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mercoledì 1 agosto 2012

La prima e modulare stazione di ricarica rapida ad energie rinnovabili d'Europa


È stata inaugurata ad Aprilia, in provincia di Latina, la prima stazione di ricarica di auto elettriche con forme di energia rinnovabile in Europa. Segue l'esempio di alcune applicazioni giapponesi
Alla presentazione di oggi era presente anche il sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi, insieme al ministro dell'ambiente, Corrado Clini, e il Rettore della Sapienza, Luigi Frati.

L'impianto gratuito, ad accesso libero e a impatto zero è costituito da due postazioni di ricarica separate, una lenta e l'altra veloce. La prima permette di ricaricare fino all'80% della batteria dell'auto elettrica in 20 minuti ed è dieci volte più rapida dei sistemi tradizionali; la seconda ha invece un tempo di ricarica di 6 ore, ma è a zero emissioni perché attinge energia da un generatore eolico ad asse verticale di ultima generazione che, con ogni probabilità, sarà successivamente integrato con un impianto fotovoltaico a concentrazione che dovrebbe rendere ancora più efficiente la postazione. L'impianto mini-eolico si attiva con una velocità minima del vento di 2 metri al secondo e ha una potenza massima che va dai 6 ai 30 KW.

Il progetto è stato sviluppato dalla concessionaria Citroen Nicola Prezioso e dal Polo per la Mobilità Sostenibile della regione Lazio (POMOS), un centro di ricerca dell'Università La Sapienza di Roma. La Citroen ritiene che, anche grazie alla vendita dell'energia in eccedenza prodotta dall'impianto eolico, sarà in grado di rientrare dall'investimento effettuato, nell'ordine di decine di migliaia di euro, entro due anni.

Il concessionario ha però aggiunto che, accanto all'aspetto economico, la decisione di finanziare l'opera è stata presa per avere un vantaggio competitivo: "Tra pochi anni stazione come questa inizieranno a diffondersi - spiega Citroen in una nota - Noi abbiamo voluto giocare d'anticipo".

Vantaggi competitivi, ma anche in termini di ritorni d'immagine."Il sostegno all'iniziativa del concessionario di Aprilia, recita ancora la nota diffusa dalla casa automobilistica francese, si inserisce in una politica di sensibilizzazione delle amministrazioni pubbliche e dei cittadini per il passaggio alla mobilità elettrica grazie anche allo sviluppo di una rete di infrastrutture e ad agevolazioni all'utilizzo e all'acquisto".

Su questi stessi concetti si è focalizzato anche il Ministro dell'Ambiente Corrado Clini che ha presenziato all'inaugurazione. Clini ha parlato della necessità di introdurre "misure incentivanti" a favore delle auto elettriche, ma ha anche riscontrato la necessità di un incentivo "che deve essere dato in termini normativi", come ad esempio "la libera circolazione nelle aree urbane, le infrastrutturazione delle colonnine per la ricarica e una riduzione del costo dell'elettricità".

Secondo il ministro, grazie a queste misure "il costo sicuramente maggiore di un'auto elettrica rispetto a una tradizionale può essere recuperato attraverso il risparmio sull'acquisto di carburante". Solo un intervento "organico" e "articolato", ha concluso Clini, può permettere al mercato delle auto elettriche italiano di recuperare il gap che oggi patisce rispetto a quello francese.

"Vogliamo puntare alla graduale sostituzione dell'attuale parco auto comunale con vetture elettriche, impiantando anche colonnine di ricarica elettrica veloci e pubbliche. Per questo stiamo chiedendo la collaborazione di aziende ed enti specializzati e del Ministro Corrado Clini, sensibile a tali tematiche" ha affermato Di Giorgi durante la presentazione.

"Sono orgoglioso e soddisfatto che la provincia di Latina, grazie alla sinergia tra istituzioni ed aziende, sia riuscita a impiantare la prima stazione europea di ricarica rapida per vetture elettriche - continua Di Giorgi - Il Comune di Latina sta promuovendo diverse azioni in tema di mobilità sostenibile e io stesso sono stato il primo sindaco d'Italia a utilizzare l'auto elettrica, anche con notevoli risparmi per le casse comunali. Il nostro obiettivo è di incentivare sempre più il passaggio alle vetture elettriche e per questo stiamo studiando un sistema di colonnine pubbliche per consentire facili e rapide ricariche. Sono convinto che il Ministro Clini possa svolgere un ruolo importante in questo ambito a livello nazionale".

"Questa stazione è un passo avanti molto importante nello sviluppo di sistemi di mobilità sostenibile - ha detto il Minsitro Corrado Clini - Non solo perché essa è la prima in Italia a disposizione gratuita del pubblico ma anche perché l'energia elettrica è generata in maniera pulita, cioè con l'eolico, le cui pale sono innovative perché non impattanti con il paesaggio sotto il profilo estetico."


Le stazioni di ricarica hanno le seguenti prestazioni:

CARICA VELOCE: ricarica fino all'80% delle batterie in 20 minuti in corrente continua a 400V, dieci volte più veloce di una ricarica tradizionale.

CARICA TRADIZIONALE: ricarica le batterie in 6 ore in corrente alternata, ma utilizza energia prodotta da fonti rinnovabili.

L'alimentazione della centralina avviene attraverso un generatore eolico di ultima generazione ad asse verticale e, successivamente, verrà integrato anche con un impianto fotovoltaico a concentrazione.
La caratteristica principale del progetto è che le stazioni sono "pubbliche e gratuite", ossia ogni possessore di auto elettrica è in grado di effettuare la ricarica gratuita del proprio mezzo, senza tessere o abbonamenti; inoltre, esse sono completamente eco-sostenibili in quanto l'utilizzo di energia rinnovabile si traduce in una assoluta assenza di emissione di CO2.








Potrebbe interessarti:http://www.latinatoday.it/cronaca/prima-stazione-ricarica-auto-elettriche-energia-eolica-aprilia.27-luglio-2012
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mercoledì 30 maggio 2012

Ohikia, come funziona?

SOLARE TERMODINAMICO PER USO DOMESTICO ED INDUSTRIALE

Il sito internet della start-up Ohikia illustra un nuovo sistema per la generazione di energia da fonti rinnovabili che rientra nella categoria del  "solare termodinamico” (detto anche CSP – Concentrating Solar Power), in grado di convertire l'energia solare in energia termica a un livello di temperatura sufficientemente elevato da generare calore per usi industriali o residenziali, oppure essere convertita in energia elettrica.

Rispetto alle soluzioni similari già presenti sul mercato, l'impianto Ohikia introduce alcune importanti innovazioni  a livello di materiali  utilizzati e design industriale che rendono il sistema completo, capace di maggiore efficienza energetica e maggiore scalabilità̀,̀ adatto e conveniente in applicazioni sia residenziali che industriali.

