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mercoledì 30 maggio 2012

Ohikia, come funziona?

SOLARE TERMODINAMICO PER USO DOMESTICO ED INDUSTRIALE

Il sito internet della start-up Ohikia illustra un nuovo sistema per la generazione di energia da fonti rinnovabili che rientra nella categoria del  "solare termodinamico” (detto anche CSP – Concentrating Solar Power), in grado di convertire l'energia solare in energia termica a un livello di temperatura sufficientemente elevato da generare calore per usi industriali o residenziali, oppure essere convertita in energia elettrica.

Rispetto alle soluzioni similari già presenti sul mercato, l'impianto Ohikia introduce alcune importanti innovazioni  a livello di materiali  utilizzati e design industriale che rendono il sistema completo, capace di maggiore efficienza energetica e maggiore scalabilità̀,̀ adatto e conveniente in applicazioni sia residenziali che industriali.

Un sistema modulare adattabile a esigenze specifiche
Il sistema Ohikia è stato sviluppato per fornire un vettore termico a temperature comprese tra 100 e 200°C  accoppiato ad un innovativo sistema di accumulo del calore in grado di essere utilizzato per produrre:

  • Energia Elettrica
  • Acqua calda per uso sanitario e per riscaldamento
  • Vapore industriale
  • Condizionamento
  • Frigorie per il ciclo del freddo
  • Calore per uso industriale


Una tecnologia innovativa e sicura

COLLETTORI PIANI a CONCENTRAZIONE:
- I collettori sono realizzati sfruttando principi di ottica senza focalizzazione di immagine, in grado di convogliare efficientemente la radiazione solare sull'assorbitore indipendentemente dalla direzione di provenienza e senza sistemi attivi di tracking.

-Le temperature raggiunte in condizioni di regime negli assorbitori possono arrivare a 250° C, sufficienti a riscaldare il fluido termovettore del circuito fino a valori di 200° C.

- Per le applicazione più critiche e/o per aumentare la sicurezza di funzionamento è possibile affiancare un sistema di protezione attivo in grado di salvaguardare il prodotto da sovratemperature e da eventuali danni causati da grandine.

BATTERIA TERMICA:
- La particolare configurazione del sistema prevede l'accumulo della radiazione solare sotto forma termica, in modo tale da servire contemporaneamente tutte le tipologie di utenze collegate e permettere lo sfruttamento combinato e più efficiente dell'energia immagazzinata.

- L'accumulo di energia termica ad una temperatura che può essere scelta tra 100 e 200 °C a seconda delle necessità, avviene grazie alla tecnologia PCM (Phase Change Material) tramite una nuova classe di composti appositamente sviluppati da Ohikia. A differenza delle soluzioni attualmente in commercio, la miscela è composta da sostanze atossiche, non corrosive, nè dannose per l'ambiente, rendendo il sistema sicuro e compatibile con un uso anche residenziale.

- Il calore necessario alle varie applicazioni è fornito con ridotte variazioni temperatura del PCM, ottimizzandone il funzionamento in virtù del ridotto intervallo e permettendo alle apparecchiature di operare in condizioni di lavoro stabili.

- Il modulo standard per uso residenziale delle dimensioni 90 (L) x 80 (P) x 180 cm (H) consente di accumulare circa 70 kWht, in grado di alimentare un impianto di riscaldamento per una abitazione di 100 m² per 10 h, oppure di erogare 7 kWh di energia elettrica.
Per uso industriale Ohikia propone moduli delle dimensioni di un container ISO 20 ft. e dalla capacità di accumulo di 2.7 MWht.

- La progettazione modulare del PCM permette di aumentare la capacità di accumulo del sistema in maniera tale da soddisfare anche l'utenza più esigente.


UTENZE:
- Il sistema completo prevede l'installazione di una serie di utenze ottimizzate per massimizzare il rendimento complessivo, permettendo un utilizzo più efficiente dell'energia accumulata. In caso di impianti preesistenti, è possibile studiare una soluzione che permetta di allacciare la fornitura di energia alle utenze già presenti.


Una crescita modulare in base alle esigenze





Per approfondire.

Ohikia srl  - Via San Maurizio al Lambro n. 1 (angolo V.le Italia) - 20099 Sesto San Giovanni (MILANO) - Tel +39 02.84544115

martedì 21 febbraio 2012

Rifornimenti elettrici: entro pochi anni, prestazioni e funzioni che cambiano lo scenario di utilizzo dei veicoli elettrici

Auto elettriche, l'industria promette ricariche complete in cinque minuti
Presto per le batterie stessi tempi del benzinaio. Oggi per fare il pieno ci vuole almeno mezzora, cinque minuti per una ricarica da 30 km di autonomia.

Si avvicina il futuro dell'auto elettrica. Un "pieno" di energia in cinque minuti, lo stesso tempo di un pieno di carburante da un benzinaio è la promessa dell'industria sul tema. E' questa la nuova frontiera della mobilità più alternativa. Servirà ancora qualche anno e batterie sofisticate su larga scala. Ma la prospettiva non è fatto lontana. Ora il tempo minimo è di 30 minuti in corrente continua, 5 minuti per una ricarica parziale, mentre sono quattro le ore di ricarica completa a corrente alternata in caso di una lunga sosta in parcheggio come casa o ufficio.
Ebbene, due colonnine a ricarica ultra rapida sono state posizionate in maniera stabile nella sede di Sesto San Giovanni, vicino Milano, della Abb Italia, che rappresenta nel nostro Paese il colosso svizzero nelle tecnologie per l'energia e l'automazione.
«La ricarica standard in corrente alternata - spiega Abb Italia - è possibile quando l'auto resta per qualche tempo in sosta in un parcheggio, ad esempio a casa o in ufficio. Occorrono circa 4 ore per una carica completa, in base alle dimensioni della batteria e alla potenza disponibile. La corrente continua offre una modalità di ricarica rapida, adatta per cambi di programma imprevisti o lunghi spostamenti. In questo caso, bastano 30 minuti per una ricarica completa e solo 5 minuti per una ricarica parziale, corrispondente a un'autonomia di 30 km per il veicolo. Le due soluzioni coesistono all'interno del sistema infrastrutturale integrato di mobilità elettrica e sono quindi totalmente sinergiche, non inantagonismo».
I caricatori in corrente continua di Abb ricaricano un veicolo in 30 minuti, fornendo alla batteria 25 kilowattora (kWh) di energia. Un veicolo elettrico consuma tra 150 e 200 wattora (Wh) al chilometro, quindi 25 kWh corrispondono a un'autonomia di percorrenza compresa tra 125 e 170 km, in base alla velocità media.
Equivalgono a circa 2 ore di guida in autostrada in condizioni 'normali'. Per quanto riguarda il pieno in cinque minuti, i primi caricatori ultrarapidi saranno installati a bordo di mezzi pesanti e veicoli di servizio a corto raggio.
L'implementazione è prevista entro il 2015. Questa ricarica è la soluzione ideale per taxi e veicoli commerciali leggeri, e Abb sta lavorando per applicarla a mezzi pesanti come camion e autobus. Anche i traghetti a breve percorrenza potranno utilizzare l'alimentazione a batteria con la ricarica rapida.
Secondo le stime di Abb, l'investimento nelle infrastrutture di ricarica sarà di oltre un miliardo di dollari all'anno di qui al 2015. Stime destinate a salire se si includono anche le applicazioni per veicoli pesanti.
Inoltre uno studio della Banca Mondiale pubblicato nell'aprile del 2011 calcola che entro il 2020 il volume di vendita globale dei veicoli plug-in rappresenterà il 10% delle vendite di nuovi veicoli, e che tra 10 anni il mercato mondiale dei veicoli elettrici varrà 250 miliardi di dollari.

