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Kaizen (改善) è miglioramento continuo, concetto di "eccellenza essenziale" da estendere alla società per un futuro sostenibile. Fare di più, con meno e meglio... e per tutti, di oggi e di domani! Kaizen!

Le ultime news di Quotidiano Energia

mercoledì 31 agosto 2011

Micro-vett produce in Italia un veicolo commerciale leggero elettrico con ricarica rapida in corrente continua


Micro-Vett ha ottenuto la certificazione CHAdeMO sul sistema di ricarica dei veicoli elettrici Fiorino electric, Nuovo Doblò electric e Ducato electric
Unico costruttore in Italia ad avere una gamma di veicoli certificati CHAdeMO.

Il sistema di ricarica rapida in corrente continua CHAdeMO abbatte i tempi di ricarica fino a mezzora mediante il pilotaggioin tempo reale dell'operazione di ricarica in base ad un protocollo di comunicazione fra veicolo e infrastruttura di ricarica, in base allo stato in quel momento della batteria del veicolo. Anche in Italia sono in fase di prima installazione apparati di ricarica in corrente continua ad alta potenza che adottano il protocollo di comunicazione CHAdeMO.

Il produttore italiano si dota quindi di una caratteristica da preferire nella scelta di un veicolo commerciale leggero perché consente un utilizzo pratico e senza compromessi del veicolo.


Micro-vett Fiorino cargo

Principali caratteristiche:

Fiorino cargo: Passengers: 2, Weight: 1182 kg, Driving range: 140 km, Battery: Lithium 31.1 kWh
Fiorino combi: Passengers: 4-5, Weight: 1314 kg, Driving range: 140 km, Battery: Lithium 
31.1 kWh 

CHAdeMO è una coalizione di 158 partner che includono costruttori come Nissan, Toyota, Mitsubishi, Subaru e il Gruppo Psa, la Tokyo Electric Power Company, e il colosso tedesco

Robert Bosch con l’obiettivo di definire nei dettagli un sistema di ricarica pratica e veloce per i veicoli elettrici che possa essere adottato globalmente e non solo in Giappone.
L’associazione CHAdeMO punta a uniformare il voltaggio, le prese e altri aspetti tecnici, avendo come punto di riferimento i tempi di ricarica, che devono essere i più brevi possibile.
Il nome dell’associazione “CHAdeMO” è formato dalla contrazione delle parole “CHArge de MOve”, ovvero “charge for moving” (una carica per muoversi), e gioca sull’assonanza con la frase giapponese “O cha demo ikaga desuka”, che significa “prendiamo un tè mentre ci ricarichiamo”.

Sito di Micro-vett

Altri veicoli compatibili CHAdeMO:




Passengers: 4
Weight: 1010 kg
Driving range: 80 km
Battery: 9.2 kWh
SUBARU Plug-in Stella
  Passengers: 4
Weight: 1110 kg
Driving range: 140 km
Battery: 16 kWh
 Mitsubishi i-MiEV
Passengers: 5
Weight: 1520 kg
Driving range: 175 km
Battery: 24 kWh
Nissan LEAF
- Car of the Year 2011 -
Passengers: 2
Weight: 1580 kg
Driving range: 180 km
Battery: 32 kWh
Protoscar LAMPO2
  Passengers: 4
Weight: 1120 kg
Driving range: 140 km
Battery: 16 kWh
 Peugeot iON Citroen C-ZERO 


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Etichette: chademo, fast charging, italia, veicoli commerciali

giovedì 25 agosto 2011

Germania: introdotto il fast charging autostradale

Dopo Portogallo e Francia anche la Germania
E.ON: IN GERMANIA PRIMA STAZIONE PER RICARICA AUTO ELETTRICHE SU AUTOSTRADA, CON COSTI DI INSTALLAZIONE IRRISORI RISPETTO AD ALTRI FUEL

E.On ha installato la prima stazione di ricarica veloce per auto elettriche sulle autostrade tedesche.
La stazione si trova, spiega una nota, sull'autostrada A8 all'uscita di Irschenberg, in Baviera, nel sud della Germania.
Per la prima volta in Germania gli automobilisti hanno a disposizione stazioni di ricarica in corrente continua sulle autostrade. Con una capacità di ricarica fino a 50kW, queste stazioni sono in grado di ricaricare le auto elettriche in 20-30 minuti, a differenza delle stazioni di ricarica a corrente alternata e 3,5 kW di potenza utilizzate finora che impiegano circa sei ore per ricaricare completamente una batteria.
Durante la prima fase di test, la ricarica rapida avrà una tariffa flat di 5 euro. L'elettricità utilizzata in queste stazioni sarà generata da fonti rinnovabili ed esclusivamente dagli impianti idroelettrici di E.On. In futuro E.On intende sviluppare ulteriori stazioni di ricarica pubbliche e sviluppare soluzioni ancora più rapide, che permettano di ricaricare le auto in pochi minuti, proprio come avviene per i rifornimenti di benzina.
"Stazioni veloci di ricarica per i veicoli elettrici sono certamente più versatili - ha spiegato Ruth Werhahn, che gestisce i progetti di mobilità alla E. ON, infatti - fino ad oggi questi veicoli sono stati pensati soprattutto per i pendolari, in grado di ricaricarli nel loro garage durante la notte e che di giorno non hanno bisogno di più autonomia di quella attualmente disponibile di poco più di 100 km".
Inoltre Werhahn ha aggiunto che "le stazioni di carica veloce permettono di affrontare bene le grandi distanze di 150-200 km, per esempio nel percorso da Monaco a Salisburgo o da Stoccarda a Francoforte" andando anche incontro alle esigenze di quegli automobilisti che non possiedono un proprio garage. "Le stazioni di ricarica attraggono i clienti e i fornitori di energia solo se garantiscono rapidi tempi di ricarica" ha affermato Klaus Dieter-Maubach, membro del Consiglio di Gestione del Gruppo E.ON e responsabile per la Ricerca e la Tecnologia, "stiamo pertanto proseguendo la ricerca in questa direzione con particolare interesse".