Un sistema modulare adattabile a esigenze specifiche
Il sistema Ohikia è stato sviluppato per fornire un vettore termico a temperature comprese tra 100 e 200°C  accoppiato ad un innovativo sistema di accumulo del calore in grado di essere utilizzato per produrre:

  • Energia Elettrica
  • Acqua calda per uso sanitario e per riscaldamento
  • Vapore industriale
  • Condizionamento
  • Frigorie per il ciclo del freddo
  • Calore per uso industriale


Una tecnologia innovativa e sicura

COLLETTORI PIANI a CONCENTRAZIONE:
- I collettori sono realizzati sfruttando principi di ottica senza focalizzazione di immagine, in grado di convogliare efficientemente la radiazione solare sull'assorbitore indipendentemente dalla direzione di provenienza e senza sistemi attivi di tracking.

-Le temperature raggiunte in condizioni di regime negli assorbitori possono arrivare a 250° C, sufficienti a riscaldare il fluido termovettore del circuito fino a valori di 200° C.

- Per le applicazione più critiche e/o per aumentare la sicurezza di funzionamento è possibile affiancare un sistema di protezione attivo in grado di salvaguardare il prodotto da sovratemperature e da eventuali danni causati da grandine.

BATTERIA TERMICA:
- La particolare configurazione del sistema prevede l'accumulo della radiazione solare sotto forma termica, in modo tale da servire contemporaneamente tutte le tipologie di utenze collegate e permettere lo sfruttamento combinato e più efficiente dell'energia immagazzinata.

- L'accumulo di energia termica ad una temperatura che può essere scelta tra 100 e 200 °C a seconda delle necessità, avviene grazie alla tecnologia PCM (Phase Change Material) tramite una nuova classe di composti appositamente sviluppati da Ohikia. A differenza delle soluzioni attualmente in commercio, la miscela è composta da sostanze atossiche, non corrosive, nè dannose per l'ambiente, rendendo il sistema sicuro e compatibile con un uso anche residenziale.

- Il calore necessario alle varie applicazioni è fornito con ridotte variazioni temperatura del PCM, ottimizzandone il funzionamento in virtù del ridotto intervallo e permettendo alle apparecchiature di operare in condizioni di lavoro stabili.

- Il modulo standard per uso residenziale delle dimensioni 90 (L) x 80 (P) x 180 cm (H) consente di accumulare circa 70 kWht, in grado di alimentare un impianto di riscaldamento per una abitazione di 100 m² per 10 h, oppure di erogare 7 kWh di energia elettrica.
Per uso industriale Ohikia propone moduli delle dimensioni di un container ISO 20 ft. e dalla capacità di accumulo di 2.7 MWht.

- La progettazione modulare del PCM permette di aumentare la capacità di accumulo del sistema in maniera tale da soddisfare anche l'utenza più esigente.


UTENZE:
- Il sistema completo prevede l'installazione di una serie di utenze ottimizzate per massimizzare il rendimento complessivo, permettendo un utilizzo più efficiente dell'energia accumulata. In caso di impianti preesistenti, è possibile studiare una soluzione che permetta di allacciare la fornitura di energia alle utenze già presenti.


Una crescita modulare in base alle esigenze





Per approfondire.

Ohikia srl  - Via San Maurizio al Lambro n. 1 (angolo V.le Italia) - 20099 Sesto San Giovanni (MILANO) - Tel +39 02.84544115

venerdì 4 maggio 2012

Stazioni di servizio per veicoli elettrici: piena sostenibilità anche da qualche esponente dell'industria oil


ABB fornisce un sistema di ricarica veloce in corrente continua per la “stazione di servizio del futuro", unica in Europa

ABB ha fornito in Ungheria un nuovo sistema di ricarica rapida in corrente continua per auto elettriche, installato in una stazione di servizio ecologica, unica in Europa, gestita dalla compagnia gas-petrolifera MOL. ABB è un socio fondatore di E-Mobility Network, una rete ungherese che promuove logiche di trasporto energeticamente sostenibili, tra cui la mobilità elettrica.
La stazione di servizio “verde” di MOL in Ungheria
Si tratta del primo sistema di ricarica rapida in corrente continua installato in Ungheria e rappresenta un passo importante verso la creazione di un’infrastruttura nazionale per le auto elettriche, che ABB è orgogliosa di supportare nell’ambito del suo impegno per uno sviluppo sostenibile.

MOL, primaria azienda centroeuropea operante nel settore petrolifero e del gas naturale, ha adottato soluzioni d’avanguardia per ridurre i consumi energetici e l’impatto ambientale della sua stazione di servizio ecologica, che in futuro permetterà di risparmiare oltre il 50% sull’uso di combustibili fossili grazie alle fonti energetiche sostenibili e al riciclaggio dei materiali, evitando l’immissione in atmosfera di 10 tonnellate di CO2 l’anno. Scegliendo le energie sostenibili e tecnologie più efficienti, MOL ha dovuto sostenere costi di gestione più elevati (quasi il 20% in più) rispetto a una stazione di servizio tradizionale, ma ora risparmia oltre 7000 m³ di gas e 120.000 kilowattora (kWh) di elettricità l’anno. La stazione è dotata di pannelli fotovoltaici che soddisfano il suo fabbisogno energetico.
Un veicolo di ABB fa il pieno di energia all’avveniristica stazione di servizio di MOL.
“Abbiamo condotto una ricerca sulle ‘stazioni di servizio del futuro’ per dimostrare che il rispetto per l’ambiente e l’automobile possono andare perfettamente d’accordo” ha dichiarato Béla Csorba, portavoce di MOL. “Per attuare il suo progetto, MOL ha implementato soluzioni avanzate per la protezione ambientale e tecnologie pionieristiche, come il sistema di ricarica rapida di ABB: mediamente bastano circa quindici minuti per ripristinare la piena capacità della batteria di un’auto elettrica, contro le quasi otto ore previste in caso di ricarica standard in corrente alternata.”


La stazione di servizio del futuro: caratteristiche principali:

Innovazioni
  • ABB è stata incaricata di fornire un sistema di ricarica ultrarapida per veicoli elettrici in Ungheria, primo nel suo genere, in grado di ricaricare completamente la batteria di un’auto in soli 20 minuti.
  • La coibentazione termica ottimizzata, con speciali superfici in vetro a triplice strato, limita il surriscaldamento in estate e la dispersione di calore in inverno, riducendo i consumi energetici degli impianti di riscaldamento/condizionamento.
  • Le pareti e il tetto coperti di sempreverdi neutralizzeranno 10 tonnellate di COl’anno, contribuendo al risparmio energetico e riducendo l’escursione termica in estate e inverno. L’energia risparmiata grazie a questo sistema eviterà l’immissione in atmosfera di altre 100 tonnellate di CO2 l’anno.
  • Un efficace sistema di drenaggio e stoccaggio dell’acqua piovana consente il recupero di acqua per l’irrigazione delle piante su tetto e pareti, riducendo i consumi di acqua potabile.
  • L’impianto di riscaldamento, condizionamento e produzione di acqua calda si basa su un innovativo concetto “aria-acqua” che prevede l’utilizzo di una pompa di calore e di uno scambiatore, azzerando le emissioni di CO2.
  • I pannelli fotovoltaici sulla pensilina e sui rami degli originalissimi “alberi” hanno una superficie totale di 250 m2 e generano quasi 31.000 kWh di energia l’anno, coprendo buona parte del fabbisogno energetico della stazione di servizio.
  • L’illuminazione all’interno e all’esterno dell’edificio è di tipo a LED. Le 355 lampade a LED installate fanno risparmiare oltre 6000 kWh l’anno.
  • Gli interni sono progettati e realizzati con materiali ecocompatibili: cartone riciclato per le attrezzature e gli arredi del negozio, pavimenti in vinile tessile, lampade da soffitto fabbricate con 512 turaccioli riciclati e illuminazione a LED. Al soffitto, inoltre, sono appese tre sfere decorative coperte di lichene nordico che creano un microclima ideale nell’ambiente.

sabato 31 dicembre 2011

Nanomateriali e supercapacitori: buffer dei miracoli in arrivo.