venerdì 30 dicembre 2011

Ohikia: io vado a "Sole" e ci faccio tutto!! Appuntamento a fine 2012.



Arriverà alla fine dell'anno il pannello solare che produce caldo, freddo ed energia elettrica in piena autonomia: brevetto italiano

C'è sempre un modo migliore e meno costoso per fare le cose meglio.

Fonte principale. Per approfondire: applicazioni e funzionamento
L'idea a Francesco Negrisolo è nata proprio con la classica illuminazione improvvisa, quella dell'eureka di Archimede. Ma da quando gli è piovuta nella testa ha continuato a svilupparsi, mese dopo mese e anno dopo anno, fino a coinvolgere altre persone che hanno cominciato a crederci come lui, fino a diventare un progetto e poi un prototipo, a convincerlo a lasciare il proprio lavoro per dedicarsi quasi solo al suo sviluppo fondando una società, fino a trovare il sostegno dei "business angels", gli angeli degli imprenditori che hanno deciso di finanziare la sua impresa e rischiare con lui. E adesso l'idea di Francesco Negrisolo sta per diventare un prodotto pronto per il mercato.
Quello che ha inventato è un nuovo sistema per sfruttare l'energia solare, un pannello capace di concentrare i raggi della nostra stella per arrivare a temperature molto più alte di quelle dei normali pannelli per la produzione di acqua calda. Però senza i complicati sistemi di cui hanno bisogno gli impianti del solare termodinamico tradizionale, quelli con i grandi specchi parabolici che seguono la posizione del sole e riflettono tutti i raggi verso un unico punto dove c'è una cisterna da portare a oltre 300 °C. Il calore assorbito dal pannello potrà poi facilmente essere trasformato in acqua calda per il riscaldamento e per lavarsi, in freddo per gli impianti di condizionamento, in energia elettrica. Meglio ancora, avrà un sistema di immagazzinamento che renderà ogni impianto completamente autonomo. Un palazzo, una villetta, una piccola impresa quando monteranno questo sistema non avranno, in teoria, nemmeno bisogno di allacciarsi alla rete elettrica e potranno davvero fare tutto da sé.
Quando Negrisolo ha cominciato a pensarci aveva da poco lasciato Pirelli Cavi, dove si occupava di progettare fibre e amplificatori ottici, forte di un'esperienza fatta alla Stet sempre dedicandosi a cercare di realizzare il miglior hardware per la trasmissione di segnali. Il suo mestiere era diventata la progettazione di impianti di energia per grandi aziende come Eni ed Enel.
Ed è proprio dall'unione di tutte queste esperienze, racconta, che è nata l'idea del nuovo sistema, capace di trasformare un pannello che assomiglia moltissimo a quelli tradizionali termici in un piccolo impianto di solare termodinamico. Invece di scaldare una miscela di acqua fino a 80-100 °C, infatti, la temperatura del liquido che circola nel pannello può arrivare anche a 250 °C. «La luce viene in un certo senso raddrizzata, grazie a un sistema di specchi, ma non solo, ci sono tanti principi che lavorano insieme. Diciamo che il risultato è un sistema capace di catturare la luce ovunque sia il sole senza bisogno di inseguirlo con sistemi meccanici che spostino il pannello», racconta. E il pannello, proprio come quelli termici tradizionali, è in grado di raccogliere anche l'energia diffusa, quella delle giornate nuvolose, e non solo la luce diretta.
Accanto a lui siedono Maria Cristina Rosso, project manager della società che hanno fondato insieme dopo essersi conosciuti lavorando in Pirelli, e Roberto Campagnola, il loro "business angel". Anche Maria Cristina Rosso, ingegnere come Negrisolo, ha lasciato quello che stava facendo per credere in questa avventura «perché mi piacciono le sfide, la tecnologia e il futuro». È lei che ha scelto di chiamare la loro start up Ohikia, una parola greca che indica la casa, ma anche nel senso della propria famiglia e della propria stirpe: qualcosa che è destinato a durare e ad essere solido, insomma. Campagnola arriva da quel gruppo di scout delle nuove idee imprenditoriali che si sono dati il nome di Italian Angels for Growth: 89 soci che abbracciano quasi tutta l'Italia e che, quando trovano un progetto valido, decidono di aiutarlo a crescere investendo direttamente i propri soldi. In questo caso Campagnola è proprio entrato a far parte della nuova società.
Ma cosa succede al calore raccolto dai nuovi pannelli, che più correttamente vengono chiamati "collettori solari"? Qui c'è la seconda novità. Il calore viene immagazzinato in una "batteria termica" che ha le dimensioni di un grosso frigorifero. Le batterie di questo genere esistono già, non le ha inventate Negrisolo. Lui però ha trovato una miscela molto semplice del liquido con cui funzionano che può lavorare bene tra 100 e 200 °C.
Un particolare del pannello: la luce viene raddrizzata da un sistema capace di catturare la luce ovunque sia il sole senza bisogno di inseguirlo con sistemi meccanici che spostino il pannello. Il pannello è in grado di raccogliere anche l'energia diffusa, quella delle giornate nuvolose, e non solo la luce diretta.

