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venerdì 30 dicembre 2011

Infrastrutture di ricarica: vero problema?

Un'interessante serie di riflessioni su un'adeguata infrastruttura di ricarica per i veicoli elettrici



Ogni rivoluzione si accompagna alla contro-rivoluzione. In altre parole, qualsiasi cambiamento ha i suoi sostenitori e i suoi antagonisti. Nel settore (molto dibattuto) delle auto elettriche, i sostenitori dicono che sono il futuro della mobilità, mentre i detrattori sostengono che sono inutili e che non si affermeranno mai e che falliranno gli obiettivi di vendita. Gli uni e gli altri hanno ottime argomentazioni dalla loro parte e certo le utilizzano senza risparmio. Tra quelle sostenute dai nemici dei veicoli a batteria ve ne sono due che ricorrono con insistenza:


1) per consentire una vera diffusione delle auto elettriche è necessario avviare imponenti programmi per realizzare le infrastrutture di ricarica, disseminando le città e le strade di colonnine e di stazioni di rifornimento elettrico che avrebbero costi elevatissimi e che renderebbero antieconomiche le vetture così alimentate;
2) l'autonomia consentita dalle auto a batteria è troppo limitata e non c'è alcun motivo logico di acquistare un veicolo che ha un prezzo sensibilmente più elevato di uno a combustibili fossili di pari segmento e che in questo specifico aspetto offrirebbe prestazioni assolutamente inferiori.