Secchi elettrici a nano materiali: questa è la killer application per la mobilità elettrica entro 5 anni.


Imballare l'energia in un pugno: 1) matrice di nanotubi 2) Isolante 3) Cariche positive 4) Cariche negative. I condensatori sono dei secchi elettrici che immagazzinano le cariche elettriche sulla superficie dei conduttori che sono separati da isolanti. Utilizzando nanotubi per i conduttori aumenta la superficie, così può essere immagazzinata più energia.


Gli ibridi rappresentano meno del 3 per cento delle vendite di veicoli-passeggeri negli Stati Uniti, in gran parte perché costano tanto. Costoso conto batterie per gran parte del premium price, ma Riccardo Signorelli si sta sviluppando ultracondensatori a buon mercato che potrebbero sostituirli. Ibridi basati sulla sua tecnologia potrebbe essere poco costoso abbastanza per iniziare a pagare per se stessi in un risparmio di carburante, dopo 1-2 anni. Gli ultracapacitori (o supercondensatori), sono secchi elettrici che immagazzinano cariche elettriche piuttosto che immagazzinare energia chimica, sono molto più durevoli rispetto alle batterie e funzionano bene quando fa freddo. Ma gli ultracapacitori convenzionali immagazzinano solo una quantità relativamente piccola di energia, quindi sarebbe costoso utilizzarli nelle quantità richieste per alimentare un veicolo. Riccardo Signorelli ha sviluppato nuovi materiali per ultracapacitori con l'uso di strati di nanotubi di carbonio per formare gli elettrodi con una grande superficie, triplicando la quantità di energia che ogni cellula in grado di immagazzinare. Nel 2008 ha fondato una società denominata FastCap per commercializzare la tecnologia (di cui attualmente è Amministratore Delegato), e ormai ha raccolto 7,6 milioni di dollari. L'azienda si è concentrata sulla riduzione del costo elevato dei nanotubi attraverso tecniche di produzione a buon mercato sulla base di quelle utilizzati nel settore delle celle solari. Tutto sommato, un ultracondensatore dovrebbe essere in grado di immagazzinare energia con meno della metà del costo per wattora della tecnologia attuale. Signorelli si aspetta che le vetture ibride con il suo ultracondensatore inizieranno ad apparire entro cinque anni (2016).






Per lo sviluppo delle fonti alternative, essenziali alla crescita sostenibile dell'umanità, il problema sta tutto lì, nell'immagazzinamento dell'energia. Abbiamo bisogno di materiali capaci di una densità energetica sempre maggiore e rapidi nel rilasciarla per il consumo. Solo così saremo in grado di rimpiazzare i combustibili fossili, capaci di contenere, a parità di volume, 35 volte l'energia immagazzinata in una batteria convenzionale e di rilasciarla istantaneamente con la combustione. Senza questo tassello fondamentale, tutte le tecnologie già mature, come l'eolico, il fotovoltaico o l'auto elettrica, rimarranno un fenomeno di nicchia e non riusciranno a far girare il motore del mondo.
Riccardo Signorelli, ricercatore italiano emigrato negli Stati Uniti, lavora da otto anni a questo snodo cruciale, da quando è arrivato al Mit di Boston. «Finalmente ora abbiamo un prodotto pronto per l'utilizzo industriale», annuncia a Nòva durante una visita a Milano, per partecipare al meeting della Camera di commercio su «Imprese oltre la crisi». Il suo prodotto è un oggetto piccolissimo, non più grande di una stilo: un ultracapacitore dotato di una densità di potenza eccezionale, grazie ai nanotubi di carbonio di cui è composto. «Il nostro ultracapacitore è 15-20 volte più potente degli altri comunemente in commercio e 20-40 volte più potente di una batteria tradizionale», spiega Signorelli. «Non riesce a contenere moltissima energia, ma può caricarsi e scaricarsi istantaneamente senza stress, quasi all'infinito, perché funziona in base a un principio fisico, non elettrochimico», precisa. In pratica, affiancato alle batterie già in uso nelle auto elettriche, questo cilindretto potrebbe farsi carico di tutte le variazioni improvvise di potenza, accelerazioni e frenate tipiche del traffico urbano stop-and-go, che stressano enormemente i dispositivi attuali e ne accorciano la vita ben al di sotto della durata media di un veicolo, calcolata in 14 anni. Questo è uno dei problemi fondamentali dell'auto elettrica: dato il costo della batteria, chi si azzarda a comperare un veicolo carissimo senza avere la garanzia che il cuore del sistema non muoia a metà strada?
Il dispositivo di Signorelli risolve questo problema a costi molto competitivi, quindi allunga la vita della batteria e ne riduce il prezzo. Infatti alcuni suoi concorrenti stanno già entrando nell'industria automobilistica: Daimler, Peugeot, ma soprattutto le compagnie cinesi più impegnate su grandi veicoli come gli autobus elettrici, già usano sistemi ibridi di questo tipo. «Per noi è uno sviluppo molto positivo, perché finora la maggiore resistenza del mercato derivava dal timore di complicare troppo i circuiti aggiungendo una componente nuova: è molto difficile far capire che questa componente non è un elemento di complicazione, ma di semplificazione del sistema» commenta Signorelli, con la sicurezza di avere in tasca un prodotto enormemente più avanzato degli altri, che costa la metà. «Per adesso lo stiamo testando per usi industriali, all'automotive non ci siamo ancora arrivati, perché lì le regole sulla sicurezza sono molto più rigorose e i collaudi lunghissimi», rileva Signorelli. «Ma presto ci arriveremo», prevede.

Fonte

Integrazione con una intervista a Signorelli sugli energy storage system a basso costo ed alta capacità con materiali nanostrutturati per veicoli a a trazione elettrica e fonti rinnovabili intermittenti.

venerdì 30 dicembre 2011

Ohikia: io vado a "Sole" e ci faccio tutto!! Appuntamento a fine 2012.



Arriverà alla fine dell'anno il pannello solare che produce caldo, freddo ed energia elettrica in piena autonomia: brevetto italiano

C'è sempre un modo migliore e meno costoso per fare le cose meglio.