Le batterie termiche, come i pannelli, sono un sistema modulare: a seconda delle esigenze ciascuno può scegliere quante installarne. Per una famiglia, una dovrebbe essere sufficiente: meno di 2 metri cubi di batteria possono accumulare energia termica pari a 75 kWh. «Per l'uso domestico limiteremo anche la temperatura a 160 °C. Ma la cosa più importante è che la nostra batteria si può adattare facilmente a diverse temperature di utilizzo».

Questo, spiega l'ingegnere, è un po' il cuore del sistema Ohikia. Perché è da qui che parte il vero sfruttamento dell'energia assorbita. Il primo uso è ovviamente quello del riscaldamento: non solo quello domestico, ma anche il riscaldamento che può servire a laboratori o piccole industrie come i birrifici o gli impianti di essicazione, per esempio. Oppure il calore può essere trasferito a un "chiller", ossia un apparecchio che trasforma il caldo in freddo, per rifornire impianti di condizionamento oppure frigoriferi grandi e piccoli, come quelli di un supermercato. Infine, il calore può passare a un generatore di corrente elettrica. Ma non un generatore tradizionale, né una turbina «che si romperebbe in fretta e avrebbe comunque un'efficienza bassissima». Ohikia si è rivolta a un partner specializzato nei sistemi di generazione per mettere a punto una versione particolare di un generatore che lavora con gas che si espandono a pressione costante.
Così ha ottenuto un apparecchio capace di funzionare con basse differenze di temperatura, aumentando l'efficienza. In più, quando si produce energia elettrica c'è una parte di calore residuo che può essere ancora sfruttata per riscaldare o raffreddare. E per rendere il sistema davvero completamente autonomo, il generatore di corrente è previsto con una sua batteria di accumulo che consenta di non farlo partire solo perché si accende una lampadina nella casa.
Alla fine sembra un sistema piuttosto complicato e che rischia di diventare costoso. Ma non è così. «Prima ci siamo preoccupati di trovare le migliori soluzioni, senza preoccuparci dei costi. Poi però abbiamo pensato alla realizzazione industriale e alla fine è tutto fatto in maniera molto semplice, con molta meccanica e poca elettronica e materiali di uso comune», spiega Negrisolo. E il costo è attorno ai 13 centesimi di euro per chilowatt, quasi la metà di un impianto fotovoltaico e all'incirca il costo dell'energia di un grande impianto di solare termodinamico. Ma il vero miracolo che il sistema Ohikia promette di realizzare è quello di poter fare tutto, calore, freddo, energia elettrica, e per tante esigenze diverse, dallo chalet di montagna alla piccola industria. Basta aumentare il numero di pannelli, i moduli delle batterie, la dimensione del generatore e chiunque potrà farsi tutta l'energia che gli serve.


IL GREEN CHE PIACE AGLI ANGELI
I business angel di Italian Angels for Growth investono su Ohikia, innovativa tecnologia per il solare termodinamico sviluppata in Italia

Italian Angels for Growth, (IAG, http://www.italianangels.net) il principale gruppo italiano di business angel, annuncia la chiusura di un nuovo investimento da parte di un gruppo di propri soci in una start-up italiana del cleantech.
Si tratta di Ohikia, azienda lombarda di Sesto San Giovanni, che ottiene un primo investimento seed da 340 mila euro, che saranno indirizzati allo sviluppo del prodotto.
L’investimento segue a ruota quello annunciato da IAG la scorsa settimana in On-Sun Systems, altra
azienda startup del cleantech, settore che, grazie ai passi avanti fatti negli ultimi anni nella ricerca e
sviluppo di nuove soluzioni, vede ora il moltiplicarsi di validi e innovativi progetti d’impresa e riesce a
attirare sempre più capitali.

OHIKIA
Ohikia è un nuovo sistema per la generazione di energia da fonti rinnovabili che rientra nella categoria del "solare termodinamico” (detto anche CSP – Concentrating Solar Power), in grado di convertire l'energia solare in energia termica a un livello di temperatura sufficientemente elevato da generare vapore industriale, energia termica o essere convertita in energia elettrica.
Rispetto alle soluzioni similari già presenti sul mercato, l'impianto Ohikia introduce alcune importanti innovazioni a livello di materiali utilizzati e design industriale che rendono il sistema completo, capace di maggiore efficienza energetica e maggiore scalabilità, cioè adatto e conveniente in applicazioni sia domestiche che industriali.
Roberto Campagnola, business angel IAG che ha gestito l’operazione in Ohikia, sintetizza così le ragioni dell’investimento.
"La soluzione Ohikia è estremamente interessante perchè, nel campo del solare termodinamico a media temperatura, si rivolge a un segmento di mercato, quello residenziale e delle piccole e medie imprese, oggi non coperto da alcuna soluzione. Ohikia ha concepito un sistema compatto e stabile, che deriva da un serio lavoro di ricerca e sperimentazione durato quasi 5 anni; inoltre, ha un rapporto costo/prestazioni decisamente superiore rispetto alle soluzioni di fotovoltaico o di solare termodinamico a media temperatura attualmente in commercio. L'obiettivo di mercato è fine 2012".

Cliccare qui per approfondire le applicazioni e il funzionamento.

Alcuni spunti di scenario:
- I Paesi maggiormente impegnati nel solare termodinamico sono USA e Spagna, mentre l’Italia è rimasta frenata nello sviluppo di questo tipo di tecnologia, per cause anche normative, ma recupera il gap grazie a una filiera industriale completa e molto fermento tecnologico
- Nel corso del 2010 la potenza installata in impianti solari termodinamici (anche chiamati CSP – Concentrated Solar Power) si è ulteriormente ampliata sino a raggiungere quota 987 MW, contro i 655 MW della fine del 2009. Una crescita di oltre il 50% favorita da una maggiore efficienza tecnologica
- Lo sviluppo di soluzioni e d’innovazione tecnologica CSP si è sempre focalizzata su impianti di
grandi dimensioni, ma recentemente si è cominciato a parlare di mini CSP per utenza residenziale e PMI. Nel nostro Paese, normative comunitarie e obblighi di legge (vedi da ultimo Decreto 28/11 sugli obblighi d’integrazione delle rinnovabili negli edifici) favoriscono la crescita della domanda.Ohikia realizza un innovativo sistema solare termodinamico distribuito per applicazioni domestiche ed industriali. L'impianto si basa su due elementi principali: un sistema di "accumulo" basato sull'utilizzo di materiali a cambiamento di fase fisica (Phase Change Materials) e collettori solari a concentrazione che sfruttano principi ottici brevettati di multi-rifrazione, e quindi non necessitano di sistema di tracking. Il sistema è in grado di convertire l'energia solare in energia termica a un livello di temperatura sufficientemente elevato da generare vapore industriale, energia termica o essere convertita in energia elettrica.Sede: Sesto San Giovanni, Italia.
Settore: CleanTech.
Data investimento: Luglio 2011.
Tipo di investimento: Seed.
Ammontare investito dai soci IAG: € 240.000.

