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mercoledì 15 febbraio 2012

Le nostre contraddizioni... di cui ci nutriamo, di cui siamo pericolosamente fatti.

Alcune considerazioni illuminanti su alimentazione, salute, sostenibilità.


Il 14 Settembre del 2011 l’Organizzazione Mondiale della sanità ha annunciato che le malattie cronico-degenerative – le malattie dell’abbondanza – hanno superato le malattie infettive – le malattie della povertà – come problema sanitario mondiale: su 58 milioni di morti annui, 36 milioni sono dovuti a malattie non trasmissibili, soprattutto cardiovascolari (48%), tumorali (21%), polmonari croniche (12%), diabete, e il maggior numero di morti lo si conta nei paesi poveri. Le cause sono il tabacco, l’obesità, la vita sedentaria, l’ipertensione, l’iperglicemia e... la globalizzazione della dieta occidentale. Lo stesso messaggio ammonisce che i costi per gestire queste patologie stanno diventando insostenibili e che i sistemi sanitari nazionali sono al collasso. Lo si sapeva anche prima, ma è un bene che l’OMS ce lo ripeta perché la sensibilità di chi può assumere decisioni non sembra attenta, o comunque non si è valutato come logica deduzione che per salvare i sistemi sanitari - e l’economia dei paesi - occorre ridurre l’incidenza e la prevalenza delle malattie croniche, perché chi è malato da un lato costa e dall’altro non produce!

Nutrire il Pianeta anche per prevenire le malattie, dunque, ma con cosa?
A fine Gennaio 2012 il ministero dell’agricoltura statunitense (USDA) ha emesso una direttiva per la ristorazione scolastica che impegna tutto il paese ad eliminare i cereali industrialmente raffinati dalla ristorazione scolastica (35 milioni di utenti): entro due anni tutti i prodotti a base di cereali dovranno avere come primo ingrediente un cereale integrale. L’amministrazione americana ha recepito il messaggio degli studi epidemiologici prospettici che hanno concordemente confermato l’ipotesi che il consumo di fibre di cereali, non come integratori ma come cibi, è associato a minore rischio di obesità e a minore mortalità per malattie cardiovascolari, diabete, cancro, malattie dell’apparato respiratorio, dell’apparato digerente, e anche malattie infettive, queste ultime verosimilmente perché il buon funzionamento del sistema immunitario dipende dalla salute dell’intestino.

Nel 2010 e 2011 sono stati portati a termine due grandi studi prospettici su centinaia di migliaia di persone sul rapporto cibo e obesità. I cibi più associati ad aumento di peso sono le patatine, le patate, le carni conservate, le carni fresche, le bevande zuccherate, i dolciumi, i cereali raffinati, i succhi di frutta, mentre i cereali integrali e i semi oleaginosi sono risultati protettivi. L’aggiornamento continuo della revisione sistematica degli studi epidemiologici su alimentazione e cancro promossa dal Fondo Mondiale per la Ricerca sul cancro (WCRF) conferma che i tumori dell’intestino, che sono oggi i tumori più frequenti nella nostra popolazione, riconoscono come fattori causali le carni conservate (che il WCRF raccomanda di non mangiare proprio), le carni rosse (che il WCRF raccomanda di moderare), e la carenza di alimenti ricchi di fibre (cereali integrali, legumi e verdure, che il WCRF raccomanda di mangiare quotidianamente).

Gli zuccheri ridondanti
Recentissimamente, il 2 Febbraio 2012 la rivista Nature pubblica un commento sugli effetti tossici dello zucchero aggiunto, definito come qualunque dolcificante che contiene la molecola di fruttosio,  sostanzialmente il saccarosio (lo “zucchero”) e lo sciroppo di glucosio e fruttosio, che sta sostituendo lo zucchero nelle bevande e nei prodotti di pasticceria. L’articolo ricorda che nella storia dell’umanità i nostri antenati mangiavano zucchero solo sotto forma di frutta, che un tempo era disponibile solo nei pochi mesi dell’anno in cui giungeva a maturazione, e di miele, che però era ben protetto dalle api. La natura aveva reso questi zuccheri piuttosto difficili da ottenere, ma l’industria alimentare li ha resi onnipresenti: negli Stati Uniti si mangiano più di 600 chilocalorie di zucchero a testa al giorno, da noi quasi 400 (pari a 100 g), e queste quantità sono uno dei fattori della sindrome metabolica (gli altri sono troppe proteine, troppi grassi saturi e trans, troppo sale e troppo alcol, oltre alla vita sedentaria). Buona parte di questa enorme quantità di zucchero proviene dalle bevande zuccherate, che il WCRF raccomanda di evitare del tutto per la prevenzione dei tumori.


Sindrome metabolica
La cosiddetta sindrome metabolica, che riguarda oggi quasi un terzo della popolazione adulta, è una condizione definita dalla presenza di 3 o più dei seguenti fattori: pressione alta, glicemia alta, trigliceridi alti, colesterolo HDL basso, obesità addominale (definita da una circonferenza vita superiore ad 85 cm nelle donne e 100 cm negli uomini). Si tratta del principale problema di salute pubblica del mondo occidentale. Chi ha la sindrome metabolica si ammala di più di diabete, di infarto, di ictus, di steatosi e di cirrosi epatica, di cancro, di Alzheimer. Ci sono sempre più indicazioni che la sindrome metabolica e i suoi determinanti influenzino negativamente anche la prognosi dei malati di cancro (in particolare di chi ha avuto un cancro della mammella o dell’intestino). La prevalenza di queste patologie è in continuo aumento anche a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione, reso possibile dalla scomparsa della fame e delle malattie infettive come causa principale di morte, e dai successi della medicina per tener in vita gli anziani affetti da malattie croniche. Ne consegue un quadro di crescente domanda di prestazioni sanitarie che, accoppiato alla crescente offerta di tecnologie diagnostiche e terapeutiche sempre più avanzate e costose, prefigura un quadro di progressiva insostenibilità economica.