I COSTI SAREBBERO SOSTENIBILI - Per quanto riguarda il primo punto, citiamo un interessante e corposo (circa 200 pagine) studio francese dello scorso aprile del quale non sono in molti conoscere i contenuti, visto che il documento è circolato quasi solo tra gli "addetti ai lavori". Il documento s'intitola "Livre Vert sur les infrastructures de recharge des véhicules decarbonés dans les collectivités" (Libro Verde sulle infrastrutture di ricarica pubbliche dei veicoli a emissioni zero) ed è stato preparato dal senatore Louis Nègre del dipartimento francese delle Alpi Marittime con il contributo di 13 grandi "collettività territoriali" transalpine (delle quali fanno parte, per esempio, le città di Nizza, Le Havre, Bordeaux, Rouen e Strasburgo con le loro aree circostanti). Lo studio ha calcolato quante risorse tecniche ed economiche occorrerebbero per creare le infrastrutture di ricarica necessarie a garantire la mobilità elettrica a una città tipo di 500 mila abitanti (per esempio, Rouen) partendo da uno scenario ragionevole che vedrebbe il parco circolante elettrico cittadino salire fino all'1,2% di quello complessivo (ipotizzato in 275 mila vetture) nel 2015 e al 5% nel 2020. In pratica, si tratterebbe di ricaricare 3.300 auto elettriche nel 2015 e 15 mila nel 2020. In questi anni, e con lo sviluppo del parco circolante elettrico ipotizzato, le stazioni di ricarica installate in una città come Rouen dovrebbero essere rispettivamente 250 e 400, così suddivise:
  • 90%, colonnine monofase da 3 kVA per la ricarica "normale", installate in luoghi privati, a casa o sul posto di lavoro;
  • 2/3%, colonnine monofase da 3 kVA per la ricarica "normale" installate in luoghi pubblici;
  • 5%: colonnine trifase con potenza di 22 kVA per la ricarica "accelerata", installate in luoghi pubblici come nodi di trasporto e in aree commerciali;
  • 2-3%: colonnine trifase con potenza di 43 kVA per la ricarica "rapida", installate in luoghi pubblici o privati.
Su queste basi, ed estrapolando i dati rapportandoli alle 13 municipalita che hanno collaborato al progetto, il Libro Verde ha calcolato che gli investimenti per installare le 26 mila colonnine necessarie nel 2015 sarebbero di 180 milioni di euro, che potrebbero scendere in base al prevedibile calo del prezzo unitario delle colonnine stesse conseguente alla loro progressiva diffusione. Un'ulteriore estrapolazione basata sulel necessità delle 25 più gradi minicipalità di Francia indicano 44 mila colonnine per un investimento di 300 milioni. Insomma, somme tutt'altro che proibitive, se spalmate in un certo numero di anni e su territori vastissimi e densamente popolati come quelli considerati.
L'AUTONOMIA È DAVVERO UN PROBLEMA? - Per quanto riguarda il secondo punto, cioè l'autonomia dei veicoli elettrici, è stato pubblicato più di uno studio che indica che la maggioranza degli automobilisti percorre quotidianamente poche decine di chilometri, il che indicherebbe che le autonomie consentite dalle batterie oggi più efficienti (senza contare quelli che verranno), intorno ai 150 km con un "pieno", sono più che sufficienti a soddisfare gran parte delle esigenze di mobilità dell'automobilista medio. Eppure, i sondaggi che spesso corredano gli stessi studi indicano anche che proprio la possibilità di rimanere a piedi con le batterie scariche è uno dei timori più diffusi tra gli automobilisti, a tal punto che è il principale ostacolo che frena, a detta degli interessati, la loro propensione ad acquistare un'auto elettrica. Com'è noto, l'Enel ha in corso un programma pilota insieme a Smart in base al quale la casa automobilistica ha messo a disposizione circa un centinaio di Smart a batteria per altrettanti clienti (paganti) di Firenze, Pisa e Roma, mentre Enel ha installato le colonnine di ricarica domestiche e si occupa della fornitura e della fatturazione della bolletta elettrica. Ovviamente, i contatori installati a casa dei clienti sono di tipo evoluto e permettono funzioni di rilevazione e di controllo dei consumi molto precise attraverso le quali si possono estrapolare statistiche di vario tipo. Una di quelle alle quali Enel (ma anche Smart) è più interessata riguarda proprio il monitoraggio delle abitudini di ricarica dei clienti. Ebbene, le statistiche indicano che dopo un periodo iniziale durante il quale i proprietari di Smart elettriche ricaricavano le vetture praticamente ogni notte, oggi ricorrono alla ricarica più o meno un paio di volte alla settimana. Quindi, presumibilmente, si sono accorti che il terrore di rimanere con le batterie scariche aveva in sé anche motivazioni irrazionali. Ora che l'irrazionalità s'è misurata con la realtà di ogni giorno, la frequenza delle ricariche s'è ridotta fino ad adeguarsi alle loro vere esigenze di mobilità, per soddisfare le quali la piccola Smart ha evidentemente un'autonomia sufficiente.
SOLUZIONE "PONTE"? - Ovviamente non ci sognamo nemmeno di sostenere che l'auto elettrica sarà la panacea che risolverà tutti i mali del mondo sul fronte della mobilità sostenibile. Tenendo conto di costi, autonomia, prestazioni e di ogni altro fattore che compone la difficile equazione la cui soluzione contiene quella del dilemma "elettriche sì, elettriche no", è molto probabile che i veicoli a batteria, saranno, ancora per anni, una nicchia riservata a chi necessita di un veicolo utile a soddisfare esigenze di mobilità molto particolari. Dopo l'avvento delle elettriche è altrettanto probabile che si affermeranno soluzioni di mobilità diverse e ancora più evolute. Insomma, la trazione elettrica potrebbe essere una soluzione intermedia, con una durata già tracciata e una morte già stabilita. Tuttavia, sia i fautori del "niente", sia quelli del "tutto" dovrebbero tener conto anche delle infinite vie di mezzo e per prevedere gli sviluppi dell'auto elettrica, più che ragionare in base a pregiudizi, dovrebbero tener conto di studi seri e concreti, che riportino numeri e dati precisi.
LA STORIA SI RIPETE E INSEGNA - Del resto, cent'anni fa le auto preferite da molti erano a batteria. Il pubblico femminile, per esempio, non digeriva le fumose "caffettiere" scoppiettanti con avviamento a manovella che richiedevano la forza fisica di uno chaffeur per essere messe in moto. Poi, nel 1913, l'ingegner Charles Kettering (il fondatore dell'odierna Delco, leader nella componentistica elettrica), installò su una Cadillac il primo motorino d'avviamento, un "prodigio" che decretò la fine della trazione a batteria e spianò la strada alle auto con motore a scoppio. Le quali, è bene ricordarlo, si affermarono nonostante gli immensi investimenti richiesti dalle infrastrutture necessarie che anche allora, guarda caso, erano costituite dalle stazioni per il rifornimento del carburante, così come oggi i punti di ricarica sono uno dei cardini intorno al quale ruota il "problema elettrico". Anche allora, nei confronti dell'oggetto "automobilie", ci furono i "dubbiosi" e i "contrari" per partito preso, e sappiamo tutti com'è andata a finire.

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