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domenica 12 settembre 2010

Veicoli elettrici: un'analisi da qui al 2015 e oltre..

Qualche giorno fa è stato pubblicato un articolo che poneva una domanda intelligente sulla mobilità elettrica. Auto elettrica, dubbi sul futuro? L’articolo è qui. Sulla base delle analisi sotto esposte si trova la risposta, in una prospettiva al 2015 o al 2020, ma partendo da domani mattina.



Auto elettrica, dubbi sul futuro?
No, proprio nessun dubbio.

Apprezzavo Quattroruote negli anni Ottanta e Novanta e i suoi redattori: asciutti e concreti. Poi mi sono venuti a noia. Sono passati 20-30 anni e meno male che il Quattroruote di Tedeschini, che ho conosciuto come entusiasta ma attento osservatore di progetti concreti di mobilità elettrica, non è cambiato molto ma ha cominciato a seguire bene e attivamente l’innovazione alternativa, quella di lungo periodo, e non solo quella legata al pistone e alla combustione. Ora spero che il buon Cavicchi, già condirettore con Tedeschini, che adoravo da Direttore di Autosprint, continui sul solco virtuoso.

Quella casa che è citata nell’articolo, a differenza di altri consistenti costruttori del Sollevante, è in clamoroso ritardo... altri, in ritardo, hanno reagito meglio: si sono comprati un pezzo di innovazione vera. La casa citata, come tanti altri che nel 2007 quando è partita la corsa all’alleanza con produttori di elettronica di consumo, ancora dormivano: evidente non è stata in grado di fare i conti bene e pensava fino a poco fa ancora alle celle a combustibile alimentate ad idrogeno, roba che ha un bilancio energetico LCA, un grado di sicurezza e facilità di gestione ridicoli. Inoltre per l’idrogeno manca anche la infrastruttura di produzione e distribuzione, non solamente l'ultimo "miglio", anzi l'ultimo "metro", come nel caso dei veicoli a batteria, dato che tutto il resto c'è già ed è pronto. 

Quindi di che cosa stiamo parlando quando si parla di idrogeno per la mobilità? Di una colossale, se non colpevole per chi invece sa, illusione. Magari ha senso parlare solo di applicazioni fisse con ampio stoccaggio, quando l’H2 è scarto di processo industriale. Ma non altro.











Video: Innovazione per tutti.
Peraltro, ricordo a chi non lo sapesse (e non lo sapevo anche io prima di approfondire...), che  gli idrocarburi vinsero la battaglia commerciale sulle strade negli Stati Uniti nel 1913 contro le batterie dei veicoli elettrici solo perché nella realizzazione della costosa rete infrastrutturale (infatti non esistevano strade adatte, né benzinai…) fatta da pompe di benzina alimentate dalle reti di raffinazione e distribuzione, ci si buttò a capofitto il capitale di chi estraeva petrolio (ottenuto dalle banche che aveva considerato bancabili le licenze di estrazione). Di tutto sto petrolio non si sapeva cosa farci: occorreva consumarlo a quintalate e si cercavano sbocchi di mercato per valorizzare il business di chi è passato dall'allevamento di bestiame latifondista a quello di perforatore: la logica non cambia tanto... All'epoca i veicoli termici avevano la stessa autonomia dei veicoli elettrici (che esistevano già) ma facevano tanto fumo e rumore, puzzavano, erano meno potenti e andavano avviati a manovella... i veicoli a batteria, no. Ma fu investito capitale e sappiamo come è andata poi. D’altra parte non c’erano vincoli particolari: l’innovazione automobile creava scompiglio, ma si sviluppò.


Tornando al 2010, circa 100 anni dopo, dato che una fetta di mobilità individuale/privata sarà ancora coperta da mezzi privati a quattro ruote quando non è possibile prendere senza vincoli treni ad alta velocità, filobus, metropolitana, in 5 anni avremo sul mercato in vendita o in noleggio a prezzi comparabili con le vetture attuali, modelli a batteria da oltre 1000 Wh/kg (fonte NASA, in 80 kg - ovvero peso medio di un comune e complicato powertrain endotermico - ho oltre 80 kWh senza rischio di esplosioni o altro come dispersioni o fughe d'idrogeno energivoro...) in grado di percorrere a batteria in un giorno quasi 1000 km in due sessioni grazie all'infrastruttura di ricarica rapida (un vero e proprio rifornimento elettrico), messa in autostrada di fianco alle consuete pompe. I gestori italiani già dicono che il business gli interessa, così come anche alcune case petrolifere hanno intenzione di offrire il servizio. Questo è un approccio intelligente.