In effetti è proprio così: man mano che la chimica delle batterie evolverà impiegando materiali nanostrutturati che consentono a basso costo densità di potenza ed energia compatibili con gli spostamenti a media-lunga distanza si avrà bisogno di punti di ricarica presso le arterie di grande comunicazione in grado di erogare  in pochi minuti almeno il triplo dell'energia di una attuale batteria e con potenze disponibili sul punto molto elevate. Le utility possono essere i "petrolieri" del futuro, se i petrolieri attuali non si renderanno conto che possono avere ancora un ruolo importante con i trasporti su gomma elettrificati. Tra un presente difficile, sul piano della competitività e delle norme che regolano il settore dei servizi pubblici, ed un futuro non per questo privo di opportunità da sviluppare. L'orizzonte delle utility presenta incognite e prospettive. La mobilità sostenibile è la più grande occasione in prospettiva. Le utility possono diventare i petrolieri del futuro. Del resto, nei piani dei produttori cinesi già si parla di quote consistenti di veicoli elettrici negli stock totali (fino al 10% del parco esistente nel paese orientale entro il 2020) per una produzione di un milione di esemplari al mondo prevista dai maggiori costruttori.
La Germania, ultima in Europa dopo che anche l'industria francese si è ricreduta ed è stato avviato un programma per punti di rifornimento autostradale, si sta finalmente convertendo ai servizi di ricarica stradali in corrente continua. La ricarica rapida in meno di mezzora (oltre 125 Ampere o 50 kW ma anche più potente in futuro con le prossime batterie adatte a potenze maggiori) è in corrente continua, è affidabile e preserva la batteria perché la ricarica avviene con parametri specifici per quella batteria in quel momento grazie ad un protocollo di comunicazione fra il "controllo veicolo" che pilota l'apparato di ricarica stradale e non con la forza bruta... Al massimo, il servizio di ricarica in alternata è solo "veloce" (almeno un'ora) e implica imbarcare a bordo veicolo un caricabatterie per alti amperaggi ovvero pesante alcune decine di chilogrammi (anziché pochi), smaltirne il calore durante il funzionamento e quindi replicarlo per ogni veicolo anziché installarne uno per "n" veicoli presso opportune aree di servizio.

Fonte
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Etichette: autostrade, fast charging, germania, infrastrutture di ricarica, servizi per veicoli elettrici

mercoledì 24 agosto 2011

A Francoforte arriva la Smart 2012 a trazione elettrica prodotta in serie

Ribattuta, dicembre 2011: Ritardato l'arrivo sul mercato all'autunno 2012. Sarà la data definitiva?


Smart ForTwo Electric Drive, terza generazione pronta al debutto e dei propositi positivi per il futuro.


La compatta del Gruppo Daimler verrà presentata al Salone di Francoforte 2011, sarà prodotta in almeno 10.000 esemplari e venduta in 30 diversi mercati a partire dalla prossima primavera. Bene. La nuova ED è più potente e garantisce prestazioni migliori: ora l'autonomia è di 140 km in città. Meglio. Ma qualcosa può essere ancora migliorato.


In occasione del prossimo Salone di Francoforte (15-25 settembre) la Smart presenterà la terza generazione dell’elettrica ForTwo, da sempre riconosciuta con l’acronimo ED. La nuova compatta prodotta dal Gruppo Daimler sarà prodotta in almeno 10.000 esemplari commercializzati a partire dalla primavera del 2012 in ben 30 mercati, a dispetto dei 2.000 fin d’ora prodotti e commercializzati in soli 18 mercati. Una vera e propria crescita, che evidenzia l’avvicinarsi del pubblico a questo genere di propulsione.
Minime sono state le modifiche apportate alla carrozzeria ed al telaio della vettura, per passare dal motore a scoppio a quello a zero emissioni, significativi invece sono stati i progressi fatti in materia di potenza ed autonomia. La nuova ED, infatti, sostituisce il gruppo di batterie firmato Tesla, con l’unità anch’essa agli ioni di litio prodotta da Deutsche Accumotive (Joint Venture fra Daimler ed Evonik) in grado di erogare 17,6 kWh.
Il propulsore (Bosch) della nuova Smart ElectricDrive raggiunge ora la potenza di 74 CV, ben 33 in più rispetto al vecchio modello, garantendo quindi prestazioni decisamente migliori. L’accelerazione da 0 a 60 km/h viene ora coperta in 5 secondi (dai semafori si passa per primi nell'incrocio senza problemi), mentre per arrivare da 0 a 100 km/h si impiegano 13 secondi, con una velocità massima che aumenta da 100 a 120 km/h.
C'è un progresso anche per l'autonomia delle batterie, che aumenta di quasi 26 km. L’autonomia dichiarata dalla casa madre per l’auto elettrica è infatti di circa 140 km nel traffico cittadino, una distanza più che sufficiente per gli spostamenti di un qualsiasi automobilista all’interno dei centri urbani. Il tutto senza alcun consumo di carburante, ma sopratutto senza inquinamento né ambientale, né acustico.
“La Smart è stata sempre in grado di superare sé stessa – Afferma Annette Winkler, Responsabile di Smart – E’ sempre stata una pioniera nella mobilità urbana e con la nuova electric drive sta imponendo nuovi standard aggiungendo alla guida divertente la compatibilità ambientale. Con la nuova generazione siamo finalmente entrati nella spesso citata Era Elettrica”.
Restano invariati i tempi di ricarica, otto ore utilizzando un impianto domestico o massimo un'ora optando per uno da 22 kW. Per avere questa funzione occorre montare a bordo un caricabatterie aggiuntivo ad alto amperaggio dal prezzo non trascurabile e che pesa alcune decine di chilogrammi? Se son rose...