Fonte principale. Per approfondire: applicazioni e funzionamento
L'idea a Francesco Negrisolo è nata proprio con la classica illuminazione improvvisa, quella dell'eureka di Archimede. Ma da quando gli è piovuta nella testa ha continuato a svilupparsi, mese dopo mese e anno dopo anno, fino a coinvolgere altre persone che hanno cominciato a crederci come lui, fino a diventare un progetto e poi un prototipo, a convincerlo a lasciare il proprio lavoro per dedicarsi quasi solo al suo sviluppo fondando una società, fino a trovare il sostegno dei "business angels", gli angeli degli imprenditori che hanno deciso di finanziare la sua impresa e rischiare con lui. E adesso l'idea di Francesco Negrisolo sta per diventare un prodotto pronto per il mercato.
Quello che ha inventato è un nuovo sistema per sfruttare l'energia solare, un pannello capace di concentrare i raggi della nostra stella per arrivare a temperature molto più alte di quelle dei normali pannelli per la produzione di acqua calda. Però senza i complicati sistemi di cui hanno bisogno gli impianti del solare termodinamico tradizionale, quelli con i grandi specchi parabolici che seguono la posizione del sole e riflettono tutti i raggi verso un unico punto dove c'è una cisterna da portare a oltre 300 °C. Il calore assorbito dal pannello potrà poi facilmente essere trasformato in acqua calda per il riscaldamento e per lavarsi, in freddo per gli impianti di condizionamento, in energia elettrica. Meglio ancora, avrà un sistema di immagazzinamento che renderà ogni impianto completamente autonomo. Un palazzo, una villetta, una piccola impresa quando monteranno questo sistema non avranno, in teoria, nemmeno bisogno di allacciarsi alla rete elettrica e potranno davvero fare tutto da sé.
Quando Negrisolo ha cominciato a pensarci aveva da poco lasciato Pirelli Cavi, dove si occupava di progettare fibre e amplificatori ottici, forte di un'esperienza fatta alla Stet sempre dedicandosi a cercare di realizzare il miglior hardware per la trasmissione di segnali. Il suo mestiere era diventata la progettazione di impianti di energia per grandi aziende come Eni ed Enel.
Ed è proprio dall'unione di tutte queste esperienze, racconta, che è nata l'idea del nuovo sistema, capace di trasformare un pannello che assomiglia moltissimo a quelli tradizionali termici in un piccolo impianto di solare termodinamico. Invece di scaldare una miscela di acqua fino a 80-100 °C, infatti, la temperatura del liquido che circola nel pannello può arrivare anche a 250 °C. «La luce viene in un certo senso raddrizzata, grazie a un sistema di specchi, ma non solo, ci sono tanti principi che lavorano insieme. Diciamo che il risultato è un sistema capace di catturare la luce ovunque sia il sole senza bisogno di inseguirlo con sistemi meccanici che spostino il pannello», racconta. E il pannello, proprio come quelli termici tradizionali, è in grado di raccogliere anche l'energia diffusa, quella delle giornate nuvolose, e non solo la luce diretta.
Accanto a lui siedono Maria Cristina Rosso, project manager della società che hanno fondato insieme dopo essersi conosciuti lavorando in Pirelli, e Roberto Campagnola, il loro "business angel". Anche Maria Cristina Rosso, ingegnere come Negrisolo, ha lasciato quello che stava facendo per credere in questa avventura «perché mi piacciono le sfide, la tecnologia e il futuro». È lei che ha scelto di chiamare la loro start up Ohikia, una parola greca che indica la casa, ma anche nel senso della propria famiglia e della propria stirpe: qualcosa che è destinato a durare e ad essere solido, insomma. Campagnola arriva da quel gruppo di scout delle nuove idee imprenditoriali che si sono dati il nome di Italian Angels for Growth: 89 soci che abbracciano quasi tutta l'Italia e che, quando trovano un progetto valido, decidono di aiutarlo a crescere investendo direttamente i propri soldi. In questo caso Campagnola è proprio entrato a far parte della nuova società.
Ma cosa succede al calore raccolto dai nuovi pannelli, che più correttamente vengono chiamati "collettori solari"? Qui c'è la seconda novità. Il calore viene immagazzinato in una "batteria termica" che ha le dimensioni di un grosso frigorifero. Le batterie di questo genere esistono già, non le ha inventate Negrisolo. Lui però ha trovato una miscela molto semplice del liquido con cui funzionano che può lavorare bene tra 100 e 200 °C.
Un particolare del pannello: la luce viene raddrizzata da un sistema capace di catturare la luce ovunque sia il sole senza bisogno di inseguirlo con sistemi meccanici che spostino il pannello. Il pannello è in grado di raccogliere anche l'energia diffusa, quella delle giornate nuvolose, e non solo la luce diretta.

Le batterie termiche, come i pannelli, sono un sistema modulare: a seconda delle esigenze ciascuno può scegliere quante installarne. Per una famiglia, una dovrebbe essere sufficiente: meno di 2 metri cubi di batteria possono accumulare energia termica pari a 75 kWh. «Per l'uso domestico limiteremo anche la temperatura a 160 °C. Ma la cosa più importante è che la nostra batteria si può adattare facilmente a diverse temperature di utilizzo».

Questo, spiega l'ingegnere, è un po' il cuore del sistema Ohikia. Perché è da qui che parte il vero sfruttamento dell'energia assorbita. Il primo uso è ovviamente quello del riscaldamento: non solo quello domestico, ma anche il riscaldamento che può servire a laboratori o piccole industrie come i birrifici o gli impianti di essicazione, per esempio. Oppure il calore può essere trasferito a un "chiller", ossia un apparecchio che trasforma il caldo in freddo, per rifornire impianti di condizionamento oppure frigoriferi grandi e piccoli, come quelli di un supermercato. Infine, il calore può passare a un generatore di corrente elettrica. Ma non un generatore tradizionale, né una turbina «che si romperebbe in fretta e avrebbe comunque un'efficienza bassissima». Ohikia si è rivolta a un partner specializzato nei sistemi di generazione per mettere a punto una versione particolare di un generatore che lavora con gas che si espandono a pressione costante.
Così ha ottenuto un apparecchio capace di funzionare con basse differenze di temperatura, aumentando l'efficienza. In più, quando si produce energia elettrica c'è una parte di calore residuo che può essere ancora sfruttata per riscaldare o raffreddare. E per rendere il sistema davvero completamente autonomo, il generatore di corrente è previsto con una sua batteria di accumulo che consenta di non farlo partire solo perché si accende una lampadina nella casa.
Alla fine sembra un sistema piuttosto complicato e che rischia di diventare costoso. Ma non è così. «Prima ci siamo preoccupati di trovare le migliori soluzioni, senza preoccuparci dei costi. Poi però abbiamo pensato alla realizzazione industriale e alla fine è tutto fatto in maniera molto semplice, con molta meccanica e poca elettronica e materiali di uso comune», spiega Negrisolo. E il costo è attorno ai 13 centesimi di euro per chilowatt, quasi la metà di un impianto fotovoltaico e all'incirca il costo dell'energia di un grande impianto di solare termodinamico. Ma il vero miracolo che il sistema Ohikia promette di realizzare è quello di poter fare tutto, calore, freddo, energia elettrica, e per tante esigenze diverse, dallo chalet di montagna alla piccola industria. Basta aumentare il numero di pannelli, i moduli delle batterie, la dimensione del generatore e chiunque potrà farsi tutta l'energia che gli serve.