Fonti MIP – Solar Energy Report, Anest, Assolterm IAG

Italian Angels for Growth, associazione indipendente no-profit nata nel 2007, conta 90 business angel accomunati dallo scopo di supportare e finanziare progetti industriali in fase early stage che presentino un alto contenuto di innovazione e potenziale di crescita. Attraverso gli investimenti dei propri soci, IAG sostiene l’imprenditorialità, l’innovazione e la ricerca nel nostro Paese e in Europa contribuendo a favorire uno sviluppo sostenibile nel lungo termine.

I soci IAG realizzano investimenti da €300.000 a €800.000 destinati a startup innovative italiane ed estere, grazie alla composizione e all’alta esperienza internazionale della maggior parte dei suoi membri.
A oggi, IAG ha esaminato un deal flow di oltre 1200 opportunità d’investimento e circa trenta proposte sono state selezionate dai soci per l’investimento. Gli investimenti già effettuati da soci IAG sono complessivamente quattordici (in undici società, tre delle quali hanno ricevuto un doppio round d’investimento) e ammontano a circa 4 milioni di euro.

http://www.italianangels.net

lunedì 31 ottobre 2011

Pneumatici: autocertificazione dell'etichetta sintetica delle prestazioni


Un adesivo descriverà sinteticamente i pneumatici


Dall’anno prossimo un’etichetta applicata sul battistrada riassumerà le prestazioni fondamentali di ogni gomma. Un aiuto per individuare quella più adatta alle nostre esigenze.
In base a una normativa europea, dal 12 novembre 2012 i pneumatici prodotti dal mese di luglio dello stesso anno dovranno avere sul battistrada un adesivo (identico per tutti i costruttori) con indicate le prestazioni principali del prodotto, in base a una graduatoria che va da A a G. Si tratta di un sistema simile a quello già in uso per la classificazione energetica degli elettrodomestici.

Nel caso dei pneumatici, l’etichetta è un’autocertificazione delle case che, dopo i test effettuati nei propri centri di ricerca, danno un voto al proprio prodotto secondo standard uguali per tutti. Queste analisi riguardano tre aspetti importanti del pneumatico: la resistenza al rotolamento (influisce sui consumi di carburante), l’aderenza sull’asfalto viscido (da cui dipende l’efficacia della frenata) e la rumorosità. Certo, queste informazioni non bastano per sapere tutto di una gomma, comunque sono una buona base di partenza per orientarsi nella scelta.

sabato 29 ottobre 2011

15mila Nissan Leaf consegnate ad un anno dall'inizio della produzione ed entro il 2016 almeno altri 3 EVs

Nissan 2016: Nuovo piano ambientale a breve termine ed espansione della gamma dei veicoli a trazione elettrica, dopo un anno di produzione della capostipite LEAF consegnata in 15mila esemplari in meno di 10 mesi.

Intento dell'azienda raggiungere la leadership nel campo delle emissioni zero: vendite complessive di 1,5 milioni di veicoli a emissioni zero entro il 2016 attraverso l'Alleanza Renault-Nissan e sviluppo di un nuovo veicolo elettrico a celle di combustibile (FCEV), in collaborazione con Daimler

Nissan Motor Co., Ltd. ha presentato i giorni scorsi Nissan Green Program 2016 (NGP 2016), il nuovo piano ambientale della durata di sei anni che si concentrerà su tre principali aree: riduzione delle emissioni di anidride carbonica, passaggio alle energie rinnovabili e ampliamento della gamma di risorse utilizzate da Nissan.
Terzo piano ambientale a medio termine della società, il Nissan Green Program 2016 intende conseguire i seguenti obiettivi entro la fine dell'esercizio fiscale 2016:
- Leadership nel campo delle emissioni zero: vendite complessive di 1,5 milioni di veicoli a emissioni zero tramite l'Alleanza Renault-Nissan
- Leadership per efficienza dei consumi: miglioramento del 35% nell'economia dei consumi rispetto al 2005, su una media aziendale per tutti i veicoli Nissan venduti in Giappone, Cina, Europa e Stati Uniti
- Leadership nella riduzione delle emissioni aziendali di anidride carbonica: riduzione delle emissioni di CO2 pari al 20% per veicolo, in termini di attività aziendali, rispetto al 2005
- Migliore percentuale di riciclaggio a circuito chiuso: aumento del tasso di utilizzo dei materiali riciclati al 25%.
"Sempre più consumatori chiedono prodotti in linea con i loro valori, inclusi veicoli commerciali e vetture con un basso tasso di emissioni di anidride carbonica. Allo stesso tempo, stiamo cercando di sfruttare le tecnologie per rendere i nostri stabilimenti più ecologici e più efficienti," ha dichiarato Carlos Ghosn, Presidente e Chief Executive Officer di Nissan.
"Nissan intende offrire il proprio contributo alla creazione di una società sostenibile, per il bene del pianeta e per ottenere un vantaggio competitivo significativo e un fattore di differenziazione strategico nel settore industriale internazionale."

