In Italia sono oltre 48 milioni i veicoli che circolano sulle strade, 15 milioni in più rispetto a 20 anni fa. Di questi, il 75%, circa 36 milioni, è rappresentato da autovetture private: un dato che fa dell’Italia uno dei Paesi con il più alto tasso di motorizzazione al mondo e che si traduce in un forte impatto sull’ambiente e sulla qualità dell’aria.
Il settore dei trasporti dipende infatti quasi totalmente dal consumo di prodotti petroliferi ed è responsabile in Italia di circa 1/4 del totale delle emissioni in atmosfera di sostanze climalteranti.
Nello specifico, i trasporti sono responsabili a livello nazionale del 43% del monossido di carbonio, del 51,7% degli ossidi di azoto, del 23,5% del PM10 e del 54,7% del benzene emessi in atmosfera. La percentuale sale ancora se consideriamo soltanto le aree urbane dove si concentra il maggior numero di veicoli circolanti. Basti pensare che auto, moto e veicoli commerciali sono responsabili del 50% delle polveri sottili di Roma o dell’84% degli ossidi di azoto di Napoli.
Una situazione che si traduce in costi elevatissimi in termini di sanzioni UE comminate al nostro Paese. La multa per i continui sforamenti nelle emissioni di PM10 dovrebbe aggirarsi intorno ai 700 milioni all’anno, superiore, secondo Legambiente, agli investimenti necessari per rendere operativo un piano nazionale di riduzione dell’inquinamento urbano, il cui costo sarebbe di 600 milioni l’anno.
A farne le spese è anche e soprattutto la salute. Secondo i dati diffusi recentemente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono circa 7 mila le morti premature provocate ogni anno dallo smog nelle sole Regioni del Nord Italia.
In questo scenario l’auto elettrica può dare un grande contributo in termini di sostenibilità della mobilità urbana. Attualmente il 13,3% delle autovetture circolanti in Italia sono Euro 0, quindi prive di qualsiasi dispositivo anti-inquinante, mentre soltanto l’1% dispone di motorizzazioni Euro 5. In questo contesto anche la sola sostituzione con veicoli elettrici del 10% del parco circolante complessivo porterebbe un significativo miglioramento della qualità dell’aria con unariduzione annua di circa 3.600 tonnellate di PM10, 55.000 tonnellate di ossidi di azoto (NOx) e 470 tonnellate di benzene.
Un obiettivo che, grazie alle prestazioni del tutto simili a quelle dei veicoli tradizionali e a un’autonomia che ormai supera i 160 km con una ricarica, sembra del tutto alla portata delle nuove auto elettriche in commercio o in via di commercializzazione: secondo dati CIVES, infatti, il 60% dei guidatori europei precorre meno di 30 km al giorno e più del 90% non supera i 100 km.
Ma il mercato è pronto? Sembrerebbe di sì. Secondo gli ultimi sondaggi di Deloitte e Gfk Eurisko, 7 italiani su 10 si dicono pronti a considerare l’acquisto di un’auto elettrica, a condizione, però, che vengano predisposte in maniera capillare leinfrastrutture di ricarica necessarie. Una conditio sine qua non di fondamentale importanza su cui molto si sta lavorando.
Un'alternativa possibile: il retrofit elettrico ibrido seriale per accelerare la migrazione verso la mobilità elettrica
Incentivi alla “riconversione” elettrica della mobilità a Bologna.
La mobilità di massa permessa dallo sviluppo delle automobili ha portato sicuramente grande giovamento al nostro benessere economico, minando tuttavia la vivibilità delle città e addirittura la nostra salute, rendendo l’aria pressoché irrespirabile.
Ci siamo adattati a vivere in sfere ambientali avvelenate perché implicitamente sappiamo bene che la soluzione sarebbe la riduzione della nostra mobilità, un deciso peggioramento del nostro stile di vita.
La situazione tuttavia insostenibile ha portato al moltiplicarsi delle giornate senz’auto in molte città, alla pedonalizzazione, alle targhe alterne e così via.
Ciò che serve, invece, è una rivoluzione sostenibile. In questo senso, oltre allo sviluppo urbanistico di piste ciclabili e aree pedonalizzate – per migliorare almeno la congestione del traffico – è sempre più necessario un intervento nella direzione di una sostituzione del parco auto attuale con veicoli elettrici non inquinanti.
Tale riconversione non solo farebbe da volano all’economia ma farebbe letteralmente rinascere le nostre città liberando l’aria dallo smog.