IL GREEN CHE PIACE AGLI ANGELI
I business angel di Italian Angels for Growth investono su Ohikia, innovativa tecnologia per il solare termodinamico sviluppata in Italia

Italian Angels for Growth, (IAG, http://www.italianangels.net) il principale gruppo italiano di business angel, annuncia la chiusura di un nuovo investimento da parte di un gruppo di propri soci in una start-up italiana del cleantech.
Si tratta di Ohikia, azienda lombarda di Sesto San Giovanni, che ottiene un primo investimento seed da 340 mila euro, che saranno indirizzati allo sviluppo del prodotto.
L’investimento segue a ruota quello annunciato da IAG la scorsa settimana in On-Sun Systems, altra
azienda startup del cleantech, settore che, grazie ai passi avanti fatti negli ultimi anni nella ricerca e
sviluppo di nuove soluzioni, vede ora il moltiplicarsi di validi e innovativi progetti d’impresa e riesce a
attirare sempre più capitali.

OHIKIA
Ohikia è un nuovo sistema per la generazione di energia da fonti rinnovabili che rientra nella categoria del "solare termodinamico” (detto anche CSP – Concentrating Solar Power), in grado di convertire l'energia solare in energia termica a un livello di temperatura sufficientemente elevato da generare vapore industriale, energia termica o essere convertita in energia elettrica.
Rispetto alle soluzioni similari già presenti sul mercato, l'impianto Ohikia introduce alcune importanti innovazioni a livello di materiali utilizzati e design industriale che rendono il sistema completo, capace di maggiore efficienza energetica e maggiore scalabilità, cioè adatto e conveniente in applicazioni sia domestiche che industriali.
Roberto Campagnola, business angel IAG che ha gestito l’operazione in Ohikia, sintetizza così le ragioni dell’investimento.
"La soluzione Ohikia è estremamente interessante perchè, nel campo del solare termodinamico a media temperatura, si rivolge a un segmento di mercato, quello residenziale e delle piccole e medie imprese, oggi non coperto da alcuna soluzione. Ohikia ha concepito un sistema compatto e stabile, che deriva da un serio lavoro di ricerca e sperimentazione durato quasi 5 anni; inoltre, ha un rapporto costo/prestazioni decisamente superiore rispetto alle soluzioni di fotovoltaico o di solare termodinamico a media temperatura attualmente in commercio. L'obiettivo di mercato è fine 2012".

Cliccare qui per approfondire le applicazioni e il funzionamento.

Alcuni spunti di scenario:
- I Paesi maggiormente impegnati nel solare termodinamico sono USA e Spagna, mentre l’Italia è rimasta frenata nello sviluppo di questo tipo di tecnologia, per cause anche normative, ma recupera il gap grazie a una filiera industriale completa e molto fermento tecnologico
- Nel corso del 2010 la potenza installata in impianti solari termodinamici (anche chiamati CSP – Concentrated Solar Power) si è ulteriormente ampliata sino a raggiungere quota 987 MW, contro i 655 MW della fine del 2009. Una crescita di oltre il 50% favorita da una maggiore efficienza tecnologica
- Lo sviluppo di soluzioni e d’innovazione tecnologica CSP si è sempre focalizzata su impianti di
grandi dimensioni, ma recentemente si è cominciato a parlare di mini CSP per utenza residenziale e PMI. Nel nostro Paese, normative comunitarie e obblighi di legge (vedi da ultimo Decreto 28/11 sugli obblighi d’integrazione delle rinnovabili negli edifici) favoriscono la crescita della domanda.Ohikia realizza un innovativo sistema solare termodinamico distribuito per applicazioni domestiche ed industriali. L'impianto si basa su due elementi principali: un sistema di "accumulo" basato sull'utilizzo di materiali a cambiamento di fase fisica (Phase Change Materials) e collettori solari a concentrazione che sfruttano principi ottici brevettati di multi-rifrazione, e quindi non necessitano di sistema di tracking. Il sistema è in grado di convertire l'energia solare in energia termica a un livello di temperatura sufficientemente elevato da generare vapore industriale, energia termica o essere convertita in energia elettrica.Sede: Sesto San Giovanni, Italia.
Settore: CleanTech.
Data investimento: Luglio 2011.
Tipo di investimento: Seed.
Ammontare investito dai soci IAG: € 240.000.

Fonti MIP – Solar Energy Report, Anest, Assolterm IAG

Italian Angels for Growth, associazione indipendente no-profit nata nel 2007, conta 90 business angel accomunati dallo scopo di supportare e finanziare progetti industriali in fase early stage che presentino un alto contenuto di innovazione e potenziale di crescita. Attraverso gli investimenti dei propri soci, IAG sostiene l’imprenditorialità, l’innovazione e la ricerca nel nostro Paese e in Europa contribuendo a favorire uno sviluppo sostenibile nel lungo termine.

I soci IAG realizzano investimenti da €300.000 a €800.000 destinati a startup innovative italiane ed estere, grazie alla composizione e all’alta esperienza internazionale della maggior parte dei suoi membri.
A oggi, IAG ha esaminato un deal flow di oltre 1200 opportunità d’investimento e circa trenta proposte sono state selezionate dai soci per l’investimento. Gli investimenti già effettuati da soci IAG sono complessivamente quattordici (in undici società, tre delle quali hanno ricevuto un doppio round d’investimento) e ammontano a circa 4 milioni di euro.

http://www.italianangels.net

sabato 13 agosto 2011

I dieci falsi miti sui veicoli elettrici che dovrebbero diventare cultura diffusa di efficienza e sostenibilità.


Falsi miti pistonistici o dei "petrolhead" sui veicoli elettrici allontanano colpevolmente salubrità ed efficienza dal nostro quotidiano.

