera quasi istantanea, comportando un'altissima densità di potenza. L'obiettivo del progetto è la commercializzazione entro il 2012.

Chiediamo a Riccardo Signorelli quali cambiamenti promette il suo nuovo supercapacitore.
Innanzitutto chiariamo la differenza tra una batteria, un capacitore e un supercapacitore.
La batteria immagazzina energia seguendo un principio elettrochimico. Il capacitore lo fa secondo un principio elettrico, attraverso l'utilizzo di materiali isolanti. Nel supercapacitore, che funziona in base a un principio fisico, vengono utilizzati dei materiali a elevata porosità ed elevato  assorbimento. Nei normali capacitori gli elettrodi sono planari, nei supercapacitori ci sono parti composte di materiale spugnoso, grazie a queste superfici e all'utilizzo di un elettrolita liquido, la capacità di immagazzinare energia è mille volte maggiore di un capacitore normale.

Il supercapacitore è dunque uno strumento migliore della batteria?
Dipende. Come capacità di immagazzinamento di energia, la batteria rende di più, ma il supercapacitore è molto più potente. Rilascia più potenza a minuto, rispetto a una batteria.
E' come se la batteria fosse un fondista e il supercapacitore un centometrista?
Esattamente. La differenza, poi, è favorevole al supercapacitore anche nella longevità. Se pensiamo ai cicli di carica e scaricamento, questo raggiunge dai 100mila a un milione di cicli. La batteria non arriva a 100mila.
Ma ci sono ancora dei limiti da superare.
I costi sono ancora troppo elevati e la capacità di immagazzinamento troppo limitata, pari a circa il 5% di una batteria convenzionale.
Ed è qui che arriva la novità del vostro prototipo di supercapacitore.
La nostra innovazione aumenta la potenza, abbatte i costi e migliora la capacità di immagazzinare energia, portandola a 3-4 volte rispetto agli altri supercapacitori.
Perché è così importante?
Per poter utilizzare il supercapacitore nei veicoli, la sfida è proprio quella di ridurre i costi, il peso, e aumentarne la robustezza, intesa come abilità a funzionare in ambienti duri, sottoposti a sbalzi termici elevati.
Quali sono gli ambiti di utilizzo dei supercapacitori?
Attualmente vengono utilizzati per le pale eoliche. In quelle grandi c'è bisogno di inclinare leggermente le pale quando il vento è troppo forte, e per fare un'operazione così, che richiede molta potenza per breve tempo, il supercapacitore è lo strumento ideale. Alcune compagnie cominciano ad integrarli nelle metropolitane. Visto che i convogli si fermano per poco tempo, 30 secondi circa, e ripartono, i supercapacitori danno la possibilità di immagazzinare e utilizzare la potenza prodotta. Ma l'applicazione per cui stiamo lavorando noi è soprattutto quella delle veicoli di trasporto ibridi.
Perché fa riferimento solo a veicoli ibridi?
Il supercapacitore può essere montato accanto al motore a combustione o a una normale batteria elettrica ed essere sfruttato per accumulare energia durante le frenate e per le ripartenze, permettendo un risparmio di carburante, ad esempio, del 30%.
Ma questa funzione viene già svolta in alcune auto ibride con batterie.
Si, ma le batterie, essendo sovradimensionate, hanno una resa inferiore al supercapacitore. Inoltre attualmente le auto ibride richiedono un investimento, rispetto ad una normale auto a carburante, che viene ripagato con i risparmi sul consumo solo dopo 8-9 anni. E questo le rende poco convenienti.
E voi su cosa puntate?
Noi stiamo lavorando per rendere il supercapacitore più piccolo, leggero ed economico, in modo da permettere a chi acquista il veicolo di recuperare l'investimento iniziale in 2-3 anni, senza finanziamenti governativi.
Però niente auto elettriche a base di soli supercapacitori.
Per quanto riguarda i veicoli elettrici, per avere un'autonomia di 300-400 km, la batteria è più indicata. Ma possiamo rendere il supercapacitore complementare alla batteria in un veicolo, in modo che oltre ad aumentare il risparmio energetico allunghi anche la durata della batteria stessa, perché il capacitore sarebbe quello che lavora di più. L'obiettivo è ottenere un sistema che abbia la stessa durata di sopravvivenza dell'auto.
Quali sono i vostri tempi per la commercializzazione del vostro prototipo?
Nei prossimi mesi produrremo la nostra prima generazione di supercapacitori. Stiamo lavorando con alcune case automobilistiche. In un primo tempo li metteremo in commercio solo per applicazioni industriali. Nel 2012-2013 vorremmo renderlo disponibile per i veicoli.
Da quanto tempo lavorate a questo progetto?
Ci lavoriamo al MIT dal 2003. Nel 2008 sono arrivati i fondi dal governo americano, precisamente dal Dipartimento dell’energia. Nel 2010 si sono aggiunti fondi privati dallo Stato del Massachusetts.
In Italia una sinergia del genere sulla ricerca sembra un miraggio ...
In Italia c'è un enorme patrimonio umano con idee creative, alto valore ingegneristico e attenzione anche alle attività commerciali. La questione è: c'è possibilità di avere finanziamenti dallo Stato per queste ricerche? Ho incontrato anche investitori italiani e non vedo perché non si debba aprire anche in questo paese un settore imprenditoriale di questo tipo. Il ruolo dell'imprenditoria è fondamentale per lo la ricerca.
Dopo il disastro nucleare in Giappone, in molti discutono della necessità di puntare di più sulle rinnovabili.
Sono un sostenitore dell'energia rinnovabile. In Italia ad esempio punterei molto sul geotermico. Anche l'efficienza energetica è molto importante. Risparmiare il 30-40% con un sistema come quello del supercapacitore mi sembra significativo.

Qui si può leggere di una nuova applicazione del grafene allo storage di energia.