Le malattie sono come la “spazzatura”: non basta preoccuparci di come farla sparire, occorre produrne meno. E sappiamo che è possibile, e ci auguriamo chele scelte alimentari che ci permetteranno di prevenire le malattie croniche che caratterizzano il mondo occidentale contribuiscano anche a salvare il Pianeta.

Oltre che noi stessi.
Parole sagge.




Signori, il petrolio è finito, facciamocene una ragione. La notizia è vera e seria e viene pubblicata da Nature nonché ripresa in italiano da Le Scienze che vi cito testualmente:

A partire dal 2005, la produzione convenzionale di petrolio greggio non è cresciuta di pari passo con la crescita della domanda. Noi sosteniamo che il mercato del petrolio è passato a un nuovo e diverso stato, in una di quelle che in fisica si chiamano transizioni di fase: oggi la produzione è «anelastica», incapace cioè di seguire la crescita della domanda, e questo spinge i prezzi a oscillare in modo selvaggio. Le risorse degli altri combustibili fossili non sembrano in grado di colmare il buco.
Chiosa, giustamente Debora Billi su Petrolio:

Visto che si è finora dimostrato che gli "esperti" di cui si servono i governanti non leggono né i nostri umili blog, e neanche i più autorevoli documenti prodotti da fior di ricercatori ed Università, non rimane che sperare che diano una scorsa almeno a Nature o a Le Scienze. Altrimenti non si capisce proprio come possano continuare ad essere considerati "esperti" (o meglio... tecnici).

La mia di chiosa, invece è questa: proprio un paio di giorni fa ragionavo, dopo la lettura del libro di Danilo Bonato di come sia di fatto evidente, manifesto il collasso delle risorse; in termini planetari non ha granché senso continuare a estrarre ogni sorta di materia prima. Ebbene, la soluzione, probabilmente consisterebbe nell'approcciarsi all'ecologia e allo sviluppo sostenibile tenendo presente che sono le basi dell'economia e non i suoi prodotti. I segnali ci sono tutti, gli scienziati ci avvisano anche, cosa aspettiamo? Inermi l'implosione?







18 giugno 2012 - MOTORI DIESEL E CANCRO.

OMS: "le emissioni dei motori diesel sono cancerogene per l'uomo"
L'Organizzazione Mondiale della Sanità pubblica i i risultati della riunione del Centro internazionale di Ricerca sul Cancro


Le prove scientifiche sono inconfutabili e le conclusioni del gruppo di lavoro sono state all'unanimità: le emissioni dei motori diesel causano il tumore del polmone. Il Centro Internazionale di ricerca sul Cancro al termine di una settimana di lavoro degli esperti dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che si è conclusa a Lione il 12 giugno ha sottolineato inoltre la necessità che l'esposizione a questa miscela di prodotti chimici sia ridotta in tutto il mondo.
Se ne parlava già da tempo, ma sembra che gli esperti abbiano rilevato prove sufficienti per stabilire una stretta correlazione fra i motori alimentati a gasolio e il cancro: "le emissioni allo scarico dei motori diesel sono cancerogene certe per gli esseri umani e l'esposizione a tali gas è associata ad un rischio accresciuto di tumore al polmone ed anche ad un maggior rischio di cancro alla vescica".
Questo è il verdetto del gruppo di lavoro che ha portato i motori alimentati a gasolio alla classificazione - da oggi - nel "gruppo 1", quello appunto delle sostanze cancerogene certe, mentre in precedenza le emissioni dei diesel erano annoverate nel "gruppo 2" delle sostanze probabilmente cancerogene per l'uomo.
Immediato il plauso del CODACONS secondo cui la pronuncia dell'OMS "apre nuovi scenari e - continua - spariscono le parole "probabilmente" e "potenzialmente": ciò rende possibile procedere con maggior successo non solo per il reato di getto pericoloso di cose (674 cod. penale) ma anche per omissione d'atti d'ufficio nei confronti dei sindaci e dei presidenti di regione inadempienti". CODACONS non esclude una class action con persone ammalate di tumore al polmone.
Di tutt'altro tenore i commenti dell'Associazione Europea dei Costruttori di Auto (ACEA), la quale tiene ad evidenziare che le nuove tecnologie dei motori incriminati sono state sviluppate proprio per rispondere a queste preoccupazioni.
Ma è risaputo che le nanopolveri da combustione emesse dai motori diesel ad alta pressione e dai filtri antiparticolato che poi le rilasciano, dopo averle bruciate, a dimensione sempre più piccole (PM10 e PM2,5) causano anche episodi ischemici dopo appena 6 ore di esposizione in aree con forte concentrazione di traffico. Le polveri non possono essere fermate dai filtri "meccanici" delle vie aeree superiori ed inferiori dell'apparato respiratorio, arrivano negli alveoli all'interno dei bronchi e passano nel circolo sanguigno e si depositano in organi e tessuti, causando infiammazioni che il sistema immunitario alla lunga non riesce a fronteggiare. Il risultato è o un ostruzione ischemica con le particelle più grosse (ictus o infarti), o un'interazione con l'organismo che danno origine a neoformazioni maligne. 

E tutto questo per continuare a sprecare l'80 percento dell'energia che paghiamo.


Per approfondire...







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