L'Accademia della Mobilità è un'organizzazione fondata nel 2008 dal Touring Club svizzero che offre a tutti i protagonisti del mondo dei trasporti un forum di discussione sulla mobilità. Il suo scopo è quello di incoraggiare lo sviluppo di iniziative che possano migliorarla. L'Accademia ha pubblicato recentemente un interessante opuscolo (per ora solo in francese) intitolato "La voiture électrique - Analyse critique de dix demi-vérités circulant sur la voiture életrique". Com'è intuibile già dal titolo, la pubblicazione si propone di fare chiarezza sulle più diffuse convinzioni che circolano tra i cittadini e gli automobilisti della Confederazione riguardo alle vetture a batterie (che poi sono più o meno uguali a quelle che si riscontano ovunque) smentendo falsi miti e luoghi comuni. Insomma, dati scientifici alla mano, vuole demolire 10 diffuse "dicerie" sulla mobilità elettrica. I numeri, i concetti e gli scenari di cui si parla sono relativi alle realtà della Confederazione Elvetica il che, ovviamente, non rende i contenuti dell'opuscolo automaticamente applicabili a quelle di altri Paesi, ma gli ordini di grandezza non sono tanto diversi per gli altri paesi europei o industrializzati. Ed ecco dunque i "10 falsi miti" da sfatare sulle auto elettriche già apparsi sul portale Sicuriauto con qualche commento integrativo.
SONO TROPPO COSTOSE - Il costo d'acquisto di una vettura elettrica è tuttora assai più elevato di quello di un corrispondente modello con propulsione tradizionale. La colpa è principalmente delle batterie Li-ion: quelle di una Smart elettrica costano oggi circa poco meno di 10.000 euro. Tuttavia i costi dovrebbero scendere con il progressivo diffondersi di questi veicoli. Le stime degli esperti indicano un dimezzamento dei prezzi per il 2020. Attualmente il TCO (Total Cost of Ownership, cioè il costo totale della proprietà) calcolato su un periodo di possesso di un'auto elettrica per un periodo d'ammortamento di 8 anni, è ancora sfavorevole nei confronti di una vettura tradizionale, ma gli scenari futuri indicano riallineamenti significativi a favore della prima. Se però fossero considerate tutte le partite economiche che riguardano l'utilizzo di massa dei veicoli termici, i veicoli elettrici assicurano maggior benessere e salubrità.
NON HANNO UN'AUTONOMIA SUFFICIENTE - Oggi l'acquirente di un'auto a batteria si può attendere, in linea di massima, un'autonomia compresa tra i 100 e i 150 km, cioè sufficiente per numerosi impieghi: per esempio, l'uso urbano e dintorni, ma anche quello tra città vicine. La percorrenza media giornaliera di un cittadino svizzero è di 38,5 km. Nell'80% dei giorni è inferiore a 40 km e il 50% dei chilometri accumulati durante l'anno è rappresentato da percorsi di questo tipo. L'80% degli automobilisti elvetici percorre non più di 55 km al giorno. Questi dati indicano che per le esigenze del cittadino medio della Confederazione l'auto elettrica appare un'alternativa ragionevole che, tra l'altro, migliorerà ancora grazie al progresso tecnologico (riduzione peso e aumento della capacità della batteria e della velocità di ricarica, miglioramento dell'incidenza della frenata rigenerativa e dell'efficienza degli apparati di bordo di gestione dell'energia). Per le esigenze che l'elettrica non può soddisfare, appare praticabile il ricorso a un'auto tradizionale a noleggio, eventualmente integrando nei contratti di noleggio i due veicoli. Ne deriva che le auto con propulsori termici dispongono di motorizzazioni nettamente esuberanti rispetto alla maggior parte delle necessità quotidiane. Tuttavia, l'autonomia reale di un veicolo a batteria è fortemente dipendente dallo stile di guida e dal tipo di percorso (per esempio, montagna o pianura) e dal contemporaneo uso o meno del climatizzatore. Conclusione: al momento, per altri pochi anni, chi percorre più di 100 km/giorno e chi ne percorre parecchi in montagna farà meglio a restare legato alla propulsione tradizionale oppure ibrida.
DISPONGONO DI BATTERIE INAFFIDABILI E PERICOLOSE - Generalmente gli automobilisti sono perplessi riguardo all'affidabilità delle batterie al litio oggi utilizzate per la trazione elettrica, alla loro resistenza ai cicli di carica-scarica ripetuti, alla loro sensibilità alle alte e basse temperature e alle caratteristiche di sicurezza che offrono in caso d'incidente stradale. Per quanto riguarda i primi due aspetti, le batterie di oggi sono già sufficientemente affidabili e sopportano cicli di carica - scarica bastevoli a coprire quasi tutta la vita utile dell'auto stessa. Le leggi californiane impongono una durata di almeno 160 mila km per le batterie e molti produttori sembrano puntare a questo valore come prestazione standard assicurata (8 anni o 160.000 km, ma in Europa gli stessi costruttori offrono su batteria e organi di trazione elettrica solo 5 anni o 100.000 km e tre anni sulla vettura). Per quanto riguarda l'affidabilità e la sicurezza non ci sono problemi, anche se è noto che una batteria Li-ion che abbia preso fuoco (remotissima eventualità) non può essere spenta con della semplice acqua e che, in linea di massima, non si può estinguere un incendio da essa generato, ma tutt'al più ci si può limitare a controllarlo. Nemmeno sotto l'aspetto della resistenza alle basse temperature ci sono problemi: in queste condizioni di funzionamento, l'affidabilità delle batterie non viene compromessa; semmai, ne risente solo l'autonomia, che scende un po'. La conclusione è che tutti gli immancabili progressi futuri sull'auto elettrica non saranno rivolti a migliorare sicurezza e affidabilità già sufficienti, ma ad aumentare il comfort, l'autonomia e la durata delle batterie e la velocità di ricarica (fino a pochi minuti con specifici apparati stradali).