Se ancora non si vedono in giro colonnine per la ricarica elettrica (ma in realtà non è questo un reale problema...), molte case automobilistiche si stanno attrezzando per aggredire e dominare un mercato che non può attendere ancora a lungo. L’inevitabilità della riconversione elettrica è frenata probabilmente solamente da una certa inerzia della domanda e di una mancanza di intraprendenza e coraggio dell’offerta che però, se tentenna, è a causa sicuramente della crisi economica (che è anche crisi dei consumi) ma anche, e soprattutto, per l’inadeguatezza della rete elettrica attuale (aspettando la smart grid a fine decennio!) e di una mancanza della rete di rifornimento nonché degli standard comuni (per capirci, per mettere benzina in un serbatoio basta un buco, più complesso con il rifornimento elettrico). Messa tra parentesi la resistenza delle lobby petrolifere, quello che manca veramente è un forte volano pubblico in questa direzione.
Non per niente, se la situazione rimane complicata per le automobili, molto più semplice risulta l’uso e la diffusione di mezzi di trasporto elettrici come le biciclette e i motocicli. Infatti, almeno in questi ambiti sono comparsi qua e là gli incentivi alla mobilità elettrica.
Dal 22 settembre è partita anche a Bologna la campagna di incentivi per la riconversione innanzitutto dei motocicli: bici a pedalata assistita e scooter elettrici si possono quindi acquistare con forti incentivi che vanno dai 300 ai 600 euro.
Retrofit elettrico per le vetture esistenti, mantenendo una fruibilità accettabile anche su lunghe distanze
Ma anche per i veicoli potrebbe essere lanciata questa sfida tecnica: riconversione volontaria incentivata con norme di favore per l'accesso in città (che già ci sono...) per chi trasforma in veicolo ibrido seriale a trazione elettrica e ricaricabile da rete un veicolo a trazione termica, riducendo ad un terzo il serbatoio originario. Per fare questo occorre l'introduzione nell'ordinamento tecnico italiano (in altri paesi europei questa possibilità esiste già) di operare oculate modifiche ad un veicolo senza il consenso del produttore, utilizzando kit omologati.
La riduzione ad un terzo della capacità originaria del serbatoio, consente nello spazio lasciato libero di installare un modulo specifico per quel modello di vettura contenente la batteria agli ioni di litio (meglio se litio polimeri, della capacità di alcuni kWh: circa 10); va sostituito all'interno della scatola del cambio il gruppo frizione con un motore elettrico piatto (da 40 a 60 kW), raffreddato a liquido. All'interno del vano motore verrebbe alloggiato l'inverter e l'elettronica di controllo, incluso il carica batteria (raffreddati a liquido) e un supercapacitore (a materiali nanostrutturati, quanto prima) per recuperare più efficacemente energia durante le decelerazioni e ridurre il carico di lavoro per la batteria di trazione. L'inverter potrebbe in opzione essere strutturato per assolvere le funzioni di caricabatteria aggiungendo più linee di potenza bidirezionali e relative protezioni, oltre che gli altri flussi di energia durante i vari stati di funzionamento del veicolo. All'interno della scatola del cambio verrebbe alloggiato un rinvio meccanico inseribile, gestito dall'elettronica del veicolo, per collegare il motore termico direttamente alle ruote nelle andature autostradali per aiutare il motore elettrico. Il sistema di gestione provvederebbe a ricaricare la batteria di trazione mediante inversione dei flussi di energia durante i rilasci o i tratti in discesa. L'autonomia combinata elettrica e termica di un veicolo del genere potrebbe essere attorno ai 300 km, ricaricabili su strada in qualsiasi distributore di carburante.
La riduzione ad un terzo della capacità originaria del serbatoio, consente nello spazio lasciato libero di installare un modulo specifico per quel modello di vettura contenente la batteria agli ioni di litio (meglio se litio polimeri, della capacità di alcuni kWh: circa 10); va sostituito all'interno della scatola del cambio il gruppo frizione con un motore elettrico piatto (da 40 a 60 kW), raffreddato a liquido. All'interno del vano motore verrebbe alloggiato l'inverter e l'elettronica di controllo, incluso il carica batteria (raffreddati a liquido) e un supercapacitore (a materiali nanostrutturati, quanto prima) per recuperare più efficacemente energia durante le decelerazioni e ridurre il carico di lavoro per la batteria di trazione. L'inverter potrebbe in opzione essere strutturato per assolvere le funzioni di caricabatteria aggiungendo più linee di potenza bidirezionali e relative protezioni, oltre che gli altri flussi di energia durante i vari stati di funzionamento del veicolo. All'interno della scatola del cambio verrebbe alloggiato un rinvio meccanico inseribile, gestito dall'elettronica del veicolo, per collegare il motore termico direttamente alle ruote nelle andature autostradali per aiutare il motore elettrico. Il sistema di gestione provvederebbe a ricaricare la batteria di trazione mediante inversione dei flussi di energia durante i rilasci o i tratti in discesa. L'autonomia combinata elettrica e termica di un veicolo del genere potrebbe essere attorno ai 300 km, ricaricabili su strada in qualsiasi distributore di carburante.
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