Un commento. I miglioramenti nella trazione elettrica orientati alla diffusione della mobilità elettrica sono sempre benvenuti. Bene. Dato che per la biposto tedesca c'è da attendersi un prezzo di base attorno ai 25mila euro (il 16 settembre il prezzo comunicato è: 16.000 euro più IVA, con il noleggio della batteria al canone mensile di 60 euro più IVA = 19.360,00 + 72,60 x 96 mesi), come quello di altri veicoli elettrici che percorrono più chilometri (in media fino a 175) e che trasportano più persone (da 4 a 5, con spesa, mazze da golf, strumenti musicali o bagagli...) e che per caricarsi fuori casa impiegano mezz'ora con impianti di ricarica da 50 kW e senza aggiungere eccessivo peso a bordo non si capisce quale sia il primato tecnico o i nuovi standard di riferimento raggiunti... Della attuale tecnologia europea, tedesca in particolare, purtroppo non si può dire che sia in grado di esprimersi al meglio in questo settore dato che - purtroppo - non si è voluto scegliere di adottare le migliori soluzioni tecniche disponibili al mondo (o di svilupparle con un po' di ricerca di nuove o magari di migliorare quelle esistenti), che risultano essere pratiche e poco costose per il consumatore. Questo  atteggiamento attendista, che risulta anche un po' spocchioso, ha anche l'effetto di zavorrare lo sviluppo della mobilità elettrica nel nostro Continente, senza migliorare l'appetibilità dei veicoli elettrici o intaccare i numeri dei veicoli tradizionali dato che basta la media di gamma per essere in regola con il paniere delle emissioni permesse. E nemmeno si può purtroppo dire che queste scelte, meno raffinate, costino meno rispetto a quelle adottate sui migliori veicoli elettrici, ad esempio quelli del Sol Levante, pensati per una efficiente produzione di massa, costruiti con programmi di produzione da decine di migliaia di esemplari all'anno (non solo almeno 10.000), da chi i veicoli elettrici li ha sviluppati bene e partendo per tempo e soprattutto senza mai osteggiarli, né dileggiarli come è stato fatto in Germania fino a due-tre anni fa.
Che dire? Un consiglio ai tedeschi: riprovare più convinti, alzare l'asticella, voltare pagina abbandonando scelte adatte più a "pesanti" seconde o terze automobili-giocattolo che non a consistenti veicoli elettrici ad ampia diffusione, pensati e fatti, quindi per tutti.


Giudizio diverso e molto positivo invece per le innovazioni, molto importanti per l'efficienza del veicolo, raccolte nel prototipo smart forvision, concept car che sarà presentata al IAA 2011. Arriveranno presto alle catene di montaggio? C'è da augurarsi di sì e in questo cosa sono i costruttori Statunitensi e del Sol Levante a dover prendere nota di questo positivo approccio.
In collaborazione con BASF, il più importante fornitore del settore automobilistico per materiali e prodotti chimici, smart dimostra effettivamente di essere all’avanguardia anche nell’impiego di tecnologie innovative che non riguardano solo la trazione. Smart forvision, unisce design futuristico e tecnologie per l’efficienza energetica, la leggerezza dei materiali e la gestione della temperatura. Vengono esposte numerose première mondiali che rendono possibile una mobilità elettrica senza compromessi grazie alla maggior efficienza generale delle funzioni accessorie del veicolo, con il chiaro intento di incrementare notevolmente l’autonomia a emissioni zero si è intervenuti su ogni aspetto che riguarda la vettura.
Ciò ha prodotto soluzioni e materiali veramente innovativi in tema di isolamento, rifrazione, strutture leggere e gestione dell’energia. Accanto a celle solari organiche trasparenti, diodi luminosi trasparenti e a risparmio energetico, nonché pellicole e vernici IR-riflettenti (le stesse utilizzate in edilizia per i nuovi tetti bianchi che riflettono la radiazione infrarossa che trasmette il calore), vengono impiegati materiali espansi ad elevate prestazioni per l’isolamento dal caldo e dal freddo. Ideata come crogiolo per sperimentare nuove tecnologie costruttive leggere e di risparmio energetico, è stata sviluppata - come detto - in collaborazione con la BASF per quanto riguarda i prodotti sintetici e le verniciature.
Sulla forvison si sperimentano quindi soluzioni innovative come celle solari organiche trasparenti e diodi luminosi di nuovo tipo, ma soprattutto isolanti termici e vernici riflettenti verso gli infrarossi per ridurre l'accumulo di calore nell'abitacolo e quindi l'energia utilizzata per il raffrescamento. L'isolamento dell'interno è sempre più cruciale nei progetti a risparmio energetico e le tecnoloigie collegate vanno di passo con quelle che sperimentano materiali leggeri.
Si è cercato nuovi parametri di riferimento anche nelle strutture leggere, con l’impiego dei primi cerchi interamente in materiale sintetico (i cerchi sono realizzati in plastica, più leggeri di 3 kg rispetto a quelli in lega). Anche il design della nuova vettura è divenuto particolare: l'efficienza che plasma la forma e diventa "immagine" ad alto impatto.

Innovazioni in dettaglio

LUCE E ENERGIA NATURALI - Una delle soluzioni più interessanti della Smart Forvision è sicuramente il tetto dotato di celle solari trasparenti composte da coloranti organici: si attivano alla luce e permettono di immagazzinare energia sufficiente per attivare la radio e la ventilazione anche quando l'auto è parcheggiata a motore spento.


Smart forvision 15

LUCI OLED
 - Altra particolarità sono le luci di cortesia per l'abitacolo realizzate con tecnologia Oled (diodi luminosi organici): durante il giorno restano trasparenti lasciando filtrare la luce del sole in abitacolo, mentre di notte si illuminano consumando meno della metà delle tradizionali lampade a risparmio energetico.