Come funziona il rifornimento elettrico in autostrada, ma anche ovunque? Il punto di ricarica è dotato di accumulo in corrente continua per ottimizzare i carichi richiesti dalla rete e che serve anche ad assorbire più produzione discontinua da fonte rinnovabile. L’apparato funziona in corrente continua ed è in grado di fornire voltaggi (da 300 a 500V) e potenze diverse (da 50 a 200 kW per punto), a seconda del veicolo e di quello che la sua elettronica di gestione richiede. Ad esempio, fornisce 100 kWh in 15 minuti, ovvero il tempo di fare pipì, rinfrescarsi e mangiare qualcosa. Tempo accettabilissimo, o forse qualche comune mortale è in grado di guidare per 1000 km senza sosta?

Grazie ad un consumo medio totale specifico di 150 Wh/km (sì, con 15 kWh, ovvero l'equivalente di circa 1,5 litri di benzina/gasolio, si fanno circa 100 km con un veicolo elettrico... senza rinunce): si viaggia comodi e freschi in vetture vere e non “vetturette da città”, con un terzo dell'energia primaria oggi necessaria ad una vettura con motore turbodiesel e con i costi di manutenzione ridotti ad un ottavo, ma anche meno. Tutto il margine è facile prevedere che se lo tengano le case… con il noleggio del servizio “batteria”, dato che l’alternativa è molto inefficiente. Veniamo all’industria nel seguito.

Per concludere il discorso del confronto di efficienza, abbiamo visto che oggi, allo stadio di prototipi semindustriali ma pronti alla produzione di serie, c’è un’efficienza che un powertrain termico non potrà mai raggiungere nemmeno fra 50 anni, proprio perché si basa su una “combustione” troppo piccola per essere efficiente. E la trazione elettrica può fare ancora meglio recuperando con i supercapacitori ridondanti da oltre 10 Farad più efficientemente della batteria l’energia durante le fasi di rilascio o intensa frenata (e con tale contesto sarebbero meglio 4 motori elettrici, uno per ruota, posizionati nella massa sospesa in prossimità della rispettiva ruota, che anche renderebbero facili e possibili pregiate funzioni di dinamica del veicolo che oggi sono meccanicamente complesse da amministrare). Mediante i supercapacitori si recupera anche fino all’85% dell’energia, estendendo ulteriormente l’autonomia, pagando un di peso aggiuntivo che non dà fastidio, anzi abbassa ulteriormente il centro di gravità già molto buono grazie alla batteria: questo migliora il centraggio delle masse e migliora quindi stabilità e direzionalità del veicolo che sono sicurezza attiva. È facile prevedere veicoli modulari sia per apparati presenti che per elementi standard della batteria facilmente sostituibili (eventuale  manutenzione). Vedremo.

Oggi, l’industria si preoccupa di fornire veicoli elettrici con sicurezza attiva e passiva, affidabilità e durata almeno pari a quelli attualmente in commercio. Non c’è nessun pericolo di dover chiamare il carroattrezzi… anzi. Le batterie devo funzionare con una temperatura costante, quindi è fondamentale una efficiente regolazione, anche attiva, della temperatura interna della batteria (ad aria, ma meglio a liquido come fa chi ha la leader ship della tecnologia della batteria pronta all’uso).

E c’è un'altra cosa importante: il litio delle batterie è prezioso. Nessuno si sogna di lasciare in discarica gli 8,4 kg di litio che servono, insieme a plastica, rame e alluminio, per fare oggi una batteria da circa 24 kWh che costa ancora poco meno di una decina di migliaia di euro (fra 5 anni costerà meno del 70%). Quindi, chi dice che ci siano problemi di smaltimento non sa di che cosa parla: non c’è né piombo, né ci sono acidi pericolosi. Basta solo un po’ di attenzione… e infatti: il RICICLO di tale materiale (e non il RICICLAGGIO, come si sente dire in giro… da gente che pensa di sapere di che cosa parla), le Case sagge e consistenti, insieme con il loro rispettivo alleato dell’industria elettronica, se lo tengono stretto e fanno bene. Il litio fa parte della catena del valore della mobilità elettrica prima e poi entra in quella delle applicazioni dell’accumulo statico di energia, quando la batteria dopo 8 o 10 anni non offre le medesime prestazioni di quando è nuova e quindi non è più adatta ad un uso pienamente soddisfacente nella trazione, ma è perfetta – con il suo 80% di capacità residua – per applicazioni fisse. Per questo qualcuno dice che la batteria è un servizio che si noleggia… e non si compra. Oppure si compra e poi si rivende, perché ha un valore residuo altissimo e invecchia quasi meno del veicolo.