Il contributo di imprese come Nissan è indispensabile per affrontare entro la fine del secolo le sfide demografiche, economiche e sanitarie che si troverà davanti l'umanità e il Pianeta che abita.
Andamento dal XX al XXI secolo delle variabili demografiche, disponibilità di risorse naturali e materie prime, cibo pro capite, servizi e produzione industriale pro capite, inquinamento nel mondo. 
Il piano NGP 2016 rappresenta il pilastro della sostenibilità della Blue Citizenship di Nissan, cioè la piattaforma strategica della società nell'ambito della responsabilità sociale d'impresa. Blue Citizenship si focalizza su tre aree: sostenibilità, mobilità e comunità. L'annuncio odierno relativo al programma NGP 2016 rappresenta la prima di molte iniziative aziendali nell'ambito di Blue Citizenship.
Le azioni previste dal piano NGP 2016 includono, nel dettaglio:
1) Leadership nel campo delle emissioni zero: vendite complessive di 1,5 milioni di unità di veicoli a emissioni zero entro il 2016 attraverso l'Alleanza Renault-Nissan e sviluppo, nell'ambito dell'Alleanza, di un nuovo veicolo elettrico a celle di combustibile (FCEV), in collaborazione con il partner strategico Daimler.
2) Leadership per efficienza nei consumi: miglioramento del 35% nell'economia dei consumi rispetto al 2005 su una media aziendale, grazie al lancio di prodotti in grado di garantire un'efficienza dei consumi leader di categoria in un'ampia gamma di segmenti in Giappone, Nord America, Europa e Cina, tra cui:
- Un nuovo sistema ibrido a trazione anteriore per i veicoli appartenenti al segmento C o superiore
- Un nuovo modello ibrido di tipo plug-in basato sull'esclusiva tecnologia Nissan
- Introduzione di una trasmissione a variazione continua (CVT) di ultima generazione e 20 milioni di unità di CVT prodotte complessivamente dal primo lancio avvenuto nel 1992
3) Leadership nella riduzione delle emissioni aziendali di anidride carbonica
- Riduzione delle emissioni di CO2 prodotte dalle attività aziendali del 20% per veicolo, rispetto al 2005, attraverso:
- Ampliamento della portata degli obiettivi misurabili, inclusi logistica, uffici e concessionarie, oltre ai siti di produzione
- Introduzione delle fonti di energia rinnovabile per gli stabilimenti di produzione e i siti correlati
4) Migliore percentuale di riciclaggio a circuito chiuso grazie alla definizione di un obiettivo di riciclaggio, primato assoluto nell'industria automotive, e all'adozione di uno schema di riciclaggio a circuito chiuso completo, inclusi acciaio, alluminio e materiali plastici. I punti chiave sono:
- Raggiungimento di un tasso di utilizzo delle risorse riciclate del 25% entro il 2016
- Con la collaborazione dei partner del settore, utilizzo dei materiali riciclati dagli scarti di produzione e dai veicoli a fine vita per la produzione di nuovi veicoli
- Riduzione del consumo di materiali rari.


Le vendite delle auto elettriche in USA: come vanno Leaf e Volt
La battaglia, se così si può dire viste le quantità in gioco, aperta alla fine dell'anno passato tra i costruttori giapponesi e statunitensi sulla supremazia nelle vendite delle auto elettriche negli Stati Uniti sembra favorire i primi. Va bene, i numeri sono ancora piccoli ma come sempre nella vita le partenze sono lente poi piano piano o velocemente crescono secondo variabili inconoscibili in anticipo. I piccoli numeri dell'inizio dell'anno davano l'ibrida seriale plug-in della Chevrolet come la più amata tra gli acquirenti consapevoli americani, ma le cose sono cambiate precipitosamente ad aprile quando si è visto un rovesciamento di campo, un picco il mese successivo ed una altalena che dura da sei mesi a favore della Leaf, vettura della Nissan.
Volt e Leaf, la partita se la giocheranno da ottobre in poi quando vedremo l'ulteriore assestamento delle vendite della casa giapponese dopo gli eventi del terremoto e dello tsunami che hanno inciso seriamente sulla produzione.
Due concezioni diverse di auto elettriche, due filosofie diverse, per utenti diversi, quelli dell'auto ibrida seriale che permette lunghe percorrenze ma costi più alti d'acquisto e gestione, quelli delle auto elettriche al 100% per percorsi cittadini o interurbani a breve raggio, sia pure importante.
Attendiamo però anche gli altri competitor che si affacceranno sul mercato statunitense dalla primavera dell'anno prossimo per avere uno spettro più ampio di visione.





I programmi di produzione della Leaf e come viene fatta
La produzione annua congiunta dell'alleanza Renault-Nissan sarà di 500.000 veicoli dal 2015. Per quanto riguarda Nissan:
20.000 Leaf a Oppama e Zama (Giappone) per le batterie nel 2011 nel 2011, 50.000 dal 2012
150.000 negli Stati Uniti (200.000 batterie) a Smyrna, Tennessee dal 2012
50.000 a Sunderland (UK) per l'Europa dal 2013, con le batterie.
La grande complessità delle automobili odierne impone ai tecnici enormi sforzi progettuali non solo in fase di impostazione tecnica del veicolo, ma anche nella definizione dei processi di fabbricazione del prodotto, dalle materie prime alla consegna della vettura finita.
Lo sviluppo dei sistemi produttivi, che di buona norma procede in contemporanea all'avanzamento della progettazione dell'automobile, è un fattore chiave per il successo di un modello, sebbene rimanga generalmente sconosciuto al cliente finale. Per questo il lancio di un nuovo modello coincide spesso con l'avvio di nuove tecnologie o metodi riguardanti, ad esempio, l'allestimento delle fabbriche e delle linee di montaggio. L'acquirente finale probabilmente ne resterà all'oscuro, mentre il progettista deve tener conto del processo di produzione dal primo istante in cui si accinge a disegnare un qualsiasi componente.
Nel caso di un prodotto rivoluzionario come la nuova Nissan Leaf, eletta Auto dell'anno 2011 in Europa e World car of the year 2011, nella quale la trazione elettrica modifica l'intera architettura dell'automobile, la definizione del ciclo di produzione pone delle sfide inedite ai progettisti, che necessitano soluzioni originali e brillanti.
Ma fortunatamente i giapponesi sono considerati i migliori in questo campo e posseggono un ricco know-how riguardo la semplificazione dei processi logistici e la standardizzazione di sistemi di fabbricazione modulari e facilmente adattabili. Anche nel caso della Nissan Leaf sono riusciti a sviluppare una serie precisa di processi integrati che dovrebbe garantire un prodotto finale di qualità, nonostante l'auto elettrica non sia ancora un prodotto tecnologicamente maturo e che si evolverà per i prossimi 5, 10 e 20 anni con step intermedi di cinque anni (un po' come per l'industria informatica che ogni due anni più che raddoppiavano le prestazioni a parità di prezzo).
Nello stabilimento di Oppama vicino Yokohama sono addirittura riusciti a realizzare le più importanti fasi di assemblaggio della Leaf sulla stessa linea di montaggio di altri modelli di concezione tradizionale, secondo differenti lotti. Entro due anni Nissan si è impegnata ad esportare la fabbricazione della Leaf in America, nello stabilimento di Smyrna in Tennessee (150.000 all'anno), ed in Inghilterra, a Sunderland (50.000 all'anno), sulla stessa linea della Juke.
Leaf è una vettura a trazione completamente elettrica, pertanto motore, trasmissione e batterie non hanno nulla a che vedere con quello delle altre vetture di Nissan. Tuttavia la scocca è realizzata in comune acciaio alto resistenziale che viene prodotto e verniciato tramite gli stessi processi con cui si realizzano le altre vetture della Casa, così come gli interni ed il reparto sospensivo.
Le batterie agli ioni di litio, composte di 48 moduli da 4 celle ognuno, vengono realizzate nella fabbrica di Zama in partnership con NEC, ed assemblati ad Oppama nello stabilimento Nissan. Si tratta di un processo totalmente automatizzato, che richiede una manodopera minima.
La produzione del motore elettrico, capace di 80 kW di potenza massima e di 280 Nm di coppia. Anche in questo caso l'intervento umano si limita alla supervisione dei robot, ma in questo caso la fabbrica è quella di Yokohama, poco distante. Per ridurre gli ingombri ed aumentare la flessibilità dei macchinari, sono state sviluppate innovative stazioni di avvolgimento delle spire rameiche del propulsore, particolarmente compatte. Una volta sperimentate queste attrezzature saranno messe in dotazione anche agli impianti anglosassoni e statunitensi.
L'inverter, che come il motore è stato interamente progettato da Nissan, trasforma la corrente continua erogata dalla batteria nella corrente alternata necessaria per alimentare il motore sincrono. Consta di un case metallico realizzato per fusione e di una circuiteria di elettronica di potenza interna inserita da appositi robot di precisione. Per produrlo sono necessari due stabilimenti differenti, ma di superficie ridotta.
Lo stampaggio dei lamierati, l'assemblaggio e la verniciatura delle scocche è un altro processo estremamente automatizzato, che richiede grandi investimenti finanziari per l'allestimento delle macchine. Per rendere il processo produttivo, è necessario lavorare una settantina di veicoli all'ora. Quindi di norma tutti i costruttori cercano di utilizzare lo stesso impianto per lotti di differenti modelli, standardizzando i procedimenti ed i materiali impiegati. La Leaf viene prodotta sulla stessa linea di montaggio di Note, Juke e Cube, tutti motori a trazione convenzionale. Le lamiere vengono stampate, saldate insieme e verniciate.
Le differenze di processo più rilevanti avvengono durante l'assemblaggio finale, condotto dagli operai giapponesi (le macchine svolgono principalmente la funzione di trasferitori). In fase di montaggio del powertrain sulla scocca, viene introdotto il pacco batterie invece del posto del serbatoio e viene inserito il motore elettrico, mentre le altre vetture ricevono quello termico.
A vettura finita la Leaf svolge tutti i test di conformità cui un'auto normalmente è sottoposta prima di lasciare la fabbrica, ovvero la verifica dei collegamenti elettrici ed il test dinamico su banco a rulli. Questa fase si conclude con il collaudo finale. Dopodiché è pronta ad essere trasportata alla rete di vendita e diffusa nel mondo dalla banchina Nissan del Porto di Oppama.