Smart forvision 07


CERCHI LEGGERI
 - Realizzati sempre in collaborazione con la Basf, i cerchi della Smart Forvision sono in un materiale sintetico che contiene fibre di rinforzo tali da garantire la resistenza di un cerchio tradizionale, a fronte di un risparmio di peso di 3 kg. Secondo la Smart questi cerchi hanno caratteristiche tali da poter essere utilizzati anche sulle auto di serie.

Smart forvision

PANNELLI IN MATERIALE COMPOSITO 
- Come sulle più esotiche supercar, anche per la Smart Forvision si è ricorsi all'utilizzo di materiali compositi per i pannelli della carrozzeria: le portiere sono realizzate con una resina rinforzata con fibre di carbonio. Si tratta di un materiale che, a detta del costruttore, permette un risparmio di peso del 50% rispetto all'acciaio e del 30% all'alluminio, e può essere realizzato in tempi brevi, adatti alla produzione su larga scala.

Smart forvision 17


TIENE AL FRESCO
 - Per garantire il miglior isolamento termico (la climatizzazione e il riscaldamento comportano sempre un grande dispendio energetico), i pannelli porta della Forvision sono dotati di speciali materiali espansi e i vetri di una pellicola che riflette i raggi infrarossi. Quest'ultima, a differenza di quelle sinterizzate con metallo, questa lascia passare le onde radio per il corretto funzionamento di Gps, Bluetooth e telefonini. Infine, c'è una speciale vernice riflettente che contribuisce alla dispersione del calore e si caratterizza per l'aspetto brillante. I suoi pigmenti, utilizzati anche per le vernici scure, permettono, secondo la Basf, di ridurre fino a circa 4°C la temperatura in abitacolo.



TIENE AL CALDO - Tanta plastica anche nei sedili, con una struttura autoportante e leggera, anche grazie all'imbottitura a densità variabile (il risparmio di peso varia dal 10 al 20%), rivestiti con un tessuto elettronico (“e-textiles”) conduttivo, che riscalda direttamente il corpo degli occupanti (riscaldamento puntuale). La stessa tecnologia è integrata in alcuni elementi delle porte a contatto con i passeggeri.

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Etichette: germania, Smart ED, veicoli elettrici

Un mondo... elettrico

L'energia elettrica è la forma di energia o, se vogliamo il vettore energetico, più efficiente, sicuro e duttile di cui disponiamo per fare con efficienza ed efficacia sconosciute le nostre azioni quotidiane e sempre di più verrà utilizzata in molti settori soppiantando forme di energie arcaiche legate allo sfruttamento delle combustioni diffuse e inefficienti.
Attraverso dialoghi immaginari con gli abitanti di ElettriCittà, i ragazzi scoprono tutti gli aspetti scientifici del tema “energia”, le sue implicazioni, la sua storia e si formano un'opinione critica, nel bene e nel male, sul mondo in cui vivono.
Lampadine, frigoriferi, termosifoni e fornelli, le cellule del nostro corpo e il cellulare, il computer, le automobili… 
per funzionare, tutte queste cose hanno bisogno di ENERGIA!
Peccato che per ottenerla stiamo rischiando di rendere il nostro pianeta inospitale, per noi stessi prima di tutto. 
Forse dovremmo prendere spunto dagli abitanti di ElettriCittà: una metropoli eco-sostenibile che funziona grazie a fonti rinnovabili e pulite, dove le automobili sono elettriche e ogni abitazione produce più energia di quanta ne consuma! 
Un’interessante passeggiata tra i quartieri di un mondo immaginario ma possibile, per capire cos’è, come si trasforma e da dove viene l’energia, l’importanza delle fonti rinnovabili e il ruolo della ricerca scientifica, ma anche le problematiche del “nostro mondo” legate all’ambiente e alla distribuzione equa del consumo di risorse fra i vari Paesi.

Elettricittà

Viaggio nella città dell'energia e del futuro

di Enrico Maraffino

Elettricità:








Listino
€ 13,00
Editore
Lapis
Collana
Ah, saperlo!
Data uscita
06/04/2011
Pagine
200, rilegato
Lingua
Italiano
EAN
9788878741959

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Etichette: energia, fare di più con meno e meglio, libri

lunedì 22 agosto 2011

Aggiungere un cambio al motore elettrico... per le moto elettriche c'è già dal 2009!




S.M.R.E. Engineering presenta il propulsore meccatronico con tecnologia brevettata I.E.T.® 
Che cos’è il sistema I.E.T.®?

I.E.T.® sta per “Integrated Electric Transmission” ovvero l’integrazione di una sorgente di moto elettrica appositamente sviluppata per questa applicazione, una trasmissione meccanica con frizione e cambio, una elettronica dedicata di comando e controllo, un software di gestione evoluto per emulare prestazioni erogazione e comportamentali di un motore endotermico tradizionale. Il tutto è coadiuvato da una centralina elettronica ed da un software di calcolo e controllo dedicato che, oltre alla gestione del veicolo, permette di effettuare tutta una serie di regolazioni prestazionali tra cui la mappatura di diverse rampe di erogazione e la differenziazione della risposta del motore a seconda della marcia inserita o delle condizioni atmosferiche, delle variazioni di carico e quanto necessario a dare una dinamica di rendimento che emula le risposte, in termini di sensazioni, di un tradizionale motore a scoppio (come ad esempio il freno motore programmabile o la simulazione del minimo del motore endotermico). 
Questa innovazione è stata brevettata nel 2009 (brevetto depositato RN2009A000062 - SMA200900103).


Perché è stata sviluppata questa tecnologia?