HANNO TEMPI DI RICARICA TROPPO LUNGHI - Una comune presa elettrica domestica (quelle dotate di cavi grossi utilizzate per elettrodomestici energivori) permette di ricaricare un veicolo a batteria in circa otto ore, contro i pochi minuti necessari a fare il pieno di un'auto tradizionale. Al momento, l'unico metodo che può avvicinare la durata di una ricarica a quella richiesta da un pieno di benzina è di sostituire completamente le batterie scariche con altre pre-caricate (ma va bene per flotte monomodello e stanziali). Attualmente si sta cercando di ridurre questi tempi mediante l'utilizzo di colonnine pubbliche che erogano amperaggi maggiori a patto di usare cavi che consentano il collegamento diretto con la colonnina e, contemporaneamente, di arrivare a uno standard mondiale dei connettori per la ricarica. Lo standard di comunicazione denominato CHAdeMO, delineato per esempio in Giappone e adottato da alcuni produttori di apparati di ricarica statunitensi ed europei e funzionante in corrente continua, permette di rifornire in cinque-dieci minuti una vettura con una quantità di energia sufficiente a percorrere da 30 a 50 km e di raggiungere una percentuale di carica delle batterie dell'80% in meno di mezz'ora (dipende dalla temperatura della batteria e del suo stato di carica). Un'autovettura resta mediamente inutilizzata (e quindi posteggiata in un parcheggio privato o pubblico o del datore di lavoro del proprietario) per il 90% del tempo, cioé per oltre 21 ore su 24, ossia un tempo più che sufficiente a consentire una ricarica standard da otto ore allacciandola a una normale colonnina domestica o aziendale. Considerando le già citate percorrenze medie dei cittadini svizzeri (40 km al giorno, con l'80% di loro che non ne percorre più di 55), con 150 km di autonomia un "pieno" di elettricità basta per circa due-tre giorni. In altre parole, per le esigenze quotidiane la ricarica "lenta" da otto ore è più che sufficiente e la disponibilità di una colonnina per la ricarica "rapida" sarebbe necessaria solo se ci si dimenticasse di dare un'occhiata alla lancetta del "serbatoio" (ma i migliori veicoli tengono informati i loro utilizzatori direttamente sullo smartphone) e, successivamente, anche di fare il pieno da una colonnina "lenta". Quanto ai confronti con le vetture con motore a combustione, prendiamo come esempio un'auto con serbatoio da 60 litri e un consumo di 6 litri/100 km. Con una percorrenza giornaliera di 40 o 55 km, un'auto così circolerebbe rispettivamente per 25 e per 18 giorni grazie a un pieno dal costo di circa 100 franchi svizzeri (9,25 euro circa). Con questi valori, varrebbe la pena di passare all'elettrico e di "fare il pieno in garage", considerato anche che l'80% degli automobilisti elvetici ne ha uno (in Italia il 40%). Senza contare che man mano che le vetture a batteria si diffonderanno, aumenterà anche il numero di stazioni di ricarica dove effettuare i rifornimenti intermedi o "emergenziali" di energia per completare il pieno. I proprietari dei migliori veicoli affermano che dopo una settimana già si supera l'iniziale "ansia da autonomia".  
LE STAZIONI PUBBLICHE DI RICARICA SONO INSUFFICIENTI - Attualmente in Svizzera esistono 670 colonnine pubbliche di ricarica e circa 800 auto elettriche in circolazione (in Italia presto almeno 1000 con dei progetti pilota in 9 regioni più altre di libera iniziativa). Il rapporto auto/colonnine, quindi, è circa di 1:1. Inoltre, le abitudini di mobilità e la buona disponibilità di garage privati farà sì che la modalità di ricarica di gran lunga preferita dagli svizzeri sarà ancora quella privata, dalla colonnina domestica. Ne deriva che creare una rete capillare di stazioni di ricarica pubbliche non appare per il momento remunerativo. Il comune di Mendrisio è stato il pioniere della mobilità elettrica in Svizzera: sulle sue strade circolano attualmente 400 veicoli a batteria e dal 1994 al 2001 sono state installate 80 colonnine di ricarica. Ciò ha permesso di accumulare importanti dati statistici dai quali si ricava che ognuna delle colonnine eroga mediamente appena quattro kWh di elettricità al giorno. Quindi, le colonnine pubbliche non vengono quasi mai utilizzate data la scarsa quantità di energia ricaricabile in corrente alternata e quando lo sono, ciò avviene per motivi "di prova" o qualora il conducente dell'auto abbia qualche dubbio sull'autonomia che gli servirà nelle ore seguenti. Che cosa vuol dire? In conclusione, che nella Confederazione non esiste al momento penuria di colonnine (magari perché quelle pubbliche a bassa potenza e in corrente alternata sono inadeguate rispetto alle necessità di un utilizzo pratico dei veicoli elettrici?), e poiché il loro numero è in crescita (ma meglio se fossero pochi impianti, ben posizionati, ad alto fattore di utilizzo per servizi di ricarica in pochi minuti), non esisterà neppure in futuro, anche se il parco circolante di auto a batteria dovesse aumentare in modo significativo.
NON SONO SICURE IN CASO D'INCIDENTE - Non esistono elementi che permettano di giustificare questa affermazione. Indipendentemente dal tipo di propulsione, i costruttori non sembrano disposti a scendere al di sotto certi livelli di sicurezza per le loro vetture e il Touring Club svizzero, che ha sottoposto a crash test il primo modello elettrico prodotto in grande serie, la Mitsubishi i-MiEV (4 stelle EURO-NCAP), ha concluso che da questo punto di vista l'auto è perfettamente all'altezza di un un veicolo similare con propulsione tradizionale e lo stesso è avvenuto per altri modelli come la Peugeot iOn/Citroen C-Zero (sorelle della i-MiEV) e la Nissan LEAF (5 stelle EURO-NCAP). Viene quindi smentita una convinzione diffusa, e cioè che l'esigenza di risparmiare peso per compensare quello (rilevante) delle batterie abbia costretto le case a realizzare abitacoli meno sicuri per i modelli elettrici. Tuttavia, questi ultimi non solo sono sicuri esattamente come gli altri dal punto di vista strutturale, ma anche per ciò che attiene le specificità di veicoli il cui funzionamento richiede correnti di tensione e intensità elevate. Nessun pericolo, quindi, di restare "fulminati" in caso d'incidente, ma nemmeno durante l'uso quotidiano ci sono problemi: anche con condizioni atmosferiche avverse ci si muove o le si ricarica in sicurezza.