Per approfondire:
Avviata a Oppama (Giappone) la produzione della Nissan LEAF. E si comincia con 50.000 esemplari l'anno.

mercoledì 28 settembre 2011

Dal Politecnico di Monaco di Baviera la Mute, auto elettrica intelligente

Mute, Auto intelligente
Alcuni ricercatori del Politecnico di Monaco sembrano essere riusciti laddove le case automobilistiche più affermate finora hanno fallito, ovvero nella creazione di un’auto elettrica dal prezzo abbordabile. Il segreto di questo successo consiste nell’applicazione di una seconda batteria. Un prototipo in grado di viaggiare su strada debutterà molto probabilmente all’IAA 2011, che si svolgerà in autunno.

Concretamente si tratta di un’utilitaria di piccolo formato dal nome “Mute”, ideale per scarrozzare due passeggeri nel traffico cittadino, con un’autonomia di circa 100 km. Per mantenere il prezzo a un livello accettabile, i ricercatori suoi ideatori sono ricorsi al nuovo trucco di una batteria d’emergenza.Considerando che l’accumulatore di carica elettrica è il componente che incide maggiormente sui costi di un’auto elettrica, anziché una batteria agli ioni di litio molto potente - e soprattutto costosa! -, a bordo della “Mute” è stata montata una batteria particolarmente piccola. A garantire l’autonomia necessaria provvede un accumulatore supplementare a zinco-aria, ovvero basato su una tecnica decisamente più economica, che può intervenire in caso di necessità.

Un terzo della spesa
La carica di riserva è comunque prevista solo ed esclusivamente per le situazioni d’emergenza, in quanto si tratta di un accumulatore monouso. La convenienza dei costi della batteria principale è comunque notevole, in quanto il suo prezzo è di appena 3.000 Euro* e non di almeno 10.000 Euro*.
Per contro le riserve di corrente elettrica piuttosto ridotte richiedono qualche rinuncia riguardo alla propulsione.  Allo spostamento dell’auto  ci pensa un motore elettrico dalla potenza di circa 20 CV, che consentono di compiere lo sprint da 0 a 60 km/h, velocità standard da città, già in 6,8 secondi e di raggiungere quindi una velocità massima di 120 km/h.

Obiettivo: massima efficienza
Con la “Mute”si è mirato ad ottenere una massima efficienza attraverso stretti pneumatici scorrevoli a bassa resistenza al rotolamento, una carrozzeria particolarmente aerodinamica (Cw=0,28) e un peso ridotto. L’auto in sé pesa 400 kg, mentre la batteria ne dovrebbe pesare 100. Quest’auto elettrica lunga tre metri e mezzo non impone comunque solo rinunce, bensì è anche dotata ad esempio di un portabagagli dalla capacità di 500 litri, di un climatizzatore e di un riscaldamento ad etanolo, vale a dire di comfort non esattamente comuni per le auto destinate all’uso quotidiano.
L’eventuale lancio sul mercato si farà comunque ancora attendere. La prima “Mute” matura per la produzione di serie dovrebbe iniziare a circolare non prima del 2015, ma in ogni caso verrà proposta a un prezzo non maggiore di quello attualmente richiesto per le utilitarie tipo VW Polo.

giovedì 11 agosto 2011

PACE: come raggiungere la sostenibilità efficiente e l'efficienza energetica sostenibile.

Dal campus californiano Berkeley arriva il programma PACE per finanziare gli interventi energetici. Nadia Ameli, ricercatrice “in trasferta”.
PACE, un’alternativa di sviluppo sostenibile anche per l’Italia
Il programma innovativo Property Assessed Clean Energy (PACE) permette di diffondere
sviluppo efficiente e finanziariamente sostenibile.

Simulatore PACE per il quarto conto energia e per il terzo conto energia.