Chi oggi pensa di comprare nei prossimi anni ancora i pistoni… sarà costretto in 5-10 anni ad andare piedi… o a prendersi l’elettrica. L’idrocarburo sarà, giustamente, destinato ad altri usi dove non è ancora facilmente sostituibile (chimica di base e aviazione, ma anche qui si studiano prototipi a propulsione ibrida termica-elettrica con riduzione dei consumi di combustibile attorno al 70%) perché costerà parecchio di più per scarsità e per tassazione: altro che lamentarsi del costo della batteria dell’elettrica.
Le case che oggi si preparano a commercializzare a fine anno prodotti, diciamo alla versione “1.0″ (tipo il Machintosh del 1984) fra 5 anni già avranno ottimizzato la produzione per avere costi della batteria inferiori fra il 50 e il 70% rispetto ad oggi e con un’autonomia raddoppiata (oltre 300 km elettrici puri) e avranno aggiunto altre funzioni.
Con i pistoni quello che non spendi nella batteria lo spendi in manutenzione e benzinaio e in alcuni decenni di mercato non è cambiato nulla (l’opposto è accaduto nell’industria elettronica e informatica e da 15 anni anche in quella dell’illuminazione).

Per i veicoli a combustione, sostanzialmente, non è cambiato nulla sotto molti aspetti, anzi alcuni sono paradossalmente peggiorati negli ultimi due decenni, quelli – diciamo così – ipertrofici: oltre a generare gas climalteranti non controllabili, calore fastidioso, puzza, fatali aerosol di polveri e veleni, spreco, rumore vantaggi sostanziali non ci sono stati e la ricerca per la soluzione è stata ritardata. E sopra manco ci stai bene, nonostante complicazioni e imbottimenti: le vibrazioni associate al funzionamento del motore termico, tipo quelle a 6 Hz con le loro armoniche che fanno venire la nausea perché mettono in risonanza le membra del corpo umano e danno fastidio a chi viaggia su un’auto a pistoni: provando una elettrica si percepisce il comfort di una ammiraglia, senza complicazioni.

Come parte il mercato?
In realtà dal prossimo anno Renault, ad esempio, ha detto di proporre una formula commerciale che prevede di comprare il guscio dell’auto elettrica allo stesso prezzo della corrispondente versione diesel e di pagare il suo “carburante”, costituito dalla batteria + l’energia consumata, mediante un noleggio (fisso) della batteria a cui si aggiunge il costo (variabile) della energia della ricarica che uno compra da chi vuole (un kWh nella borsa elettrica costa al massimo 15 centesimi di euro, ovviamente si paga qualcosa in più per l’accesso al punto di rifornimento elettrico rapido, ma a casa no). Si spende di meno rispetto benzina/diesel/metano anche considerando le tasse pari, anche che se in realtà l’elettrica genera meno esternalità negative rispetto alle versioni termiche e quindi dovrebbe pagare di meno (chi meno consuma/inquina meno paga). Ci sarà una rete di rifornimento, anche rapido, in sviluppo e grazie alle informazioni in tempo reale si capirà dove andare a fare rifornimento in caso di necessità (il navigatore vi porta lì ad occhi chiusi), ma all’occorrenza, in casi eccezionali, 2 kWh sotto il livello di riserva (che preserva la longevità della batteria) si potranno usare per rientrare o arrivare al punto di rifornimento elettrico per un rabbocco parziale rapido in 1 o 2 minuti. Per la precisione, con 2 kWh (ovvero l’energia di 20 centilitri di benzina) si fanno 13 km, nelle peggiori condizioni ambientali con tutto acceso.

La questione dei cicli e della vita della batteria: sono circa 1000, quindi pari a oltre 200.000 km di vita utile, ma questi 1000 cicli diventano 2000 se la batteria non è ricaricata ad elevate potenze (attualmente, solo un quinto delle cariche complete può essere fatto ad alta potenza senza incidere sulla longevità) e se non è mai scaricata in maniera profonda: se si fanno solo rabbocchi, anche parziali, per quanto brevi e frequenti, la batteria sarà più longeva. Un po’ come quando si dice che è meglio evitare di viaggiare in riserva per pompare carburante “sporco”.