SONO TROPPO SILENZIOSE - Il funzionamento molto discreto delle vetture elettriche può effettivamente rappresentare un pericolo per i pedoni, soprattutto per i bambini e per le persone a capacità visiva ridotta o assente, che confidano nell'udito per cercare di capire che cosa accade intorno a loro. Alcuni studi condotti negli Stati Uniti dimostrano che i rischi per i pedoni crescono leggermente in caso di veicoli elettrici che procedano a marcia indietro. Sempre oltreoceano sono stati intrapresi studi per determinare quali segnali acustici possano essere adottati per ridurre tali rischi. Già oggi alcuni veicoli a batteria dispongono di "suoni" idonei a rendere i pedoni consapevoli del loro arrivo o delle manovre. Vengono attivati fino a una velocità di 30 km/h, superata la quale i rumori aerodinamici e quelli generati dal rotolamento degli pneumatici rendono i veicoli udibili. In retromarcia, il rumore artificiale viene interrotto a intervalli regolari per produrne uno (non udibile all'interno) simile a quello generato da un veicolo pesante in manovra (frequenze alte e basse, suono intermittente). Le ricerche dimostrano inoltre che quando un conducente incontra situazioni che lo costringono a procedere a velocità bassissime (fino a 20 km/h) la sua soglia d'attenzione è già elevata di per sé e ciò contribuisce ad abbassare ulteriormente il rischio di travolgere i pedoni.
NON SONO ABBASTANZA ECOLOGICHE - Per determinare le caratteristiche inquinanti di un veicolo in termine di emissioni di CO2 (ma vanno considerate anche le nanopolveri e gli ossidi di azoto, idrocarburi incombusti, benzene, formaldeide, perdite di gas serra come il metano che per cento anni ha effetti 80 volte superiori alla CO2, poi scendono a 40 volte per altre decine di anni, che sono crescenti con l'invecchiamento del veicolo, perdite di energetiche durante la filiera, ecc.) vanno tenute presenti quelle relative alla sua costruzione, quelle da imputare alla produzione di energia per muoverlo e quelle derivanti dal suo smaltimento a fine vita. Le discussioni più accese su questo punto riguardano i metodi di calcolo delle emissioni stesse. Il bilancio comparativo "ruota contro ruota" tra un veicolo elettrico e uno tradizionale effettuato tramite il metodo "Optiresource" (che prende in considerazione il problema a partire dal "costo ambientale" delle materie prime utilizzate per la loro costruzione fino a quello del carburante alla pompa o "alla spina") indica i seguenti valori di emissione: il funzionamento di un motore diesel genera 131 g di CO2 per km ai quali ne vanno aggiunti altri 25 (totale: 156 g/km) provenienti dalle attività a monte della pompa del carburante, mentre per un'auto a batteria, anche tenendo conto del "mix elettrico" dell'Unione Europea ancora sbilanciato sulla produzione di elettricità fossil-dipendente, si arriva a 87 g/km (però con nanoparticolati da combustione completamente assenti in strada e comunque controllabili in centrale o assenti con fonte rinnovabile senza combustione). Il valore scende a 23,3 g/km se invece si tiene conto del mix svizzero, mentre si riduce ad appena 5 g/km se l'energia ha origine completamente eolica. Conclusioni: l'impatto ambientale complessivo di un'auto a batteria è/sarà strettamente legato al mix elettrico esistente nel Paese dove il veicolo viene/verrà utilizzato, ma è una frazione di quello derivante dalla mobilità endotermica. Le batterie al litio sono facilmente riutilizzabili dopo la vita a bordo e giunte a fine vita (dopo 20-25 anni) i loro componenti sono facilmente disaggregabili per essere riutilizzati in un nuovo ciclo produttivo.
ACCRESCONO IL FABBISOGNO COMPLESSIVO DI ENERGIA ELETTRICA - C'è poco da fare: i veicoli a batteria hanno bisogno di elettricità per funzionare e quindi costituiscono un'utenza elettrica importante e, oltretutto, aggiuntiva rispetto alle attuali utenze. Tuttavia, per l'esatta comprensione del problema, va tenuto conto non solo della quantità di elettricità necessaria alla mobilità (che è comunque inferiore del 62% all'energia primaria impiegata dalla mobilità termica), ma dell'intero bilancio energetico. Sotto questo profilo, un motore a combustione interna ha un rendimento globale di appena il 20% e una produzione di "rifiuti energetici" dell'80% che si pagano quando si fa il pieno, mentre per un motore elettrico le proporzioni sono esattamente opposte. È stato calcolato che se il parco circolante svizzero (circa 4 milioni di veicoli) fosse completamente elettrico, consumerebbe annualmente una quantità di energia più o meno equivalente a quella consumata dalla città di Zurigo nel 2008. L'elettrificazione completa del parco provocherebbe un aumento nella domanda di energia elettrica complessiva dell'1-2% l'anno per i prossimi 20 anni, largamente inferiore all'aumento annuale calcolabile se il parco circolante restasse nelle condizioni attuali. Ciò che conta davvero per l'elettrificazione della mobilità individuale non è il bisogno complessivo di elettricità, ma la potenza elettrica che deve essere messa a disposizione delle vetture nell'unità di tempo. Se ogni auto fosse ricaricata con una potenza di 3 kW e tutte le ricariche avvenissero contemporaneamente, la potenza necessaria sarebbe di circa 12 GW, che corrisponde più o meno a quella complessiva odierna di tutte le centrali svizzere. Quindi, il problema è organizzare le operazioni di ricarica in modo che la potenza elettrica disponibile sia sufficiente. Le vetture elettriche vengono ricaricate prevalentemente di notte, cioè quando la domanda di energia è più bassa. Tuttavia, bisognerà comunque mettere a punto tecniche di scaglionamento delle ricariche per evitare che tutti i cittadini elvetici allaccino la loro auto alla rete in un ristretto periodo di tempo. Al contrario, bisognerà "spalmare" le ricariche lungo tutto l'arco notturno, adattandole al variare delle capacità produttive delle centrali secondo il concetto "smart grid". Le tecnologie necessarie per fare ciò esistono già e sono le stesse oggi utilizzate per scaglionare il riscaldamento dell'acqua sanitaria. Qualche numero sulle energie rinnovabili? Un impianto fotovoltaico da 1.000 kWh l'anno occupa una superficie di circa 10 m2, cioè quella tipica del tetto di un piccolo garage di metri 2 x 5, e basta per ricaricare un veicolo elettrico utilizzato per 6.000 km annui. Per quanto riguarda l'eolico, un impianto da 2 MW può ricaricare da 1.400 a 1.600 veicoli. La fonte rinnovabile soprattutto se immagazzinata in piccoli storage è in grado di provvedere ai fabbisogni dei veicoli elettrici. Si parte dal presupposto che l'elettrificazione progressiva del parco circolante non farà crescere la domanda di energia da qui al 2020 e che quindi, fino a quella data, la Svizzera non avrà necessità di nuove centrali. La stessa cosa vale per l'Italia (cfr. rapporto RSE, pag. 47). E' vero che i veicoli elettrici in più sarebbero una risorsa per il bilanciamento della rete. 
RICHIEDONO TROPPE MATERIE PRIME - La tecnologia largamente più utilizzata oggi per le batterie da trazione è quella agli ioni di litio. Le principali riserve di questo metallo alcalino sono oggi ubicate in Bolivia, Cile, Argentina e Cina. Attualmente, quelle accessibili e sfruttabili ammontano a sette milioni di tonnellate, una quantità che permetterebbe la realizzazione di 600 milioni di vetture a batteria (in media quasi 12 kg di ossido di litio a veicolo)Le riserve teoriche totali sono invece stimate in 135 - 160 milioni di tonnellate, il che equivale a una produzione di 50 milioni di vetture elettriche l'anno per 200 anni. Secondo uno studio dell'Istituto Fraunhofer sui Sistemi e l'Innovazione, le riserve mondiali di litio basteranno fino al 2050 anche se la domanda di vettura a batteria dovesse decollare. Nessun problema anche per il rame (un altro metallo utilizzato nelle batterie Li-ion): se l'85% della flotta mondiale venisse elettrificata, si avrebbe un aumento del 21% della domanda di rame. La produzione di rame è attualmente concentrata per il 97% in Cina il che, dal punto di vista ambientale, implica conseguenze assai rilevanti per il Paese asiatico. Tuttavia, sono in corso nel mondo circa 270 progetti estrattivi che riguardano questo metallo ed entro il 2011 nuove miniere saranno aperte negli Stati Uniti e in Australia, nazioni dove il rispetto per l'ambiente è certamente un tema più sentito che non in Cina e spinge all'adozione di tecniche estrattive e di lavorazione più avanzate e meno inquinanti. Il litio, indispensabile anche per l'industria dei cellulari e dei computer, è riciclabile al 100% e si stanno intensificando gli sforzi per migliorare le tecniche di riciclo in modo da ridurre le necessità estrattive e allontanare ancora nel tempo l'esaurimento delle riserve. Nel frattempo, si affacciano sul mercato altre materie prime, abbondanti in natura, utilizzabili come elettroliti per le batterie. E' comunque vero che i migliori veicoli elettrici oggi prodotti in serie hanno raffinatissimi sistemi elettronici, sia di potenza che logici, per gestire le funzioni del veicolo e del powertrain che oggi hanno un costo rilevante, pari però al contenuto tecnologico da primato.