In genere, a parte i grandi gruppi automobilistici , chi progetta un veicolo 100% elettrico, per comodità o per scelta, decide di sostituire in toto il propulsore endotermico tradizionale inserendone uno elettrico dalle caratteristiche più diverse ma sempre in questa configurazione: solitamente, sfruttando la caratteristica dei motori elettrici di erogare una coppia elevata fin dai primi regimi di rotazione, i progettisti ,tramite una semplice riduzione fissa più o meno dimensionata, e una semplice scheda elettronica per azionamento motori, cercano di trovare un difficile equilibrio tra capacità di accelerazione del mezzo e velocità massima raggiungibile. Benché di semplice realizzazione, questa soluzione mette il pilota o l’utilizzatore del veicolo davanti ad una innumerevole serie di compromessi che spesso hanno reso facile l’equazione:"Elettrico = Poco performante, difficile da guidare, senza autonomia".

L’obbiettivo di S.M.R.E. è quello di cambiare questa opinione.


Il motore elettrico tradizionale ha alcuni punti a favore: è ecologico, economico nel funzionamento, offre una elevata coppia a bassi regimi, e non inquina acusticamente. Purtroppo, ad esso sono collegati anche alcuni punti negativi: il feeling di guida, rispetto ad un motore endotermico, è completamente stravolto, l’autonomia è limitata e ci sono elevati tempi di ricarica , le prestazioni sono spesso limitate, il costo d’acquisto è elevato.

Il sistema I.E.T.® trasforma i punti negativi del tradizionale motore elettrico in punti a favore:
Grazie alla motorizzazione I.E.T.® con cambio e frizione, il feeling di guida è molto simile a quello del motore endotermico.
Nonostante si abbia a disposizione una grande coppia, grazie alla motorizzazione speciale realizzata, il cambio permette di mantenere il motore in parametri di funzionamento ottimali, evitando eccessivi assorbimenti di picco. Il rendimento è molto elevato: 96%. Si verifica un recupero dell’energia dinamica e programmabile via software (di emulazione brevettato). Infine, i tempi di ricarica rimangono ridotti.
La motorizzazione I.E.T.® garantisce la giusta rapportatura in tutte le circostanze di guida, grazie alla quale l’utilizzo del motore è SEMPRE all’interno del suo range di lavoro ottimale. Di conseguenza il motore ha un altissimo potenziale e alte prestazioni (Kt 0.34).
Grazie al limitato numero di batterie necessarie per la speciale motorizzazione sviluppata da S.M.R.E., l’utilizzo di speciali batterie (assemblate internamente in S.M.R.E) e un Battery Management System (BMS) evoluto, il costo d’acquisto della motorizzazione I.E.T.® è molto competitivo, rispetto ai tradizionali motori elettrici.

I.E.T.® ("Integrated Electric Transmission"):
- Emissioni zero
- Economico nel funzionamento
- Elevata coppia a bassi regimi, altissime prestazione anche ad alti regimi
- No inquinamento acustico
- Feeling di guida simile a motore endotermico
- Autonomia elevata
- Tempi di ricarica limitati
- Competitivo costo d’acquisto

Il futuro del progetto

Oggi S.M.R.E. è solo all’inizio di un cammino di ricerca e sviluppo che punta all’applicazione di questo sistema ai settori più diversi. Il propulsore meccatronico integrato I.E.T.® introduce una importante innovazione nel settore dei veicoli a propulsione elettrica e apre numerose prospettive per i costruttori di veicoli elettrici nei diversi settori. Possiamo immaginare l’uso di I.E.T.® in:
moto off-road, moto stradali, moto da trial, pit bike, go-kart, veicoli a tre o quattro ruote, strutture coperte, come palestre o circuiti chiusi, circuiti o zone (come la montagna o riserve naturali) il cui accesso oggi è limitato a causa dell’inquinamento acustico generato dai veicoli tradizionali… Immaginiamo una motocicletta per uso cittadino che permetta di affrontare salite impegnative e allo stesso tempo raggiunga velocità di punta tali da poter viaggiare in superstrada o su una normale tangenziale cittadina senza fare rimpiangere un motore a scoppio, mantenendo tutti i vantaggi di un veicolo elettrico in termini di consumi e limitazioni di traffico.
Gli sviluppi in questo settore sono più che mai attuali, le prospettive sono sicuramente interessanti e lasciano sperare un possibile sviluppo di prodotti che possono dare una spinta in senso positivo all’incremento di veicoli elettrici dalle caratteristiche appetibili per l’utenza media.
Il propulsore meccatronico I.E.T.® sarà disponibile come parte O.E.M. dalla primavera del 2011.





Un video è disponibile su YouTube: >>



S.M.R.E. Engineering motard elettrica con il cambio

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Etichette: fare di più con meno e meglio, italia, mobilità elettrica, moto elettriche

Dite la vostra! Sondaggio: Considerereste l'acquisto o il noleggio a lungo termine di un veicolo elettrico?

Qui di fianco a sinistra trovate il questionario sia in inglese che in italiano: potete scegliere anche più di una risposta. Come cominciare subito ad utilizzare un veicolo elettrico nella quotidianità?

Would you consider buying an electric vehicle (Considereresti l'acquisto di un veicolo elettrico)?
I already drive an EV (Io già guido un veicolo elettrico).
Yes, I'd buy one (Sì, lo comprerei).
Yes, I'm helping local government to create right contitions to use EVs (Sì, sto collaborando con la mia città a creare le giuste condizioni per utilizzare i veicoli elettrici).
Yes, but I'd prefere to rent or lease it for 4 or 5 years in a flexible formula with other vehicles (Sì, ma preferisco noleggiarlo a lungo termine: 4 o 5 anni con una formula flessibile con altri veicoli).