Avvenuta la pubblicazione in Gazzetta del IV Conto Energia e delle relative Regole tecniche redatte dal Gse, dall’Università di Berkeley arriva una nuova proposta per superare le barriere di carattere finanziario nell’ambito degli interventi di tipo energetico. Nadia Ameli è una dottoranda dell’Università delle Marche “in trasferta” presso il “Renewable and Appropriate Energy Laboratory” del campus californiano dove sta lavorando da diversi mesi (grazie a una borsa di studio messa a disposizione dalla società marchigiana Loccioni) per adattare alle esigenze italiane un modello elaborato negli Stati Uniti e già autorizzato in 24 Stati. Si tratta del “PACE model” (Property-Assessed Clean Energy) ideato dal co-direttore del laboratorio (e professore della Ameli) Daniel M. Kammen e che ha al suo attivo centinaia di progetti approvati in tutto il territorio Usa.
In questi giorni la ricercatrice è a Roma per una serie di incontri con i ministeri dell’Ambiente, delle Finanze e dello Sviluppo Economico per illustrare l’avanzamento del suo lavoro, in attesa della presentazione ufficiale che dovrebbe tenersi in giugno. Intanto sul sito internet di Berkeley sono online i calcolatori per l’Italia adattati al III e IV conto energia (il link è disponibile sul sito di QE).
Abbiamo chiesto alla Ameli di parlarci del suo progetto e delle possibilità di successo in Italia.
“Non è un segreto che l’Italia abbia un oggettivo problema energetico, la sua dipendenza estera per l’energia primaria è stata pari all’87,70% nel 2009, un dato in lieve flessione rispetto all’anno precedente (89,30%) ma pur sempre significativo”, spiega. “Nel World Energy Outlook 2010, l’Aie raccomanda di sviluppare l’enorme potenziale delle rinnovabili sottolineando che la velocità con cui il loro contributo crescerà per soddisfare la domanda dell’energia, dipenderà fortemente dalla forza delle misure di supporto che verranno attuate dalle autorità politiche al fine di rendere più competitive queste fonti e per aumentarne lo sviluppo tecnologico”.
D. Ed è qui che entra in gioco la questione dei finanziamenti e lo studio che sta portando avanti a Berkeley.
R. “Esatto. Il mio interesse nell’individuare modelli, programmi e politiche che permettessero di raggiungere queste priorità, è partito da alcune domande alla base del mio dottorato di ricerca: Come potrebbe l’Italia migliorare la propria posizione energetica? Come è possibile indirizzare il Paese verso un percorso energetico più sicuro e affidabile, riducendo l’attuale sistema di incentivazione non sostenibile nel lungo periodo? Il discorso - prosegue - non riguarda solo le rinnovabili ma anche l’efficienza energetica. Molte delle misure di efficientamento risultano convenienti dal punto di vista economico, presentando tempi di ritorno brevi e postivi cash flow, eppure non vengono sostenute a causa delle barriere di carattere finanziario. La questione si riduce, quindi, a un’unica domanda centrale: come carattere finanziario. La questione si riduce, quindi, a un’unica domanda centrale: comecorreggere il trade-off derivante dall’elevato costo iniziale dell’investimento da un lato e i flussi di cassa futuri dall’altro?”.
D. Dunque, quale soluzione propone?
R. “Come ci insegna l’esperienza Usa, i fondi necessari per sostenere l’investimento iniziale vengono forniti dai governi locali, senza nessun esborso iniziale da parte di chi decide di partecipare al programma PACE. Il finanziamento erogato è recuperato attraverso un aumento concordato della durata di 20 anni di un’imposta legata all’immobile oggetto dell’intervento. Nella realizzazione di questi programmi è importante una rigorosa valutazione costi/benefici: il vincolo da rispettare è che il valore attuale dei risparmi generati dall’intervento sia superiore all’aumento dell’imposta concordata, data dalla somma del costo dell’intervento, del tasso d’interesse applicato e delle spese gestionali. Verrebbero così premiati gli interventi che garantiscono la maggiore efficienza e che si alimentino con i risparmi che sono in grado di autogenerare. Tramite un utilizzo razionale della politica fiscale dello Stato o di un governo locale, il PACE ha il potenziale di rendere le energie rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica accessibile al pubblico, eliminando l’ostacolo dell’investimento iniziale elevato. I benefici per il soggetto privato saranno dati dalla riduzione dei consumi e dai conseguenti risparmi in bolletta. La collettività, invece, ne trarrà beneficio tramite una riduzione delle emissioni nonché un miglioramento della politica energetica nazionale derivante da una riduzione della dipendenza estera. Non da ultimo, la creazione di posti di lavoro e la rivitalizzazione delle economie locali. Tramite un utilizzo razionale della politica fiscale dello Stato o di un governo locale, il Pace ha il potenziale di rendere le energie rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza accessibile al pubblico, eliminando l’ostacolo dell’investimento iniziale elevato”.
D. Nelle sue conclusioni sottolinea che i benefici derivanti dall’applicazione del programma potrebbero andare oltre al soggetto che realizza il progetto e arrivare a investire l’intero sistema. Come?
R. “I benefici per il soggetto privato, ovviamente, saranno dati dalla riduzione dei consumi e dai conseguenti risparmi in bolletta. La collettività, invece, ne trarrà beneficio tramite una riduzione delle emissioni e un miglioramento della politica energetica nazionale derivante da una riduzione della dipendenza estera. Non da ultimo, la creazione di posti di lavoro e la rivitalizzazione delle economie locali. La sicurezza del sistema energetico sarà sempre più nelle mani delle autorità politiche ai vari livelli: la soddisfazione dei nostri fabbisogni energetici e la creazione di obiettivi nazionali in termini di sviluppo economico e industriale potranno essere raggiunti in maniera sostenibile, anche finanziariamente, soltanto attraverso una vera comprensione dei vantaggi derivanti dalla green economy e dai modi per sostenerla”.

mercoledì 12 gennaio 2011

Fare di più con meno e anche... meglio. Come? Lo dice la nuova etichetta UE


Nuova etichetta energetica

    

Il Parlamento Europeo ha dato il via libera per aggiornare l'attuale etichetta energetica per gli elettrodomestici a partire dal 2010. La nuova etichetta prevede la classe A+++ per gli apparecchi più efficienti. L'aggiornamento dell'etichetta si è reso necessario visto il grande numero di prodotti presenti sul mercato che ormai affollano la classe A++, la più efficiente secondo l'attuale classificazione.