E l’affidabilità della batteria? Se si progetta bene, non ci sono problemi. Due esempi: la batteria al litio, fatta in Thailandia, del primo smartphone anglosvedese del 2003 (sì, c’erano già) è perfetta dopo 7 anni, di cui 3 di inutilizzo: è il telefono che è stato superato da 4 sui pronipoti che soddisfano necessità che nemmeno si immaginavano nel 2003! A volte accadeva che si scaricava rapidamente, forse perché il telefono assorbiva in maniera anomala o non si era ricaricata realmente rispetto all’indicatore, ma bastava una ricarica fatta bene e tutto tornava perfetto; anche oggi l’energia immagazzinata si conserva per mesi. Invece, quella del portatile americano del 2006, 4 anni dopo non andava più bene come all’inizio per l’autonomia. Quindi… forse che era migliore la progettazione della prima o forse che la seconda era troppo spesso sotto carica non correttamente amministrata e veniva usata poco per la sua funzione?

Quindi possiamo dire che in base ai risultati dell’industria e della garanzia che i costruttori annunciano (8 anni o 160.000 km) il litio è alla base di una tecnologia consistente e affidabile.

È chiaro che nemmeno ha senso fossilizzarsi su materiali come il litio che risultano essere disponibili per l’estrazione solo in alcune (poche) aree del Pianeta. Non avrebbe senso passare da una dipendenza ad un’altra. Quindi, la migliore ricerca mondiale sta verificando la possibilità di arrivare fra alcuni anni a prodotti commerciali utilizzando materiali più diffusamente disponibili e dal costo inferiore. Comunque, quello che conta è far partire il mercato oggi e sostenere con questo la ricerca. I risultati nell’innovazione, scaturenti dalla competizione di capitali e risorse umane, non tarderanno.

Infine, preoccupazioni per nuove centrali? Allora, in Italia non ne servono i per i primi 4 milioni di veicoli con una percorrenza media di 10.000 annui (oggi ne circolano 30 milioni…). E se qualcuno ha dubbi glielo si spiega perché o va a leggersi il Rapporto pubblicato da ESE, già ERSE (ex CESI RICERCA) a luglio 2010 sull’impatto dei veicoli elettrici sul sistema elettrico. Peraltro, le batterie dei veicoli parcheggiati o gli accumuli degli impianti di ricarica ad alta potenza assorbirebbero come spugne tutta l’energia da fonte rinnovabile che oggi non si può nemmeno pensare di immettere in rete perché manca la necessaria elasticità o costerebbe troppo averla mediante rete e impianti termoelettrici. Quindi la mobilità elettrica è sinergica e virtuosa con le fonti rinnovabili che, aumentando dimensionalmente nei prossimi anni, sarebbe in grado di sostenere in gran parte la mobilità elettrica.

Una considerazione conclusiva che è anche un invito e una esortazione a tutti: non possiamo più permetterci di andare avanti come si è fatto e non possiamo più permetterci di non applicare le migliori tecnologie che sono oggi disponibili, solo perché sono nuove. Questo perché, oggi, oltre che ambientale il vincolo per un nostro sereno futuro di comunità del Pianeta è climatico.
Una cosa positiva è che nella filiera della mobilità elettrica c’è posto per tutti quelli che, riconvertendosi o allocando in maniera diversa le proprie risorse, vogliono investire in un futuro comodo più dell’oggi, ma il più possibile sostenibile e aperto a tutti. In realtà, sarebbe l’unico possibile.
Quindi: fare di più con meno, meglio e per tutti! Abbiamo 10 anni. Altrimenti non ce la facciamo. Coraggio!


Video: In viaggio verso Sud... da chi va?  
Non possiamo permetterci di continuare a non utilizzare le migliori tecnologie disponibili per rendere dal punto di vista energetico più efficienti le nostre azioni quotidiane, a molte delle quali, come è noto, non è possibile rinunciarvi in tutto o in parte: rimane perciò l’estrema necessità di fare almeno le stesse cose con molto meno e possibilmente con una qualità migliore, sfruttando ed integrando le migliori tecnologie oggi disponibili. Come partire? 

Riallocando pochissimo da molti che scelgono ancora la tecnologia matura ma inefficiente per creare un fondo che alimenti l’incentivo verso l’acquisto dei primi veicoli o alla trasformazione di quelli già circolanti come ha detto la legge sulla mobilità elettrica del Portogallo, verso le infrastrutture ed adeguamenti di prestazioni della rete (soprattutto gestione intelligente e aperta della rete).

L’auto elettrica sarà popolare in 10 anni come oggi lo è un personal computer, anzi un portatile che 15-10 anni fa era un oggetto di nicchia da 5-2,5 milioni di lire e oggi ce l’hanno tutti, incalcolabilmente ben più utilizzabile.
Il mondo lentamente cambia, ma cambia.
Benvenuti nel XXI secolo, se volete.



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