No, They are too much clean... (No, sono troppo puliti...).
No, They cost too much. (No, costano troppo).
No, I'm just not interessed (No, non sono interessato).
No, I couldn't recharge it near my places (No, non potrei ricaricarlo nei luoghi che frequento).
No, Their range is too short (No, la loro autonomia è troppo limitata).
No, I'm afraid of the battery replace or maintance costs (No, sono preoccupato per i costi di sostituzione o manutenzione delle batterie).
No, I’d spend too much for the electricity bill and I prefer to pay three times more in gasoline. (No, spenderei troppo in elettricità e preferisco spendere tre volte tanto in benzina).

Aggiornamenti sui risultati ogni settimana.
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lunedì 15 agosto 2011

La sostenibilità è oltre l'efficienza del kaizen?

Forse "fare di più con meno e meglio" è vero che non basta, ma intanto per avvicinarsi alla sostenibilità è l'efficienza combinata all'efficacia l'unica convergenza soft attuabile. Un'era di stabilità però non deve essere statica perché all'improvviso può sempre arrivare una "flotta di navi nere" o una minaccia fatale a cui occorre essere preparati avendo le risorse per sopravvivervi. 


Il cuculo che non voleva cantare. Sostenibilità e cultura giapponese 

del prof. Ugo Bardi

Parecchi elementi della cultura giapponese ormai hanno fatto presa stabile in occidente. Uno è il Judo  ma ce ne sono molti ancora nelle arti figurative, in letteratura, in filosofia e in altri campi. In questo post discuto su cosa possiamo apprendere dalla cultura giapponese in termini di sostenibilità, con particolare riferimento al “periodo Edo” (più o meno dal 1600 d.C. a metà del 19° secolo). La società giapponese di quel periodo è uno dei pochi esempi storici che abbiamo di “economia di stato stazionario”. Come fecero i giapponesi a raggiungerlo? Qui suggerisco una spiegazione, basandomi sull’antico racconto giapponese del “cuculo che non voleva cantare”.

Questa è la versione di un discorso che ho tenuto al “Kosen Dojo” a Firenze il 26 marzo 2011. Non è una trascrizione letterale, piuttosto è un testo scritto a memoria in cui cerco di mantenere lo stile di una presentazione orale. Questo post è apparso in inglese su "Cassandra's Legacy" il 6 Aprile 2011. Traduzione in Italiano di Girolamo Dininno.  

Signore e signori, prima di tutto lasciatemi dire che nella mia carriera ho tenuto molte presentazioni su energia e sostenibilità, ma questa è la prima volta che mi capita di farlo seduto a gambe incrociate a terra su un tappeto giapponese, un tatami. Però, lasciatemi aggiungere che è un vero piacere farlo, ed è un piacere speciale farlo in un dojo, ai piedi del ritratto di Kano Jigoro, il fondatore del Judo moderno. Effettivamente sono stato anch’io un judoka, anche se devo dire che non pratico da un po’. Insomma questo posto mi ricorda moltissimo il Giappone, dove ho vissuto e sono stato molto bene, anni fa; e come sapete i recenti avvenimenti di Fukushima hanno sollevato il problema dell’energia e della sostenibilità in Giappone e nel mondo intero.

Il popolo giapponese ha subito più sofferenze di qualunque altro a causa della nostra cattiva gestione dell’energia atomica. Quella del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, nel 1945, è triste storia. Magari qualcuno di voi ha avuto la possibilità di visitare queste città – io le ho visitate entrambe, e vi posso dire che la memoria di quegli eventi non è qualcosa che si riesce a ignorare facilmente. Ovviamente, al confronto l’incidente nucleare di Fukushima è stato cosa da poco. Ma rimane che è difficile per noi – intendo noi umanità – gestire l’energia nucleare. Forse è semplicemente una cosa troppo grande e complessa.

Comunque, lasciamo perdere i pro e i contro dell’energia atomica; non è di questo che voglio discutere con voi oggi. Piuttosto, credo che possiate essere interessati a parlare un po’ della cultura giapponese. Il semplice fatto che siamo tutti seduti sul pavimento su un tatami giapponese vuol dire che la cultura del Giappone ha un’influenza su di noi, proprio come ha avuto influenza sulla cultura occidentale in molti campi – pensate solo ai manga! Perciò, quello che vorrei fare oggi è discutere di ciò che possiamo imparare dal Giappone in termini di sostenibilità.

Lasciatemi cominciare con qualche parola sulla storia del Giappone. Conoscete sicuramente il periodo “Heian” o “Imperiale”, iniziato tanto tempo fa: questo fu il periodo “classico” della storia giapponese. Il periodo Heian ha poi lasciato il campo a un’età di guerre civili: il sengoku jidai, l’epoca dei Samurai. Diversi film l’hanno dipinto come un’epoca romantica, ma sono sicuro che la gente che ci viveva non la trovava molto romantica; era un periodo di continue battaglie, e doveva essere parecchio dura per tutti. Ad ogni modo, questa fase storica finì quando Tokugawa Ieyasu emerse da vincitore delle guerre e divenne shogun, reggente di tutto il Giappone. Questo succedeva intorno all’anno 1600, e cominciò allora il periodo “Edo”, che fu molto più tranquillo. Il periodo Edo durò finché il Commodoro Perry non arrivò con le sue “navi nere” a metà del 19° secolo, il che diede inizio all’età moderna.

Ora, i due secoli e mezzo del periodo Edo sono molto interessanti dal punto di vista della sostenibilità. Non fu solo un periodo di pace; fu anche un’epoca di economia stabile e popolazione stabile. In effetti, non è del tutto vero, perché la popolazione del Giappone aumentò nella prima parte del periodo Edo; ma arrivata a 30 milioni restò quasi costante per circa due secoli. Non ho notizia di altre società nella storia che hanno vissuto un simile periodo di stabilità. Era un esempio di quel che oggi chiamiamo “economia di stato stazionario”.