Cosa cambia

Il principale cambiamento della nuova etichetta energetica sarà la limitazione del numero di classi visibili sull'etichetta, che non potrà superare le 7. Tutti i prodotti in commercio verranno così ridistribuiti tra le nuove classi che andranno dalla A+++ alla D. Il pericolo è che i consumatori facciano confusione: infatti con la nuova classificazione i prodotti che consumano più energia saranno etichettati come A, B o C, classi che oggi identificano comunque prodotti mediamente efficienti.

Il consiglio che si può dare è quello di lasciarsi guidare dai colori. Infatti, la nuova etichetta manterrà invariati i colori che identificano i prodotti più efficenti: quelli verdi scuri saranno i migliori, quelli rossi saranno da evitare. Qui in basso trovate un esempio della futura etichetta energetica (da www.coolproducts.eu).


I prossimi passi

Il testo verrà approvato dal Consiglio entro la fine dell'anno, mentre il Parlamento Europeo potrà dare il suo via libera definitivo all'inizio del 2010. Una volta adottato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Europea, gli Stati membri avranno 12 mesi di tempo per recepire il nuovo sistema di etichettatura nelle proprie legislazioni nazionali.

Per saperne di più:
Articolo da EurActiv, un portale indipendente sulle politiche europee (in inglese)
Il comunicato stampe del Parlamento Europeo (in inglese)

domenica 19 dicembre 2010

Perché non ha senso complicarsi la vita con idrogeno e gas naturale per la mobilità sostenibile.

Secondo quello che è stato concordato a livello planetario, occorrerebbe nelle scelte industriali e politiche allocare le risorse da settori meno efficienti ai settori più efficienti, consentendo a tutti gli stakeholders attuali di poter partecipare al processo di riconversione tecnologica, nessuno escluso.

Come altresì è risaputo occorre per vincoli di pubblica salubrità, ambientali nonché climatici soddisfare contemporaneamente le seguenti tre condizioni di sostenibilità, che hanno un profilo anche economico:
1)      Diminuzione della bolletta energetica (petrolifera) nazionale;
2)      Diminuzione delle emissioni di CO2 e di gas clima alternati (incluso il metano che ha un impatto maggiore della CO2: vedi il permafrost sub artico ricco di metano inutilizzabile che si sta sciogliendo;
3)      Diminuzione delle emissioni locali che hanno impatto diretto anche economico sulla salute (emissioni locali di NOx, HC, CO, C6H6 e nanopolveri).

A queste  tre si potrebbe aggiungere una quarta condizione: aumento della crescita economica o della ricchezza disponibile destinando le risorse immobilizzate nella mobilità endotermica per fare altro. Altro che magari, pensando ai nostri nipoti oltre che ai nostri figli, potrebbe essere avviare programmi globali di produzione dell’energia in maniera più sostenibile e sicura o bonificare gli oceani o altri ambienti della biosfera da cui dipendiamo presso i quali stanno letteralmente per scoppiare nei prossimi decenni vere e proprie bombe ambientali disseminate nel primi decenni del Novecento, ma anche dopo: ci riferiamo a tutte le navi mercantili e militari affondate nelle cui stive c’è un ampio campionario della chimica industriale di quegli anni oltre che quantità di olio che potrebbero produrre diffusamente danni che Deepwater Horizon sarebbe una frazione infinitesimale.

Altra considerazione: i preziosi idrocarburi fossili di cui ancora disponiamo andrebbero conservati e utilizzati solo dove non fossero pienamente sostituibili (trasporti aerei e alcuni processi della chimica industriale).

Nella tabella seguente si possono trovare le “prestazioni” delle tecnologie a disposizione e trarne le debite conclusioni. L'utilizzo dell'idrogeno come vettore energetico per la mobilità non ha al momento senso economico, né è efficiente: potrebbe essere utilizzato in fragili e delicate celle a combustibile con una certa efficienza (mai bruciato con dei pistoni), ma andrebbe prima prodotto, trasportato, distribuito e poi andrebbe stoccato a bordo dei veicoli con costi e complicazioni enormi rispetto all'utilizzo per la trazione di energia stoccata in batterie almeno basate sul litio, nonché comporterebbe problemi di incolumità per le persone. Insomma, con l'idrogeno si parte da zero, con l'energia elettrica manca solo l'ultimo metro. E le soluzioni servono oggi.
Il gas naturale c'è, è già utilizzato ma non assicura il simultaneo perseguimento degli obiettivi di competitività e sostenibilità. Vediamo una interessante comparazione. 


Tabella delle tecnologie disponibili per la mobilità individuale.

Necessità di soddisfare contemporaneamente le seguenti tre condizioni di sostenibilità:
1)      Diminuzione della bolletta petrolifera nazionale;
2)      Diminuzione delle emissioni di CO2 e di gas clima alternati;
3)      Diminuzione delle emissioni locali che hanno impatto diretto anche economico sulla salute.

TECNOLOGIA A DISPOSIZIONE
EMISSIONI DI CO2 COMPLESSIVE
WELL2WHEEL

LA FRAZIONE DI IDROCARBURI UTILIZZATI
(PETROLIO + GAS)
EMISSIONI DI NOx


Endotermico benzina Euro 3 
(Riferimento)



100%


100%
(consumano il 60% del petrolio estratto nel mondo)


100%


Futuri endotermici a gas ottimizzati euro 5/6 – non gli attuali bifuel che non sono ottimizzati.


75-76%


90%
(con 18% di perdite di distribuzione del sistema gas complessive dal pozzo alle ruote)


40% locali


BEV

Veicolo elettrico batteria litio ioni
(generazione mix attuale: 67% termoelettrico)



31%

il rendimento della catena energetica elettrica complessiva alle ruote è 25% (il doppio dei veicoli endotermici in città) ma molto può ancora essere fatto per migliorarla fino ad arrivare al 35-40%


34%

Costituito da 8% di petrolio e 26% da gas, dato che il rendimento energetico delle centrali è molto più alto del rendimento del motore della vettura.Taglia delle centrali (1GW) rispetto alla taglia dei motori endotermici (50 kW); nell’uso urbano il rendimento della catena energetica complessiva è 12-14%; in autostrada è 21-23%.


0,00001% locali

Quello che ricade al suolo dove si usa il veicolo è praticamente zero.

Anche le centrali termoelettriche emettono NOx ma molto meno in proporzione a milioni di piccoli motori endotermici utilizzati sui veicoli.

Si vede chiaramente che l'unica tecnologia che consente di fare di più, con meno e meglio e anche per tutti, è quella applicata nei veicoli elettrici a batteria.
Se poi tali obiettivi di sostenibilità non sono condivisi o i fini sono diversi, ovviamente valgono altre logiche. Ma non sono sostenibili.