Il motivo per cui la maggior parte delle civiltà non riescono a raggiungere uno stato stazionario è che è troppo facile sovrasfruttare l’ambiente. E’ qualcosa che non ha a che fare solo con i combustibili fossili: è tipico anche delle società agricole. Se tagliate troppi alberi, il suolo fertile viene lavato via dalla pioggia. E poi, senza terra fertile da coltivare, la gente muore di fame. Il risultato è il collasso – una caratteristica comune di gran parte delle civiltà del passato. Qualche anno fa, sull’argomento Jared Diamond ha scritto un libro, intitolato proprio “Collasso”.

C’è un punto interessante di Diamond a riguardo delle isole. In un’isola, dice Diamond, ci sono risorse limitate – molto più limitate che sul continente – e le opzioni a disposizione sono limitate di conseguenza. Quando sei a corto di risorse, mettiamo di terreno fertile, non puoi emigrare e non puoi attaccare i vicini per ottenere risorse da loro. Puoi solo adattarti, o perire. Diamond cita diversi casi di piccole isole nell’oceano Pacifico in cui l’adattamento era molto difficile ed i risultati sono stati drammatici, come nel caso dell’isola di Pasqua. In alcune isole davvero piccole, adattarsi è risultato talmente difficile che gli esseri umani sono semplicemente scomparsi. Sono morti tutti, e basta.

Il che ci porta al caso del Giappone: che è un’isola, naturalmente, anche se grande. Ma alcuni dei problemi che si avevano con le risorse dovevano essere gli stessi di tutte le isole. Il Giappone non possiede molto in termini di risorse naturali. Moltissima pioggia, per lo più, ma poco altro, e la pioggia può fare molti danni se le foreste non sono ben amministrate. E ovviamente in Giappone lo spazio è limitato, il che significa che c’è un limite alla popolazione; almeno finché essa dipende dalle risorse locali. Io credo che a un certo punto nel corso della storia i giapponesi abbiano raggiunto il limite massimo di quel che potevano fare con lo spazio a disposizione. Ovviamente ci volle del tempo: il ciclo è stato molto più lungo che su una piccola isola come l’isola di Pasqua. Ma potrebbe perfettamente essere che le guerre civili furono una conseguenza del fatto che la società avesse raggiunto un limite. Quando non c’è abbastanza per tutti, le persone tendono a combattere fra di loro, ma è ovvio che non sia questo il modo migliore per gestire la scarsità di risorse. Perciò, a un certo punto i giapponesi dovettero smettere di lottare, dovevano adattarsi o morire – e si adattarono alle risorse che avevano. Era l’inizio del periodo Edo.

Per arrivare a uno stato stazionario, i giapponesi dovevano gestire al meglio le risorse a disposizione, ed evitare di sprecarle. Una cosa che fecero fu liberarsi degli eserciti del periodo delle guerre. La guerra è semplicemente troppo costosa per una società a stato stazionario. Poi, fecero grossi sforzi per mantenere le foreste ed incrementarle. Potete leggere qualcosa a riguardo nel libro di Diamond. Il carbone di Kyushu forse aiutò un po’ a risparmiare gli alberi, ma il carbone da solo non sarebbe stato abbastanza – fu la gestione delle foreste a fare la differenza. Il governo amministrava i boschi a livello di singola pianta: un’impresa notevole. Infine, i giapponesi riuscirono a gestire la popolazione. Probabilmente fu questa la parte più difficile, in un tempo che non conosceva contraccettivi. Da quel che ho letto, ho capito che i poveri erano obbligati a praticare più che altro l’infanticidio, e questo doveva essere atroce per i giapponesi, come sarebbe per noi oggi. Ma le conseguenze del lasciar crescere la popolazione senza controllo sarebbero state terribili: per cui, erano costretti a farlo.

Noi tendiamo a vedere l’economia a stato stazionario come qualcosa di molto simile alla nostra società, solo un po’ più tranquilla. Ma il periodo Edo del Giappone era molto diverso. Di certo non era il paradiso in terra. Era una società estremamente regolata e gerarchica, in cui sarebbe stato difficile trovare – o anche solo immaginare – qualcosa come “la democrazia” o “i diritti umani”. Nonostante ciò, il periodo Edo fu una realizzazione notevole, una società molto raffinata e ricchissima di cultura. Una civiltà di artigiani, poeti, artisti e filosofi. Creò alcuni dei tesori d’arte che possiamo ammirare ancora oggi, dalle spade katana alla poesia di Basho.

Insomma, i giapponesi ce la fecero a creare una società estremamente raffinata che riuscì a esistere in uno stato stabile per più di due secoli. Non credo che nella storia ci siano molti casi paragonabili. Perché il Giappone ebbe successo dove molte altre civiltà nella storia avevano fallito? Be’, penso che il fatto di essere un’isola fosse un enorme vantaggio. Questo proteggeva da gran parte delle ambizioni dei popoli confinanti, e anche dalla tentazione che potevano avere gli stessi giapponesi di invadere i loro vicini. E se non hai una terribile paura di essere invaso (e non hai intenzioni di invadere nessuno), allora non hai motivo di mantenere un grosso esercito, né di far crescere la popolazione. Puoi concentrarti sulla sostenibilità e sulla gestione di quel che hai a disposizione. Poi, naturalmente, quando il Commodoro Perry e le sue navi nere arrivarono, il Giappone non fu più un’isola, nel senso che smise di essere isolato dal resto del mondo. Così la crescita ripartì. Ma, finché il Giappone restò isolato, l’economia rimase in uno stato stazionario e, come ho detto, questa era una conquista straordinaria.

Però non credo che il fatto di essere un’isola spieghi tutto del periodo Edo. Io penso che esso non sarebbe stato possibile senza un certo grado di saggezza. O forse un termine più corretto in questo caso è “sapienza”.

La saggezza o la sapienza non sono cose che si possano quantificare o attribuire a persone specifiche. Ma io ritengo che il Giappone, nella sua interezza, aveva raggiunto un certo livello di – diciamo così – “illuminazione”. Comprendetemi: mi riferisco al periodo Edo. So bene che oggi il Giappone è pieno di posti orribili come la maggior parte dei luoghi del mondo occidentale: inquinato, sovraffollato e pieno di costruzioni bruttissime. Però nel periodo Edo si era sviluppato un modo di guardare il mondo che ancora ammiriamo oggi, e che è secondo me ben rappresentato dalla poesia giapponese: un prodigio di luminosità, di percezione dei dettagli, di amore per le piccole e delicate cose del mondo càduco. Ma non è solo la poesia: pensate al Judo secondo il maestro Kano. E’ un modo di vivere: una filosofia, una maniera di acquisire saggezza. Il Judo è un’idea moderna, ovviamente, ma ha le sue origini nel periodo Edo. Per quello che posso capire, l’approccio giapponese di quell’epoca era quanto di più lontano può esserci dall’atteggiamento orrendo che abbiamo noi oggi, quello del golem chiamato homo economicus che pensa seriamente che un albero non abbia valore a meno che non sia abbattuto. Se è questo il modo con cui guardiamo il mondo, allora meritiamo di collassare e scomparire. La saggezza probabilmente non è una risorsa non rinnovabile, ma sembra che siamo comunque riusciti a restarne senza.

Vorrei raccontarvi una storia proveniente dalla saggezza giapponese; ha a che fare con l’epoca delle guerre civili ma fu sicuramente inventata durante il più tranquillo periodo Edo. Probabilmente conoscete i nomi dei principali condottieri dell’ultima fase delle guerre civili in Giappone: Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Alla fine, fu Ieyasu a diventare shogun e guida dell’intero paese. Sul come ci riuscì, c’è questa storiella che esiste in forma di senryu, una poesia breve. Racconta che un giorno Nobunaga, Hideyoshi e Ieyasu si incontrarono e videro un cuculo che non cantava. Nobunaga disse: “Se non canta, lo uccido”. Hideyoshi disse: “No, io lo convincerò a cantare”. E Ieyasu disse: “Io aspetterò, finché non canterà”.

Penso che questo racconto sia un’ottima rappresentazione di come la gente del periodo Edo razionalizzava gli eventi che portarono alla loro età. Ci dice che la strategia vincente non è la violenza, e nemmeno la furbizia: bensì è l’adattamento. I giapponesi avevano capito che non potevano forzare o persuadere la loro isola a comportarsi come essi desideravano, proprio come non si può forzare o convincere un cuculo a cantare. Dovevano adattarsi, e lo fecero. Questa, io credo, è saggezza.

Ora, una caratteristica della saggezza è che si può applicare a diverse situazioni, diversi luoghi, diversi tempi. Vediamo un po’ come possiamo interpretare il racconto nella nostra epoca. Abbiamo enormi problemi ovviamente: non abbiamo abbastanza petrolio, non abbiamo abbastanza risorse minerali, né abbastanza acqua, né atmosfera per assorbire i residui della combustione. Come reagiamo allora? Be’, un po’ come Nobunaga. Siamo propensi a usare la violenza, non solo in termini di “guerre per il petrolio”. Cerchiamo di forzare il pianeta a produrre quel che desideriamo. In un certo senso, è come dire all’uccello “canta, o ti ammazzo”. Insomma, è il “drill, baby drill!”, è la volontà di fare di tutto e con qualunque mezzo per produrre i combustibili liquidi di cui siamo convinti di avere assoluto bisogno, anche se così distruggeremo la terra e l’atmosfera. Vogliamo costruire centrali atomiche, incuranti dei rischi connessi, e fare un mucchio di altre cose per forzare il pianeta a produrre ciò di cui crediamo avere la necessità.

Poi c’è un diverso atteggiamento in apparenza più civile: è l’efficienza. Esso dice che, se riusciamo a convincere la gente ad usare le risorse in maniera più efficiente, possiamo continuare ad avere tutto quello cui siamo abituati ed in più salvare il pianeta. Le lampade a risparmio energetico e le auto di dimensioni più piccole di certo appaiono molto meglio, come idea, del “drill, baby, drill”; ma in fondo il concetto non è tanto diverso, nel senso che non vogliamo cambiare rispetto a ciò che pensiamo sia per noi indispensabile. Il modello di vita americano resta apparentemente non negoziabile: solo il modo di ottenerlo potrebbe forse esserlo. Questa strategia potrebbe addirittura funzionare – almeno per un po’. Ma riusciremo davvero a trovare delle soluzioni tecnologiche per avere, tutti, tutto quello cui siamo abituati? Il recente disastro di Fukushima dovrebbe averci insegnato che non siamo così furbi come possiamo pensare.

Non siamo ancora giunti al punto in cui scopriremo che la strategia vincente non è forzare né persuadere la Terra a dare più di quanto possa. La strategia vincente consiste nell’adattamento. Abbiamo la necessità di ritarare i nostri bisogni in base a quanto il pianeta può offrire. E’ quello che i giapponesi fecero sulla loro isola; e in fondo tutti noi viviamo su un’isola, un’isola gigante, sferica e blu che vaga nell’oscurità dello spazio. Sta a noi gestire i doni che riceviamo dalla Terra e creare qualcosa di bello come la civiltà Edo in Giappone; certamente con metodi migliori e più dolci per il controllo della popolazione.

Se l’esempio storico del Giappone conta qualcosa, forse siamo nella giusta direzione, e l’età delle guerre civili planetarie potrà finire prima o poi. Allora, se riusciamo ad aspettare abbastanza, un giorno anche noi potremo sentire il cuculo cantare.

Ringraziamenti: grazie a Jacopo Visani e Niccolò Giannetti per l’organizzazione dell’incontro al Kosen Dojo dove ho tenuto questo discorso.
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